– La band dell’ex frontman dei Dead Pretties Jacob Slater con il nuovo lavoro “Midas” conferma la buona impressione del debutto
– L’album trasmette con successo la disillusione moderna attingendo a influenze veterane (Bob Dylan, Neil Young, Bon Iver)
Nel mondo degli affari, il successo è spesso misurato dall’espansione e dalle aziende che assumono nuove reclute per capitalizzare i loro trionfi finora. L’attività dei Wunderhorse – l’idea ed ex progetto solista dell’ex frontman dei Dead Pretties Jacob Slater – sta seguendo questo esempio. Dopo essere entrato in scena con il suo album di debutto – l’acclamato Cub – nel 2022, Slater ha trovato la necessità che la band si evolvesse.
Il successo di quell’album lo ha portato dai concerti nei pub al tutto esaurito al Kentish Town Forum e all’apparizione all’edizione 2023 di Glastonbury. Ora, per favorire la sua espansione, due anni dopo il debutto di Wunderhorse, Slater ha trasformato il progetto in un gruppo completo. La sua precedente band di supporto – il chitarrista Harry Fowler, il batterista Jamie Staples e il bassista Pete Woodin – hanno scambiato i loro turni part-time con un full-time. La loro seconda proposta, Midas, è un biglietto da visita dal taglio spesso, introducendosi con un’emozione cruda e immediata.
Il quartetto indie ha scelto di prendere un percorso più sporco nel secondo album, alimentando le loro tracce con strilli inquietanti e il lamento di Slater, facendosi sentire come se fossero spinti contro un amplificatore. È un enorme cambiamento dalle canzoni pulite e “cookie-cut” di Cub, come le ha descritte lo stesso Slater. Ogni canzone di Midas è diversa e più cruda della precedente. «Volevamo allontanarci dalla produzione del primo disco e renderlo un po’ più simile a una rappresentazione accurata di come suonavamo dal vivo», ha detto lo stesso Slater a Far Out Magazine.
L’apertura Midas riesce immediatamente a portare quel tono forte. Il suo riff di chitarra nitido e blues serve come un’introduzione tagliente a un’era nuova e malata, mentre la voce di Slater, che ricorda Bob Dylan, canta: “La voce all’interno della tuta è venuta strisciando attraverso il telefono / Da qualche parte tra una scacchiera e una filastrocca”. Dipinge il quadro inquietante di una dirigente aziendale pronto a capitalizzare avidamente i suoi dipendenti.
Un tintinnio e una linea di basso rimbalzante ci attendono in Rain, una canzone la cui ispirazione è da ricercarsi in A Hero’s Death dei Fontaines D.C. Il suono oscuro trabocca di piatti apocalittici e toni vorticosi mentre Slater urla: “Sono pronto a morire”, dichiarandosi pronto a lasciare andare tutto. Chitarre grintose e tamburi fragorosi sono dappertutto. In Emily il testo descrive in dettaglio le scene che tormentano la mente di Slater: “Scadenze, niente sonno / Questo lavoro mi sta uccidendo lentamente / Oh beh, starò zitto contando le pecore”.
Silver inizia in uno stile simile a Death Cab for Cutie, con un suono pulito che continua a crescere finché non raggiunge il picco quando Jacob urla in tono graffiante: “Sei mio, bluebird!”. Il significato di “uccello azzurro” è vario: indica sia il desiderio di essere liberato, ma anche che l’oggetto della canzone è raro e ha bisogno di protezione. Qui, Slater canta di qualcosa che deve essere lasciato andare e che è vulnerabile allo stesso tempo. Le metafore che si riferiscono al volo sono un tema comune: il famoso filo rosso che collega tutto.
Arizona è uno dei singoli dell’album: tra i testi caldi e le chitarre e la batteria che travolgono, i cori sono la vera stella di questa canzone. Rispetto al resto dell’album, è la traccia più vicina a Cub, grazie alle chitarre riverberate e alla struttura a loop.
A metà dell’album, Superman è un detergente catartico, più morbido e più pensieroso. I testi narrano una battaglia profonda e introspettiva. Slater vuole mostrare ai suoi amici e alla sua famiglia che è cambiato, che ha un “potere” dentro di sé, mentre si immagina di volare sopra le nuvole desiderando di poter “mostrare loro / le cose che posso fare / e come ho salvato il mondo”. È una traccia stupenda, spogliata e semplice, lascia il segno più grande. Ruba il cuore all’ascoltatore come Aeroplane che chiude l’album con un ritmo di batteria jazz e una combinazione ricorrente di pianoforte e chitarra alla Neil Young: è una canzone lunga quasi nove minuti, che solo alla fine si apre leggermente con l’aggiunta di suoni di chitarra riverberati.
Midas è un disco pieno di tristezza e ricerca. La band trasmette con successo la disillusione moderna attingendo a influenze veterane, e hanno prodotto qualcosa di crudo e perfettamente imperfetto. Un album che segna l’arrivo di una band che potrebbe diventare generazionale.