– Nasce fra i canali e le calli di Venezia “Maree”, terza prova solistica del frontman dei Subsonica. Un album che recupera le origini clubbing dell’artista torinese
– «Ho scavato in profondità, parlando di mia madre o delle guerre». «Il capitalismo ha fallito, rendendoci più soli, tristi e depressi». «Stiamo lavorando al nuovo disco del gruppo»
Davide “Boosta” Dileo, con i suoi sperimentalismi al piano in Soloist, e Max Casacci che disegna paesaggi sonori fra i vigneti della Franciacorta in Through the Grapevine, anche Samuel si prende un periodo di vacanza dai Subsonica. Non solo si allontana dai suoi compagni d’avventura, ma lascia la sua Torino per trasferirsi a Venezia, i cui canali frequenta ormai da anni, per lasciarsi ispirare Maree, un disco pulsante ed eclettico, ricco di suoni e contaminazioni.
«Questo lavoro nasce come terzo episodio di un mio viaggio da solista in cui affronto come prima istanza il mondo del pop», spiega. «Essendo un cantante la cosa più pop che ho è la voce e quindi tutto si concentra sullo sviluppo e l’espressività della mia voce. Io, in studio, scrivo un album più cantautorale, che va a toccare delle dinamiche più intime, nebbiose».
Un album che recupera le origini clubbing dell’artista torinese – abilmente miscelate e virate di pop con i Subsonica – e qui sublimate attraverso introspezioni malinconiche, dove il ritmo incessante della cassa dritta lascia spazio anche a paesaggi elettronici decisamente coinvolgenti. «Negli ultimi due anni», racconta. «Ho suonato ovunque, ho ascoltato tantissima musica club. Sono tornato alle mie origini: il dancefloor. Maree nasce da lì, ma attraversa anche il pop più estremo, il cantautorato, la techno. È un viaggio che chiude un ciclo e ne apre un altro, dove ogni suono è un’onda che riporta alle radici. Non è solo un disco, è il racconto sincero di dove sono stato e di chi sono oggi».Il Sol dell’Avvenire, con le sue melodie tech house, evoca l’amore per la musica, l’amore per il club: «I club che hanno caratterizzato la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 sono scomparsi, ma nuove realtà stanno emergendo». Mare Nero («lo dico subito, Lucio Battisti non c’entra anche se poi in realtà, Lucio c’entra sempre»), un’ondata di synth e riflessioni sociali, ne sono un assaggio. «Il mare può essere meraviglia, ma anche oscuro, e ci spinge a cambiare», spiega Samuel. E il videoclip intreccia Venezia e un club underground.
In Preghiera, la voce dei Subsonica parla dei venti bellici che soffiano drammaticamente sul pianeta e di questa necessità, sempre più spasmodica e sempre più orribile, di produrre guadagno e movimenti economici soprattutto utilizzando la guerra. «Si parla di pace, ma la guerra è diventata un business. Se hai una fabbrica di armi, devi pur venderle. Questa è la cosa più volgare: mentre un tempo le ragioni dei conflitti erano oscure, oggi appaiono evidenti a tutti. Il capitalismo ha fallito, rendendoci più soli, tristi e depressi».
In questo album «ho scavato in profondità, parlando di mia madre o delle guerre, con la mia voce pop su ritmi techno ma allo stesso tempo lavorando al nuovo disco dei Subsonica», annuncia. «Sarà una bomba, ma fare tutto insieme è una corsa, tanto è vero che ho Max Casacci che mi sta aspettando in studio con il piedino che batte sul tappeto».