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VORIANOVA il new sicilian sound

– “Tempi scueti” è il nuovo e sorprendente album del duo di Isnello. Antico e moderno si mescolano in un suono attuale e internazionale, fra dialetto ed elettronica, restanza e rock, dialetto e hip hop, impegno sociale e indie
– «Finora abbiamo avuto un pubblico di nicchia. Questa volta abbiamo voluto sperimentare un sound più moderno, che strizza l’occhio a quello che i giovani stanno ascoltando. I temi sono molti forti e dobbiamo parlare a loro»
– «Vogliamo essere dei cronisti, cerchiamo di raccontare la storia, la vita di oggi in musica e parole. Questi sono davvero tempi molto inquieti. E ci fa rabbia. Sono canzoni quasi di denuncia. Sono grida di dolore e di sdegno»

La ricerca di un new sicilian sound ci conduce sulle tortuose stradine che s’inerpicano tra le Madonie per arrivare fino a Isnello, un paesino a 530 metri sul livello del mare, abitato più da daini e cinghiali che da esseri umani. Agli inizi del Novecento se ne contavano più di quattromila, di cittadini, «oggi saranno un migliaio all’Anagrafe, ma appena ottocento i residenti», ci dicono. È uno di quei tanti centri montani che vanno via via spopolandosi: i ragazzi scappano, non c’è lavoro, chi a Palermo, chi emigra, la natalità è bassissima, la mortalità alta. 

Eppure, è da qui che spira un vento nuovo: Vorianova. È un “vento chi cunta” e “un ventu c’ascuta”, “ventu furiusu chi scoti lu munnu” e “vento cuetu c’annachi la vita”. È un vento che porta storie ricche di poesia, umanesimo e malinconia, quadretti di vita quotidiana, ricordi e speranze. E una musica che attinge alle radici per proiettarsi nel futuro. Un mondo sonoro che guarda alle stelle, come l’Osservatorio che è l’attrazione di Isnello, quegli astri che spesso fanno capolino nei testi dei Vorianova. Che non è soltanto un duo. È, soprattutto, una famiglia: Biagio Di Gesaro, voce e chitarra, e Alessandra Macellaro La Franca, tastiere ed elettronica, marito e moglie.

Biagio Di Gesaro, voce e chitarra, e Alessandra Macellaro La Franca, tastiere ed elettronica sono i Vorianova

«Le stelle le stai guardando in questo momento, quindi rappresentano il presente, ma in realtà quello che stai vedendo è il loro passato», spiega Alessandra. «Può accadere che tu guardi una stella, ma, proprio in quel momento preciso, la stella non c’è più, perché è esplosa. Nella nostra musica c’è questo filo conduttore fra il passato e il presente, l’antico e il moderno: prendere dalle radici ma essere attuali. Per questo motivo tornano spesso le stelle, perché ci rappresentano ancor di più».

I Vorianova li avevamo conosciuti e apprezzati già nei loro precedenti lavori, Pàrtiri del 2019 e, soprattutto, Narrè del 2021. Il nuovo album, Tempi scueti va oltre. Sorprende e meraviglia per la qualità dei suoni, degli arrangiamenti, dei testi. Restano con i piedi ben piantati nelle loro origini, tant’è che scelgono di cantare nel dialetto del proprio paese, una decisione «dettata dall’istinto, dalla necessità di esprimersi nella lingua dei genitori, dove la ricchezza fonetica dona quella musicalità e quella unicità che rende il dialetto una lingua estremamente comunicativa». E avvolgono questo elemento ancestrale con sonorità elettroniche, moderne, in cui coesistono diversi generi musicali. Una sfida notevole, se pensiamo che questo progetto nasce in un paesino nascosto fra le montagne. 

