– Una band di alunni della “Ercole Patti” di Trecastagni trionfa al Gef, il Festival Mondiale di Creatività. Dall’impresa è nato anche un video di successo
– Dietro all’impresa, l’attività didattica “creativa” di Giovanna Monterosso che a 6 anni si ritirò poco prima di salire sul palco dello Zecchino d’oro
– «Esperienze di questo genere favoriscono la socializzazione, sono formative. A scuola c’è bisogno di imparare a sorridere, creare, sviluppare anzitutto una propria autonomia»
«Odiavo il piano, ma ero capace. Mia madre mi ha impedito di smettere. Aveva ragione». Giovanna Monterosso, tuttavia, al palcoscenico ha preferito la cattedra. Agli applausi del pubblico la felicità e il benessere dei suoi alunni. Realizzando per gli altri quei sogni che si era negata per timidezza. Come quando a 6 anni, superate le selezioni per lo Zecchino d’oro, si ritirò poco prima di salire sul palco dell’Antoniano di Bologna. «Preferisco lavorare dietro le quinte», motiva oggi.
Sotto i riflettori sono finiti i suoi studenti, vincitori nel settore band del Gef, il Festival Mondiale di Creatività nella Scuola, una sorta di Sanremo per studenti che, non caso, si svolge sul palco del mitico Teatro Ariston. E che la band di ragazzini sia sulla buona strada per l’altro Festival della città ligure riservato ai “big” lo indicano i numeri delle visualizzazioni del video di One Day, la canzone vincitrice al Gef: quasi mille visualizzazioni in otto giorni, non poche per un gruppo di giovanissimi, tutti alunni della scuola primaria Ercole Patti di Trecastagni.
Il video è intestato a Michele Zelanda & United Beats. «Michele è un ragazzo di 10 anni», racconta Giovanna Monterosso che alla “Ercole Patti” insegna musica da ventiquattro anni. «Lui suona la chitarra e un giorno è venuto da me dicendomi di aver scritto una canzone. “Fammela sentire”, gli ho risposto. Non era un motivetto semplice alla Canzone del sole, aveva una idea musicale originale, con una strofa che si fermava e ricominciava ed era scritta in inglese».
Insomma, quel motivetto aveva sorpreso e incuriosito la docente. «Ho mandato il testo a mio fratello Mario (il rocker catanese di Memphis, nda) per valutare se fosse scritto in un inglese corretto», continua Giovanna Monterosso. «È una canzone sull’amicizia, sullo stare insieme, sulla condivisione, sulla gioia». Superato l’esame di lingue, si è pensato a puntare al Sanremo delle scuole realizzando l’arrangiamento (la canzone era scritta solo per chitarra) e coinvolgendo altri alunni nell’avventura. «Ho chiesto chi fosse stato disponibile a partecipare all’impresa e ho avuto nove adesioni, sette di quinta elementare e tre di terza. Che non erano i più bravi, ma i più intraprendenti e coraggiosi».
È cominciata così la preparazione al festival. «Sin dalla prima prova ho capito che avrebbe funzionato», ammette la professoressa. Sensazione confermata dal primo posto al Gef nella sezione band.
Sull’onda del successo, è stato girato un video per veicolare la canzone coinvolgendo gli stessi eroi della spedizione in terra ligure. E i risultati stanno arrivando: in programma la promozione del brano nelle librerie Feltrinelli anche a Palermo, alla quale non mancherà chi ha innescato la miccia, ovvero Michele Zelanda, che nel frattempo frequenta la prima media.
Giovanna Monterosso non è nuova a progetti di questo tipo. Il suo è un insegnamento creativo e va al di là dell’ambito scolastico, diventando canzone, libro, spettacolo come “I piccoli cantano le grandi opere” oppure “45 giri, l’Italia degli anni Sessanta”, o ancora “La rana e la lucertola” con ventitré alunni a suonare le percussioni in un “live” della durata di oltre mezz’ora.
«A scuola c’è bisogno di imparare a sorridere, creare, sviluppare anzitutto una propria autonomia di pensiero e di giudizio. Esperienze di questo genere favoriscono la socializzazione, sono formative», commenta Giovanna Monterosso. «Il mio obiettivo è l’autonomia e il benessere dei bambini. L’ora di musica non è più il momento del casino, perché ho un modo di lavorare diverso e perché sono più libera dalle gabbie scolastiche. C’è più partecipazione e gli alunni sono contenti».