– “Good Vibes” e uno smartphone misterioso. Il tenero e imprevedibile viaggio di Harold Fry
– Neri Parenti dice addio a Fantozzi e dà vita a un film “politicamente corretto” con Enrico Brignano
– Ancora un altro Esorcista e la storia della moglie di Tchaikovsky
GOOD VIBES drammatico, diretto da Janet De Nardis, con Caterina Murino e Vincent Riotta. Durata 95 minuti.
Affronta il tema dell’abuso della tecnologia e della tutela della privacy, il tutto in chiave fanta-tecnologica e con una struttura a episodi, tutti concatenati, in cui, senza un attimo di respiro, seguiremo il destino di un telefono e dei suoi proprietari. Una riflessione sulla nostra vita e su quella di chi amiamo.
Il film è infatti il racconto di cinque storie che si intrecciano attorno a un misterioso smartphone che permette di avere la copia del telefono di chiunque. Basta inserire il numero ed immediatamente si ha accesso a conti correnti, foto, video, mail, messaggi, anche i più intimi, e se si attiva la fotocamera in modalità spia si può osservare in diretta la vita degli altri. Una morbosità che pervade chiunque entri in contatto con questo telefono, nella spasmodica ricerca del potere di condizionare la vita degli altri.
Inizia così una escalation di eventi concatenati in cui, senza un attimo di respiro, seguiremo il destino del telefono e di chi ne verrà in possesso. I protagonisti dei cinque episodi devono confrontarsi con i loro desideri più reconditi e la (in)capacità di gestire il potere della conoscenza… Voto: 4.5 su 5
KAFKA A TEHERAN drammatico, diretto da Ali Asgari, Alireza Khatami, con Bahram Ark e Arghavan Shabani. Durata 77 minuti.
Apprezzato dalla critica all’ultimo festival di Cannes, Kafka a Teheran, il film di Ali Asgari e Alireza Khatami racconta, con sguardo ironico e sovversivo, le contraddizioni dell’Iran contemporaneo. Segue persone comuni di vari ceti sociali mentre si muovono tra vincoli culturali, religiosi e istituzionali, imposti loro da diverse autorità, che vanno dagli insegnanti ai burocrati, nell’Iran contemporaneo. Ogni vignetta ritrae e cattura lo spirito e la determinazione di queste persone, che affrontano le avversità. Il film è quindi un ritratto di una società complessa e delle sue contraddizioni. Voto: 4 su 5
VOLEVO UN FIGLIO MASCHIO commedia, diretto da Neri Parenti, con Enrico Brignano e Giulia Bevilacqua. Durata 102 minuti.
Niente parolacce, battute volgari, amanti e bunga bunga, strutture portanti dei cinepanettoni di una volta. I tempi sono cambiati e oggi Neri Parenti, il padre del genere, fa una fantasy-comedy per non rischiare nulla.
È il caso appunto di Volevo un figlio maschio, con protagonista un calibrato Enrico Brignano nei panni di Alberto, assicuratore benestante, che sogna da sempre di avere un figlio maschio con cui condividere cibo, calcio e auto, ma il destino gli ha dato invece tre figlie femmine e una moglie, Emma (Giulia Bevilacqua), che gli impone una vita sana, colta e nel segno del femminile. Quando Emma è in attesa del quarto figlio, Alberto chiede alle stelle di avere almeno un maschio e il suo desiderio viene esaudito per eccesso. Per incanto le sue tre figlie femmine diventano maschi, ma per l’uomo le sorprese non finiranno qui.
«Io ho fatto cinquantaquattro film, oggi probabilmente non me ne farebbero fare neppure uno, perché sono politicamente scorretti», commenta Neri Parenti. «Ora, senza arrivare ai famigerati cinepanettoni, un film come Fantozzi oggi non si potrebbe fare. Perché? Semplice: la moglie è brutta, la figlia sembra una scimmia e la stessa Silvani non è certo bella. I padroni poi sono cattivi, insomma tutte cose oggi tabù. Volevo un figlio maschio invece è un film politicamente corretto perché siamo andati su una storia che lo permetteva».
Si tornerà mai indietro? «Penso di no, perché chi comanda nel cinema oggi sono le piattaforme, che avendo una platea mondiale hanno bisogno di un prodotto che possa andare in qualsiasi parte del mondo. Un esempio banale: un nudo non sarà mai accettato ovunque. Ora di questa situazione a soffrire di più è ovviamente la commedia, perché si è sempre basata anche su scontri regionali, su luoghi comuni: milanesi gran lavoratori, romani cialtroni e siciliani gelosi, tutte cose che in Norvegia non capirebbero, per non parlare poi dell’Arabia Saudita».
