Flash

Sanremo: il Lunezia ai Negramaro

– Assegnato già un premio per il miglior testo a “Ricominciamo tutto”, canzone con la quale la band salentina è in gara al Festival
– Giuliano Sangiorgi e soci, insieme con “La noia” di Angelina Mango, ottengono il massimo dei voti anche nelle pagelle dell’Accademia della Crusca: bocciati Il Tre, Il Volo, Alessandra Amoroso
– Tanto amore nei testi, quasi mai felice, spesso finito. Poca politica. «Gli unici che affrontano temi al di fuori dall’esperienza personale sono Ghali, Fiorella Mannoia e Dargen D’Amico»

Come tradizione vuole, il primo trofeo al Festival di Sanremo è il Premio Lunezia, assegnato al miglior testo. E la commissione ha indicato Ricominciamo tutto dei Negramaro. «Un testo dalla perfetta resa formale che troverà sicura alchimia con la musica e la voce del suo Leader. Quindi una canzone di prenotata qualità musical-letteraria», ha sottolineato il Patron Stefano De Martino.

A queste parole fa seguito la motivazione del critico musicale Dario Salvatori (membro della Commissione del Premio Lunezia): «Il vero senso di una fine. La misura della perdita non si può colmare e le esperienze future non saranno mai nuove davvero. In fondo questo testo può essere utilizzato come amuleto, gravido dei migliori auspici e carico di notti insonni. Impara l’arte e poi indaga».

Angelina Mango ottiene un bel 9 dall’Accademia della Crusca

La canzone della band salentina strappa un 9 anche nella valutazione dei testi condotta dal professor Lorenzo Coveri, già docente di linguistica italiana all’Università di Genova, che negli anni si è specializzato proprio nel Festival, sul quale propone schede e pagelle quotidiane sui social dell’Accademia della Crusca. 

Rominciamo tutto condivide il voto più alto nelle pagelle con la canzone di Angelina Mango, La noia. «È l’unico 9 che ho dato», dice Coveri. «La sua “noia” rispetto a quella di Califano ha un’accezione positiva ed è originale e notevole il paragone con la “cumbia”, parola mai stata usata prima d’ora. Come la “corona di spine come dress code per la mia festa” tra il kitsch e il sublime. E poi cita Troisi e Vecchioni. Tanta roba».

Quello più basso invece a Il Tre. Insomma, nome omen. «Usa immagini agghiaccianti, che fanno ridere: le tue pupille sembrano pallottole, pensieri che alzano la voce, vuol essere poetico ma poi “potevi pure mandarmi a fanculo”. A Il Tre si capisce che voto avrei voluto dare, come il suo nome. La sua è decisamente la canzone più brutta», commenta il professore. Che non è stato tenero neanche con Il Volo: «A cui do 4, un testo veramente povero, e me lo aspettavo». Altro che Capolavoro.

Tanto amore nei testi (la parola “amore” è ripetuta tredici volte), quasi mai felice, spesso finito, se non addirittura tossico. E tante riflessioni su se stessi: darsi coraggio da sé, riuscire, la volontà. «È stato il Covid a lasciare questa traccia», spiega Coveri, che promuove il testo «interessante di BigMama (voto 7) che parla di bullismo e racconta il suo essere emarginata perché grassa, donna e lesbica. Ma gli unici che affrontano temi al di fuori dall’esperienza personale sono Dargen D’Amico (8) che parla di migranti e Ghali (8) con l’immagine delle bombe negli ospedali. Anche Fiorella Mannoia (8) ha un testo importante. L’unica provocazione può venire da Loredana Bertè (7), che è anche l’unica rappresentante della quota rock e la più anziana della truppa»

Annalisa

Annalisa conquista la sufficienza: «Sinceramente si smarca dai termini più abusati: era dai tempi di Faletti con il suo Signor Tenente che qualcuno non usava l’avverbio “sinceramente” in un brano di Sanremo. Lei addirittura nel titolo», sottolinea lo studioso. «Il testo di Annalisa ha autori interessanti come Davide Simonetta che ha scritto quattro canzoni di questa edizione, e il figlio di Antonacci nipote di Gianni Morandi. Il suo testo è in un italiano medio-semplice senza trasgressioni. Le darei un 6. Come molti altri indugia in citazioni da canzoni del passato: quando dice quattro volte “quando quando quando quando” ci ricorda Toni Renis nel 1956».

Bacchettate anche per i rapper. «Metà dei cantanti in gara sono rapper o trapper. Ma la trasgressione linguistica del rap quando si presenta a Sanremo è diluita e ammosciata, non c’è spazio per contenuti sessisti e criminali. Esempio tipico la polemica di questi giorni intorno al rapper napoletano Geolier, che in francese vuol dire “secondino” ma qui sta per abitante di Secondigliano».

Alla fine, il professore Lorenzo Coveri si dimostra di manica larga, elargendo 8 anche a Diodato e Gazzelle, molti 7 e bocciando pochi, fra cui anche Alessandra Amoroso, Clara e Maninni (voto 5) e Fred De Palma (voto 4).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *