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Billy Corgan: torno agli anni Novanta

– Il leader degli Smashing Pumpkins fra tour, il 6 luglio a Lucca, un reality show di lottatori eccentrici, un podcast e un nuovo album
– «Ho voluto ricollegarmi con lo spirito di quel decennio per vedere se quella voce era ancora dentro di me per scrivere nuove canzoni»
– La sostituta della bassista D’arcy Wretzky selezionata fra diecimila candidature: ha vinto l’influencer metallara Kiki Wong

Per Billy Corgan, una delle più grandi rockstar della Gen X, è un momento impegnativo: oltre al prossimo tour europeo degli Smashing Pumpkins, che include una sola esibizione in Italia, prevista per il 6 luglio a Lucca, ha appena debuttato in un reality show di lottatori eccentrici, Adventures in Carnyland, sulla sua vita parallela come capo della National Wrestling Alliance, una sorta di rivale sfavorito della potente WWE, e sta lanciando il suo podcast sulla rete Club Random Studios di Bill Maher (insieme a Fred Durst, che secondo quanto riferisce Variety «ospiterà uno spettacolo su UFO e teorie del complotto»).

Nel frattempo, la band si è messa alle spalle un passato spesso fugace e ha appena registrato un album che il loro leader crede si colleghi con lo spirito dei primi anni Novanta, quando la band è diventata pietra di paragone generazionale con successi come Today e Cherub Rock. Un album ancora senza titolo, assemblato dal trio principale formato da Corgan, dal chitarrista James Iha e dal batterista Jimmy Chamberlin.

«Non ho cercato di rifare il vecchio materiale, ma di ricreare le circostanze che hanno portato a quel materiale, per vedere se quella voce era ancora dentro di me per scrivere nuove canzoni. E ci è voluto un po’, ma il risultato è davvero sorprendente», ha annunciato il cinquantasettenne Corgan in una intervista all’Irish Times.

Gli Smashing Pumpkins si sono materializzati nei primi giorni del grunge, sena tuttavia inserirsi mai nel movimento. Mai compagni d’armi di Nirvana o Pearl Jam. Erano di Chicago piuttosto che di Seattle, e la loro musica non aveva l’angoscia del grunge. Piuttosto che urlare dal profondo delle loro anime, il loro debutto del 1991, Gish, ha ricordato il rock e lo shoegaze da stadio degli anni Settanta.

Il 1993 è stato l’anno della loro svolta commerciale, Siamese Dream, un capolavoro alternativo inebriante, supervisionato da Butch Vig, il produttore di Nevermind dei Nirvana. Due anni dopo Corgan è diventato un messia di successo con Mellon Collie and the Infinite Sadness, un album doppio contro il quale si era opposta con forza la sua etichetta, ma che è diventato il loro più grande successo, manifesto di una generazione, vendendo 10 milioni di copie e cedendo i singoli 1979 e Tonight Tonight. «Ho dovuto lottare duramente con le unghie e con i denti per farlo», ricorda, paragonando il progetto a una versione Gen X di The Wall dei Pink Floyd.

Gli Smashing Pumpkins sono sempre stati una band litigiosa. Corgan, che aveva fondato il gruppo nel 1988 quando lavorava in un negozio di dischi, aveva un alleato naturale in Chamberlin, ma se il cantante era concentrato e ambizioso, il suo amico era un agente del caos con una pericolosa abitudine alla droga. Poi c’erano D’arcy Wretzky, la bassista della band, e Iha, il suo ex fidanzato, con cui Corgan aveva una rara chimica sul palco – basta ascoltare come le loro chitarre si intrecciano all’inizio di Cherub Rock – ma con cui non riusciva ad andare d’accordo nella vita reale.

Nel 1996 Chamberlin venne licenziato quando lui e Jonathan Melvoin, il tastierista itinerante della band, si sono fatti un’overdose insieme a metà tour e Melvoin è morto. Quattro anni dopo la band si sciolse. Quando Corgan ha rimesso insieme gli Smashing Pumpkins, nel 2006, lo ha fatto senza nessuno dei membri originali. Fino al 2016, quando Chamberlin (ora pulito e sobrio) e Iha si sono riuniti. Wretzky è una questione diversa: anche se nel corso degli anni ci sono stati momenti in cui lei e Corgan stavano superando i conflitti, non ne è venuto fuori nulla. 

A sinistra, la bassista D’arcy Wretzky, che non ha aderito alla reunion della band. A destra, la sostituta Kiki Wong

«Eravamo quattro persone completamente diverse. E, naturalmente, vale la pena notare che due di noi quattro stavano insieme o lo erano stati. La relazione tra loro mi ha messo dalla del mio più vicino collaboratore musicale della band, che era Jimmy», racconta Corgan. «La parte musicale era la nostra serenità e il nostro modo di fare la pace. Poi uscivamo dalla stanza e iniziavamo a litigare per il cibo che stavamo ordinando. Abbiamo litigato su tutto tranne che per la musica. Questo ha consumato la band internamente. Quindi ora, essendo più vecchi e conoscendo meglio i nostri pregi e difetti, ci atteniamo solo alla musica».

Per trovare una chitarrista, è stata una audizione, alla quale hanno chiesto di partecipare diecimila musicisti. A sbaragliare la concorrenza è stata l’influencer metallara Kiki Wong: «Ero un grande fan di Kiki anche prima che si candidasse ed è fantastico avere una musicista del suo livello nella nostra formazione live», ha commentato Corgan che, nello show di Lucca, potrà contare sulla chitarra di Tom Morello.

Corgan ha dovuto combattere negli anni Novanta per farsi apprezzare. È stato preso di mira dalla stampa musicale. Dove Kurt Cobain dei Nirvana – la cui vedova, Courtney Love, sarebbe stata in seguito perseguitata – e Eddie Vedder dei Pearl Jam erano venerati, Corgan veniva descritto come un egoista.

Il vetriolo è aumentato quando hanno provato qualcosa di diverso, come svoltare verso il synth-pop sul meraviglioso Adore, nel 1998, o il doom metal su Machina/The Machines of God, nel 2000. Corgan ricorda di aver invitato i fan irriducibili a partecipare alle sessioni di Machina, rimanendo sconvolto dalle critiche online. Erano le prime prove di come si può rimanere scottati con i social media. Contro i quali Corgan continua a combattere: «La gente si è lamentata della lunghezza del mio ultimo album, Atum. Ho pensato: “Beh, vai a fare la tua playlist. Basta ascoltare il disco una volta – stralciare le sei o dieci canzoni che ti piacciono e farti il tuo disco».

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