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Rocco Papaleo: Giorgia è stata la mia musa

Da giovedì 13 aprile nelle sale cinematografiche il film “Scordato” dell’attore e regista lucano che segna l’esordio da attrice per la cantante di “Come saprei”. «Ho detto no alla Piovra, a Pieraccioni e Sergio Rubini. Con Papaleo è stato diverso perché lo conoscevo da quando ragazzina cantavo nei club romani»

«Considero Giorgia una delle mie muse fin da quando l’ho vista cantare da ragazzina al Palladium di Roma con la band di suo padre. Ho sempre pensato che avesse oltre a un enorme talento musicale, anche una grande forza comunicativa e un’intensa umanità. Quando ho pensato a una figura che spingesse e ispirasse il protagonista a seguire un percorso psicanalitico mi è venuta subito in mente lei. Durante le riprese, poi, la guardavo e ricevevo ogni volta l’ispirazione giusta». Rocco Papaleo spiega così perché ha voluto che l’interprete di Come saprei lo affiancasse nel suo nuovo e ambizioso film intitolato Scordato, nelle sale cinematografiche.

Per la cantante romana si tratta di un vero e proprio esordio da attrice. Nel film ha il ruolo di una fisioterapista, alla quale toccherà “accordare l’accordatore”, ovvero Papaleo che, nella storia, è un accordatore di pianoforti di oltre sessant’anni, non troppo in sintonia con la realtà che lo circonda e con grossi problemi alla schiena. Non solo, convive con un alter ego giovane (Simone Corbisiero), che lui solo vede, e ha qualcosa di irrisolto con la madre e una sorella (Angela Furri) terrorista. Sarà proprio Giorgia nei panni di Olga a diagnosticargli una contrattura “emotiva” che può risolvere solo guardando al suo passato. 

Sul perché Papaleo abbia inserito in questo film molto intimo una sorella terrorista, lo spiega lo stesso regista: «Non ho avuto legami parentali con il terrorismo e non volevo neppure dire qualcosa dal punto di vista storico, ma solo raccontare cosa succedeva nel privato della famiglia di Orlando. comunque, al di là della degenerazione di quell’epoca che non condivido, c’era però, allora, una forte spinta politica, c’era della poesia. Vale a dire mi dissocio da quel tempo, ma non posso non subirne un piccolo fascino».

Rocco Papaleo e Giorgia in un scena del film “Scordato”

Giorgia confessa di aver rifiutato nel passato più di una proposta da parte del cinema: «Sì avevo fatto un provino per La Piovra e mi avevano chiesto poi di recitare Pieraccioni e Sergio Rubini, ma ho detto sempre di no. Con Papaleo è stato diverso perché lo conoscevo da quando ragazzina cantavo nei club romani. Quando mi è arrivata la sua proposta gli ho detto subito: “Ma sei matto, non sono capace!”. E lui ha replicato: “Non ti preoccupare, io vedo cose che tu non vedi e non sai”. Una volta convinta Giorgia si è affidata all’esperienza dell’attore e regista. «Ho chiesto allora a Rocco di insegnarmi tutto. Gli sono molto grata, mi ha aiutato a essere vera e naturale», continua. «Per me è arrivato presto il piacere e il gusto di recitare, a un certo punto mi sono ritrovata totalmente immersa in una situazione completamente inedita e estremamente piacevole. Rocco scriveva nuove battute prima di ogni ciak e mi dava un margine di improvvisazione». 

Il rapporto di Giorgia con il cinema?

«Sono una grande consumatrice di film come di musica. Faccio insomma parte del pubblico e amo guardare tanti generi diversi. Sono cresciuta con una madre che guardava Anna Magnani, Virna Lisi, Totò. Comunque, Olga, il mio personaggio, mi somiglia molto. È una donna che, come me, vive con una certa libertà di pensiero e non si ferma mai davanti alle apparenze, neppure davanti a un banale mal di schiena». 

Che film è Scordato?

«Il mio film più complesso e maturo», risponde Papaleo. «Vengo molto apprezzato per il mio esordio di Basilicata coast to coast, che era però più ingenuo e inconsapevole e che ha avuto una fortuna che forse non meritavo. Qui l’ambizione è più alta e spero così di non deludere le aspettative del pubblico. Per me Scordato è stato un film necessario, volevo raccontare una storia di un uomo che non è in pace con se stesso, non è “accordato” con se stesso. Raccontare quel particolare disagio che abbiamo avuto tutti noi con il Covid, in cui siamo andati un po’ tutti in autoanalisi. E questo mettendo al centro di tutto un uomo a disagio in un momento non felice del mondo e usando i registri di leggerezza, poesia e commozione».

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