«Sì la sfida è difficilissima», commenta Alessandra. «Ti scontri con una realtà che è demotivante, soprattutto per i giovani. L’obiettivo è anche quello di fare capire che la “restanza”, il restare, può diventare una opportunità anche per valorizzare questo territorio. Spesso, però, questi sforzi si riducono ad organizzare sagre, nelle quali si dice di valorizzare i prodotti del territorio, quando invece un prodotto locale non lo trovi. L’importante è resistere, cercare di individuare occasioni di sviluppo del territorio».

Tempi scueti, tempi inquieti, è l’indicativo titolo del nuovo album dei Vorianova per raccontare la loro realtà, ma anche quella del resto del mondo. «Ci siamo ispirati molto a tutto quanto vediamo nei telegiornali», spiega Biagio Di Gesaro. «Sono dodici istantanee di vita. Vogliamo essere dei cronisti, cerchiamo di raccontare la storia, la vita di oggi in musica e parole. Questi sono davvero tempi molto inquieti. E ci fa rabbia. Sono canzoni quasi di denuncia. Sono grida di dolore e di sdegno». 

L’invenzioni, una cavalcata electro-pop ballabile che vive sul contrasto tra fiaba e realtà, esprime la paura per il dilagare di una tecnologia invasiva. «Comincia dalle vecchie invenzioni che ci hanno cambiato la vita per arrivare alle novità tecnologiche che adesso ci fanno un po’ paura perché ci fanno perdere il contatto umano, ci fanno guardare il mondo non con i nostri occhi ma attraverso lo schermo di uno smartphone o di un tablet», è la descrizione di Biagio. «Come diciamo nel ritornello – “ma se taliu u cchiù nicu sciuri / penzu ca ancora nasci l’amuri” – pensiamo che se c’è un fiore che sboccia, c’è ancora la possibilità che un uomo possa interagire attraverso l’amore. Una volta l’invenzione era quella della ruota, del vaccino, servivano all’uomo, oggi c’è molta tecnologia, spesso superflua, mi spaventa l’intelligenza artificiale, perché mette tutto in dubbio, cosa è vero e cosa è artefatto».

Farsu è la condanna dell’ipocrisia, e gli archi prendono il posto dell’elettronica, «un suono morbido, dolce, per contrastare il pessimismo e lasciare una luce di speranza», sottolinea Alessandra. Mentre in Dormi Samir, una ninna nanna elettronica, si affronta l’emergenza migranti, vista attraverso il dramma di un bambino. «È un brano che nasce da un articolo che parla di ragazzini che si lasciano quasi morire in un letto per far sì che la famiglia non venga rimpatriata», racconta Biagio. «Mi ha lacerato il cuore. Questo silenzio del bambino diventa un grido da parte nostra».

Chiamami Rosa, quasi una sorta di recitativo, di preghiera, in cui la parola ha una forza dirompente, parla della piaga delle violenze sulle donne. «È la voce di una donna che racconta la sua vita, anche se a cantare è Biagio», sottolinea Alessandra. Fino a chiudere con la ipnotica, intensa, struggente Chistu Potti Fari, nella quale vengono citate le ultime parole di Felicia Bartolotta Impastato, la mamma di Peppino. «Siamo stati nella loro casa di Cinisi», ricorda Biagio. «Siamo rimasti folgorati, lì dentro si sente la presenza di questa donna, dell’amore che ha avuto per il figlio. Ha lottato per trent’anni, e alla fine ha avuto giustizia. Mi sono rimaste in mente le sue ultime parole: “Chistu potti fari per mio figlio”. Nella sua piccolezza è una immensità. È la mamma che parla al figlio. “Finché sta porta arresta aperta / sta ucca zitta nun cià arresta”, canto perché la casa resta sempre aperta, tutti i giorni: questa è una grande vittoria della signora Felicia».

La magia di Tempi scueti deriva dal contrasto fra la forza della parola e un suono potente, muscoloso. Da una parte, c’è la poesia, la canzone d’autore, alla quale resta legato Biagio Di Gesaro, dall’altra una ricerca sonora portata avanti da Alessandra Macellaro La Franca che spazia dalla musica classica ai Japan di David Sylvian, i cui echi si ascoltano nella title-track e nella marziale Cu sa se cancia.

