– La storia dei Bab L’Bluz, band marocchina con una frontwoman che come una dea guerriera berbera combatte a suon di potenti riff contro il sistema patriarcale del mondo islamico
– «Noi cantanti siamo confuse con le puttane», racconta. L’approdo alla Real World di Peter Gabriel. «Noi siamo un gruppo rock. Usiamo l’awicha come chitarra e il guembri come basso»
Bab L’Bluz è un power quartetto franco-marocchino. E fin qui, nulla di nuovo. A guidarlo, però, è una donna. E, in una società patriarcale come quella araba, è una mosca bianca.
«Non era bello per una donna andare nei bar, andare nei posti dove si poteva vendere alcolici, sai?», dice Yousra Mansour, la frontwoman della band. «Perché è una società che, non mi piace dire religiosa perché la religione non ha nulla a che fare con questo comportamento, è semplicemente una società patriarcale che permette agli uomini di fare quello che gli va bene, ma non è la stessa cosa per le donne. La mia scelta di fare musica come lavoro è stata vista malissimo, ho ricevuto tantissimi insulti. A volte, come cantanti donne, possiamo essere confuse con le puttane».
In occasione della Giornata internazionale della donna, i Bab L’Bluz hanno pubblicato la superba Imazighen, anticipazione del loro prossimo album Swaken, ed è un appello contro la mentalità sessista e patriarcale, un messaggio fortemente in sintonia con il tema dell’inclusione delle donne. Yousra Mansour, racconta la storia di madri in una società segnata dalle ingiustizie. “Risvegliatevi, donne/ Alzatevi, donne/ Non sono più la metà di un uomo/ Quel tempo è finito”, declama, inveendo contro l’oppressione che si trova nei sistemi arcaici in cui le donne sono private dell’istruzione, delle libertà fondamentali ed esposte alla violenza.
La giovane Yousra è stata allevata da una madre forte e vedova, che era un’insegnante di scienze e ha ispirato sua figlia a seguire i suoi sogni. Nonostante la resistenza iniziale, Yousra ha continuato a cantare musica in stile Gnawa con gli amici e a casa. Tuttavia, osserva, «l’ingiustizia persiste ovunque, con corruzione, razzismo e povertà, così come le nozioni di visti e confini, che continuano a influenzare la società». Per questo motivo, Yousra e i suoi compagni di band credono che l’arte possa essere usata per aprire le menti e cambiare le mentalità.
Bab L’Bluz (letteralmente la porta del blues) nasce nel 2018 a Marrakech. La band si ispira alla musica tradizionale Gnawa e Hassani a cui combina sonorità contemporanee. Il progetto prende forma grazie all’incontro tra la carismatica Yousra Mansour (voce, awisha, percussioni e guembri) – cresciuta nella città di El Jadida sulla costa atlantica del Marocco ascoltando la diva libanese Fairouz, la musica gnawa della vicina Essaouira, ma anche Janis Joplin, Oumou Sangaré ed Erykah Badu – e il francese Brice Bottin (guembri, chitarra, percussioni e cori) a Marrakech all’inizio del 2017. Entrambi appassionati di musica Gnawa, hanno deciso di imparare insieme a suonare il guembri, uno strumento a corde pizzicate della tradizione musicale di quei popoli. Hanno voluto combinare le loro influenze raffinatamente, rispettando il mondo analogico emerso negli anni Sessanta e settanta, dando così vita alla composizione di un nuovo repertorio. Bab L’Bluz suona materiale originale che fonde stili diversi per creare un tutt’uno. La band si completa con due musicisti di Lione, Hafid Zouaoui (batteria e cori) e Jérôme Bartolome (flauto, percussioni e cori).
Con il primo album, Nayda!, sono entrati a far parte della scuderia Real World Records, , l’etichetta discografica fondata da Peter Gabriel. «Più di ogni altra cosa siamo una rock band», dichiara la frontwoman Yousra Mansour, che canta e spara riff dalla sua awicha ricoperta di pelle di capra, come una dea guerriera berbera. «Usiamo l’awicha come chitarra e il guembri come basso, entrambi a diverse accordature. Incanaliamo la nostra vasta gamma di influenze nella musica che attraversa i confini e viaggia nel tempo».