Gli fa eco Enrico Brignano: «È come se qualcuno desse un giudizio su ogni tua battuta e cercasse anche di modificarla, qualcuno poi che non ha capacità comiche e così ogni ironia muore. Oggi c’è sempre un’associazione, un comitato del peluche che se ne parli male ti querela, ti denuncia. L’ironia poi è la cosa meno compresa, se molti popoli la avessero, sostituirebbero i loro arsenali con delle vignette».
Conclude Parenti: «È da pazzi non poter dire ciccione o cicciona quando poi la stessa piattaforma che ti impedisce questi termini fa vedere una serie con un bambino sciolto nell’acido. Questo forse è lo strascico di una cosa lodevolissima come il #MeToo a difesa delle donne. Purtroppo, poi tutto si è allargato fino ad arrivare alla difesa dei criceti». Voto: 3 su 5
LA FORTUNA È IN UN ALTRO BISCOTTO commedia, diretto da Marco Placanica, con Manuel Zicarelli e Enzo Paci.
Si svolge in una delle tante provincie portuali della Liguria. L’uomo più influente della città è Manfredo Collini (Fabrizio Contri), ricco imprenditore e collezionista d’arte. Collini, aspirante sindaco nella lista “Famiglia Unita”, ha intenzione di costruire un grande centro commerciale dove ora c’è un parco.
Tra i piccoli commercianti del posto c’è il giovane e intraprendente Leonardo Malatesta (Manuel Zicarelli), che ha ereditato l’attività da suo padre e cerca di barcamenarsi come può per tenerla a galla. Quando inizia a ricevere le minacce di Tonino Paffone (Enzo Paci), uno strozzino di zona che gestisce un ristorante cinese, Leonardo deve trovare il modo di salvare l’attività di famiglia. Decide così di rubare uno dei quadri più preziosi della collezione di Collini. Nel suo goffo tentativo di rapina scopre che Federico, il figlio del ricco imprenditore, e Virginia, la figlia dello strozzino, hanno una relazione segreta. Voto: 3.5 su 5
L’IMPREVEDIBILE VIAGGIO DI HAROLD FRY drammatico, diretto da Hettie MacDonald, con Jim Broadbent e Penelope Wilton. Durata 102 minuti.
Racconta la storia di un uomo comune di nome Harold (Jim Broadbent), che ha trascorso la sua intera vita vivendo ai margini, senza mai fare nulla di avventato. Vive a Kingsbridge insieme alla moglie Maureen (Penelope Wilton), sebbene il loro matrimonio sia ormai così tranquillo da sembrare caduto nella monotonia.
Un giorno, mentre sta andando a imbucare una lettera, Harold scopre che una sua vecchia amica Queenie Hennessy è molto malata e decide di andare a trovarla, percorrendo a piedi l’Inghilterra per raggiungere la cittadina di Berwick-upon-Tweed senza prendere nessun mezzo di trasporto né ricevendo aiuto e supporto da Maureen. Sicuro che il suo eroico gesto terrà in vita la sua amica, l’uomo intraprende un viaggio durante il quale incontrerà diverse persone, interessate al suo intento. È così che in breve tempo l’intera nazione si appassionerà alle sue gesta.
Durante la sua lunga camminata, Harold avrà modo di riflettere molto sulla sua vita e in particolare anche sul suo unico figlio, David, che dopo aver lottato a lungo con depressione e dipendenze varie, ne è uscito sconfitto. Voto: 4 su 5
NATA PER TE drammatico, diretto da Fabio Mollo, con Pierluigi Gigante e Teresa Saponangelo. Durata 113 minuti.
È la storia di Luca e di Alba, ovvero un uomo e una bambina che hanno un disperato bisogno l’uno dell’altra, seppure il mondo non sia ancora pronto a volerli insieme. La piccola Alba ha la sindrome di down ed è stata abbandonata in ospedale subito dopo la sua nascita. Il tribunale di Napoli sta cercando una famiglia che possa prendersi cura di lei. Luca è un uomo single, cattolico e gay, che da sempre vorrebbe diventare padre. Il ragazzo sta cercando di ottenere l’affidamento di Alba in ogni modo, lottando duramente. Affinché Luca venga anche solo preso in considerazione, molte famiglie considerate “tradizionali” dovranno rinunciare all’affidamento della piccola. Può una bambina rifiutata dal mondo sin dalla sua nascita diventare il premio di una vita? Voto: 4 su 5
SICK OF MYSELF commedia, diretto da Kristoffer Borgli, con Kristine Kujath Thorp e Eirik Sæther. Durata 95 minuti.
Signe e Thomas (Kristine Kujath Thorp ed Eirik Sæther) vivono una relazione solida, ma sono molto competitivi l’uno nei confronti dell’altra. Il loro legame diventa davvero tossico, però, quando Thomas raggiunge il successo come artista contemporaneo, grazie alle sculture create da mobili rubati. La cosa fa sentire in Signe messa in ombra e scatena in lei una malsana competizione. Quest’ultima, infatti, cerca disperatamente di riconquistare il suo status provando a diventare una persona nuova e decisa, con l’intento di attirare non solo l’attenzione del suo fidanzato, ma anche quella dei loro amici. La donna mette in atto un piano malvagio per reclamare l’attenzione dell’ambiente dell’élite culturale di Oslo, sfociando nell’assurdo e nel machiavellico. Voto: 3 su 5
LA MOGLIE DI TCHAIKOVSKY drammatico, diretto da Kirill Serebrennikov, con Alyona Mikhailova e Miron Fedorov. Durata 143 minuti.
È ambientato nella seconda metà del XIX secolo in una Russia ancora imperiale e in un’epoca dove le donne vengono concepite ancora come proprietà dei mariti. Racconta la tumultuosa relazione tra uno dei maggiori compositori russi, Pyotr Tchaikovsky (Odin Lund Biron), e sua moglie Antonina Miliukova (Alyona Mikhailova), aspirante musicista. Dopo che lei si innamora perdutamente di lui, lo convince a sposarla, nonostante il compositore non abbia mai amato una donna.
I due sono stati marito e moglie dal 1877 fino alla morte del compositore, avvenuta nel 1893, e durante tutto il matrimonio Antonina si è dovuta misurare con diversi momenti drammatici. La donna, infatti, non ha mai accettato l’omosessualità del marito, finendo per perdere con il tempo il senno. Voto: 3 su 5
L’ESORCISTA – IL CREDENTE horror, diretto da David Gordon Green, con Leslie Odom Jr. e Lidya Jewett. Durata 121 minuti.
Racconta la storia di Victor Fielding (Leslie Odom Jr.), rimasto vedovo, dopo che sua moglie è morta durante un terremoto ad Haiti, avvenuto dodici anni prima. L’uomo ha cresciuto la figlia, Angela (Lidya Jewett), completamente da solo.
Un giorno Angela insieme alla sua amica Katherine (Olivia Marcum) scompare misteriosamente nel bosco, per riapparire tre giorni dopo senza alcuna memoria di cosa sia accaduto. Da questo momento in poi si scateneranno una serie di oscuri eventi che porteranno Victor faccia a faccia con il male, nella sua forma più terribile.
In preda alla disperazione e al terrore, l’uomo si mette alla ricerca dell’unica persona ancora in vita che abbia avuto già a che fare con qualcosa di simile, ovvero Chris MacNeil (Ellen Burstyn). Voto: 3 su 5
PHOBIA thriller, diretto da Antonio Abbate, con Jenny De Nucci e Antonio Catania. Durata 85 minuti.
Una cena di famiglia viene stravolta da un oscuro segreto, giunto direttamente da un passato che li perseguita. Sarà soprattutto Chiara (Jenny De Nucci) ad affrontare ciò da cui è sempre scappata, in un gioco che mescola il reale con quello che non lo è. Ma chi all’interno della famiglia sta nascondendo una terribile verità? Voto: 3.5 su 5
ARKIE E LA MAGIA DELLE LUCI animazione, diretto da Ricard Cussó, Tania Vincent, con Jillian Nguyen e Vincenzo Tedesco. Durata 90 minuti.
È la storia della dodicenne Arkie con un occhio cieco e un tentacolo al posto di un braccio. La giovane è stata adottata e vive con il padre Blister, un polpo gigante iperprotettivo. Un giorno si ode il rombo di un’esplosione riecheggiare tra gli alberi e Blister scompare misteriosamente. Arkie è disposta a tutto pur di ritrovare suo padre, addirittura superare le sue paure. È così che si addentra nella foresta, scoprendo che il padre è tenuto prigioniero da un perfido professore nella Città delle Luci. Quello di Arkie sarà un avventuroso viaggio, durante il quale conoscerà diversi alleati e nemici, e che la porterà ad affrontare l’oscura verità sulle sue origini, scoprendo che la vera magia è dentro di lei. Voto: 2 su 5