«Ho studiato musica classica, ma ascoltavo Pink Floyd e Queen», sorride Antonella. «Soffrivo perché non riuscivo con il piano a riprodurre gli assoli di David Gilmour o di Brian May. Io avrei voluto una chitarra elettrica in mano. Quando, qualche anno fa, sono entrata in contatto con la musica elettronica, ho capito che potevo realizzare questo piccolo sogno che avevo sin da piccola e anche fare uscire quell’anima rockettara che ho sempre avuto dentro, ma che avevo nascosto perché a volte la classica ti mette molti paraocchi. È un mondo che sto studiando».

Non solo elettronica e rock, indie e canzone d’autore, ma anche reggae, ragamuffin e hip hop in Ogni nenti. «C’è un rappato in sottofondo, usato come un tessuto da mettere sotto, come un colore da dare al brano nel quale diciamo che ogni niente serve all’uomo per andare avanti», mette in evidenza Biagio. E poi c’è anche un richiamo a Franco Battiatonella travolgente e ritmica Sciarra, un brano al cui ascolto è difficile restare fermi: si balla “nmenzu e bummi”, fra le bombe. E che dire di Salina, il secondo singolo estratto dall’album, in cui l’elettronica fra techno e trance è capace di evocare, con un sound sempre più innovativo, un ampio spettro di emozioni. 

«È un modo per avvicinarci a una platea più giovane», interviene Alessandra. «Finora abbiamo avuto un pubblico selezionato, di nicchia. Questa volta abbiamo voluto sperimentare un sound più moderno, che strizza l’occhio a quello che i giovani stanno ascoltando, a quello che passa la radio. I temi sono molti forti e dobbiamo parlare alle nuove generazioni. Noi siamo in difesa, loro hanno ancora qualcosa da dire, da fare».

Un ruolo importante nell’evoluzione del suono dei Vorianona e nella realizzazione di Tempi scueti l’ha avuto Leonardo Bruno, musicista di Petralia Sottana da diversi anni impegnato nella produzione musicale di dischi legati alla valorizzazione del patrimonio etno-musicale delle Madonie, collaborando con artisti come Eugenio Bennato, Aida Satta Flores, Francesco Buzzuro, e molti altri. 

«Lui vive un po’ più in alto di noi, a un’oretta di strada», dice Alessandra. «Ci conoscevamo da diverso tempo, quattro anni fa ci siamo incontrati di nuovo quando ha lavorato con noi sull’arrangiamento del disco Narrè. Quella volta però il suo lavoro è stato marginale, perché gli arrangiamenti era già ultimati e lui ha fatto un po’ da supervisore. In questa occasione, invece, ha avuto un ruolo importante perché abbiamo lavorato insieme alle musiche e lui ha gestito tutta la parte degli arrangiamenti, della produzione artistica, della manipolazione del suono. Questo album nasce da ore e ore di lavoro, scambi di opinioni, pensieri, su quello di cui avevamo bisogno e quello che cercavamo, perché per noi era il momento di cambiare. In ogni disco abbiamo sempre sperimentato suoni nuovi e in questo momento c’era qualcosa che non ci lasciava soddisfatti del tutto. Quindi, l’incontro con Leonardo è stato propiziatorio. Anche per lui è stata la stessa cosa, perché viene dal mondo più classico, tradizionale, questo è il suo primo vero lavoro da music producer. Anche per lui è stata una sfida questo lavoro di ricerca».

Tempi scueti è uscito la settimana scorsa e i primi segnali sono confortanti. Il singolo Salinaè fra i brani più trasmessi dalle radio nazionali ed è in ascesa nelle classifiche. Il vento nuovo del suono siciliano soffia forte oltre lo Stretto. Speriamo che oltrepassi anche le Alpi e l’oceano, perché Tempi scueti è un disco internazionale. Siamo sulla buona strada per un new sicilian sound.

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