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Da Lampedusa a Lesbo le stesse lacrime

L’artista greca Sofia Mavrogenidou porta una canzone di Alfio Antico al Festival per i diritti umani 
Affidata a un coro, la composizione assume il tono di una preghiera, un appello «per un mondo pulito»

È nata a Brno, nell’allora Cecoslovacchia, figlia di profughi greci della guerra civile. Alle loro spalle, lutti, amici perduti, case bruciate, un odio incomprensibile. Lo stesso che avrebbe ritrovato al ritorno nelle terre ancestrali: erano gli “indesiderabili” nella dura realtà post-razziale, “i comunisti che ritornano”.

Sofia Mavrogenidou la vita del profugo l’ha affrontata due volte, ha provato le sofferenze, le privazioni, i drammi di chi adesso cerca di attraversare l’Egeo o il Mediterraneo in cerca di quell’Occidente che per molti si identifica nella salvezza dalla guerra, dalle persecuzioni, dall’odio, dalla miseria, dalla carestia.

Sofia Mavrogenidou, pianista, flautista, cantante, compositrice e docente di musica

«Adesso anche in Grecia al governo c’è una maggioranza di destra e per i tanti migranti che approdano a Lesbo la vita è diventata terribile», commenta Sofia. La stampa, addirittura, paragona l’isoletta dell’Egeo a una sorta di Alcatraz, dove – secondo un rapporto di Medici senza Frontiere – «fioccano le denunce di violenza, di detenzioni arbitrarie di persone non ancora registrate dalle autorità e di mancanza di cibo e di acqua per i residenti nei centri di accoglienza».

Proprio per favorire l’unione tra i popoli, l’abbraccio ai chi cerca rifugio, e per denunciare le tragedie delle migrazioni e il mancato rispetto dei diritti umani, la scorsa domenica ad Atene si è svolto l’Human Mosaic Festival che ha coinvolto artisti della Grecia, dell’Italia e dell’Est europeo. Sofia Mavrogenidou era fra gli ospiti. Sul palco si è fatta accompagnare dal Coro che ha formato nel suo Conservatorio d’arte contemporanea: «Una scuola di musica in cui si insegnano tutti gli strumenti e ci sono corsi che abbracciano ogni genere musicale: classica, jazz, rock». Lei tiene lezioni sul pianoforte, sul flauto e sulla voce. Gli strumenti nei quali eccelleva al Conservatorio di Brno, dove l’aveva iscritta suo padre Nikiforos Mavrogenidis, musicista dilettante, suonatore di bouzouki e fondatore dell’ensemble Prometheus, l’unica band greca del Paese.

Alcuni degli studenti del corso condotto da Sofia Mavrogenidou nel suo Conservatorio ad Atene

«La mia passione per la musica l’ho ereditata dal lui», racconta Sofia. «Ho iniziato con il pianoforte a sette anni». Ma il flauto era più leggero, più pratico, secondo il padre. Così Sofia alternava la tastiera ai fiati. Allo stesso tempo, a casa e nei gruppi in cui suonava, oltre all’onnipresente musica classica, cominciavano ad arrivare le voci degli Abba, i successi dance dei Bee Gees, il rock dei Rolling Stones. I flauti dei grandi James Galway e Jean Pierre Rampal, il provocatorio Ian Anderson o quelli di Yusef Lateef e Dave Valentin con il loro jazz stuzzicavano la fantasia della piccola Sofia, riempiendole la vita, spingendola a studiare per dieci ore intere, fino alla laurea.

Lungo la strada della nostalgia che l’ha riportata in patria, è passata per Parigi, dove ha imparato molto dal grande compositore e mentore greco auto-esiliato Iannis Xenakis, ha incontrato il duo pianistico delle sorelle Katia e Mariel Labèque, l’artigiano delle corde elettriche John McLaughlin, Isabelle Adjani, Placido Domingo e tanti altri. Per poi lasciarsi affascinare dal richiamo ancestrale del tamburo di Alfio Antico.

Proprio un brano basato su una poesia del percussionista di Lentini e musicato da Sofia Mavrogenidou è stato eseguito nell corso della performance dell’artista greca all’Human Mosaic Festival. «S’intitola Le lacrime, e per la prima volta è stato eseguito in pubblico con un coro di voci». 

Con le mie lacrime faccio girare 
faccio girare per voi tanti mulini
Con le mie lacrime macino frumento
per dare vita gioia alla gente
Con le mie lacrime vi do amore e dolcezza
con le mie lacrime impasto del pane
per sfamare i popoli che muoiono di fame
in questo mondo bello e meraviglioso
Con le mie lacrime io creo dell’acqua 
a questa terra che ci nutre di ricche pietanze
Con le mie lacrime do forza al cielo
potenza alla terra con le mie lacrime
Con le mie lacrime ho difeso ciò che sono
con le mie lacrime ho seminato ciò che amo
Con le mie lacrime io vi chiedo perdono
con le vostre lacrime dateci il mondo pulito

Alfio Antico, il primo da destra, ospite in Grecia di un concerto di Sofia Mavrogenidou (la terza da sinistra)
Alfio Antico

Lacrime che scorrono da Lampedusa a Lesbo, dai confini con l’Ungheria al Rio Bravo fra Messico e Stati Uniti. Dal vivo la canzone si riveste di una luce nuova. Se nel disco Facciuzza di melograno, registrato con il contributo di Alfio Antico, il brano ha un arrangiamento bizantino, con l’intervento del coro assume il tono di una preghiera, diventa quasi un canto sacro, gregoriano, di grande effetto.

«Dal momento in cui ho conosciuto meglio Sofia a livello professionale, ho riconosciuto nella sua personalità una grande sensibilità artistica», commenta Alfio Antico. «Ha scoperto l’anima musicale nelle mie canzoni, cogliendo perfettamente l’essenza dell’armonia che la natura significa per me e che cerco sempre di trasmettere ai miei pezzi. La sua voce è come il vento che cammina, mentre la terra, gli alberi e la natura tutta si godono. Come uno stormo di uccelli che cantano dolcemente tra i rami degli ulivi e dei mandorli, come se dialogassero, Sofia è parte di questa festa della natura».

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