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Vera Di Lecce: danzo con i miei demoni

La strega salentina dell’elettronica venerdì 29 settembre ospite del “Mercurio Festival” a Palermo. «Con due miei compagni stregoni coinvolgerò il pubblico in un rituale» in cui la musica si mescola con la magia, la danza giapponese, le arti marziali, il teatro, le ombre cinesi

Siete pronti a danzare insieme con i vostri demoni attorno all’altare dell’amore? Allora non potete mancare alla performance di Vera Di Lecce venerdì 29 settembre, alle ore 22:30, ai Cantieri culturali alla Zisa di Palermo. La strega vi coinvolgerà in un rituale, in cui la musica si mescola con la magia, la danza giapponese, le arti marziali, il teatro, le ombre cinesi, la trance e, perché no, anche le tarantolate del Salento, la terra dalla quale proviene. Uno spettacolo primordiale e futuristico.

Cantante, producer e performer, Vera Di Lecce è cresciuta a colpi di karate e kung fu, ascoltando nella sua stanzetta i dischi di Radiohead e Björk in una casa in cui papà e mamma erano i custodi delle tradizioni salentine. Gli inizi giovanissima nella band del padre, gli Arakne Mediterranea, e sui palcoscenici dei teatri con tutta la famiglia. Poi il folk moderno dei Nidi D’Arac, nel 2012 la svolta solista, sintesi del suo percorso umano e artistico. «Sono sempre in viaggio con la musica: Nord Europa, Oriente, America, Mediterraneo. Cerco di attingere da più tradizioni», spiega. «Il mio percorso è virato sull’estero».

Vera Di Lecce (foto di Jacopo Ruben Dell’Abate)

Si può conciliare la musica solare del Sud, basata su strumenti tradizionali, con quella glaciale e distante per mentalità e cultura del Nord Europa? Sì, secondo Vera Di Lecce. «È vero, è un’altra visione del mondo. Ma deriva anch’essa da tradizioni tribali. L’ambientazione, l’estetica, la filosofia nordeuropea sono quelle dei vichinghi. Anche loro usavano i tamburi, adoravano dei, avevano miti e leggende. Ogni popolo ha una sua tradizione che conduce a una evoluzione musicale. A me piace attingere da culture diverse e mescolarle».

Elettronica berlinese (la città tedesca è stata una importante tappa nella formazione di Vera), gothic rock, danze giapponesi e cinesi, letteratura fantasy, un pizzico di trip hop, folktronica, «ma qualcuno dice che nella mia musica si ascolta anche la pizzica». Una ricerca sonora che ha come obiettivo la performance. «Lavoro per arrivare a una rappresentazione scenica che mi soddisfi. Esploro in diversi campi: canzone, arte, teatro, danza, arti marziali, video, grafica fanno parte di un filo conduttore».

Altar of love è il titolo del suo album d’esordio e anche dello spettacolo che presenterà a Palermo. «Prende il nome dalla canzone che chiude il disco, che è costruito come un percorso personale di conoscenza e di lotta contro alcuni demoni», sottolinea l’artista. «Ogni canzone rappresenta un demone: il dolore, la morte, il pensiero ossessivo… Alla fine di questo percorso, capisco che non posso sconfiggerli e decido di accettarli, invitandoli a un altare dell’amore intorno al quale danzare, cantare, suonare, pregare, per ritrovarsi e rinascere. Prendere per mano i propri demoni e trasformarli in nuova energia grazie ad una danza collettiva».

Una musica glaciale, tetra, gelida, atemporale, nella quale c’è soltanto un tamburello a portare un caldo raggio del sole del Salento. «Tutta la mia adolescenza è stata influenzata dall’elettronica. Certo, poi nella musica come negli spettacoli confluiscono tutte le influenze, le esperienze, le conoscenze: il mio mondo intimo e artistico».

L’album è stato pubblicato dall’italiana Niafunken e da una etichetta americana. «Ho inviato diverse mail oltre oceano», racconta. «Perché canto in inglese, perché in Italia il genere a cui mi approccio, cioè un misto tra musica elettronica e cantautorato sperimentale, non attecchisce molto. Cercavo un passaporto per andare oltre il mercato italiano. L’anno scorso ho fatto diversi showcase negli Stati Uniti, ad Austin, New York, ed ho constatato che lì c’è una maggiore ricettività verso una proposta come la mia, c’è più curiosità».

Al Mercurio Festival, in base alla originale formula della manifestazione, è stata invitata da un artista ospite della scorsa edizione: Anton Sconosciuto, percussionista nato a Londra ma senese d’adozione. Che è anche il batterista con il quale Vera Di Lecce collabora e che avrà al suo fianco nel concerto di Palermo. «Lui e Carlo Martinelli alla chitarra noise saranno i miei compagni stregoni che, con i loro strumenti, contribuiscono alla magia della musica. Durante lo show cerco di creare un costante legame con il pubblico, di coinvolgerlo nel rituale con il quale mi libero delle negatività e delle sensazioni che bloccano l’energia. E invito il pubblico a fare lo stesso, a lasciarsi andare, a liberarsi dalle emozioni che inibiscono».

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