– L’attrice, quando aveva 18 anni, ha conosciuto la scrittrice catanese: «L’ho frequentata, l’ho persa, l’ho ritrovata con il libro “L’arte della gioia”» del quale è stata regista. Adesso la interpreta nel film “Fuori” di Mario Martone presentato a Cannes, unico italiano in gara
– «Ho imparato da lei, l’ho amata, mi ha cambiata». «Quando sono nella sua casa, ho avuto la sensazione che tutto avesse finalmente un senso». «È una femminista ma non appartiene a nessuna corrente. Non è mai definitiva, cambia idea, contraddice se stessa. È un pensiero laterale, libero, amoroso»
– Il filmaker napoletano: «Goliarda è realista, ma da quel realismo scaturisce l’immaginazione. Nessuno si salva da solo, lo sappiamo. Ma nessuno si salva nemmeno senza immaginazione. È l’immaginazione che ti restituisce a te stesso quando sei perso nella prigione del mondo»
L’anno scorso Valeria Golino si presentò a Cannes nelle vesti di regista per l’anteprima il film L’arte della gioia, poi trasformato anche in una serie tv, tratto da un libro di Goliarda Sapienza. Oggi è tornata sulla Croisette da attrice per impersonare la scrittrice catanese che le aveva ispirato il film. A dirigerla è un uomo, Mario Martone, anche se sono donne le protagoniste: Matilde De Angelis, Elodie e, appunto, Valeria Golino.

Valeria Golino conobbe Goliarda Sapienza. «A 18 anni, prima di girare Storia d’amore di Citto Maselli, dovevo impersonare una borgatara romana», ricorda l’attrice. «Il regista mi portò da lei per mitigare il mio forte accento napoletano. Andavo a casa sua due volte la settimana e parlavamo mentre fumava, fumava… Me la ricordo come fosse adesso: spiritata, occhi espressivissimi, voce rauca, un po’ sprezzante e un po’ affettuosa, spregiudicata nel pensiero. “Saresti la mia Modesta perfetta”, mi diceva e io non sapevo di chi parlasse, stava ancora scrivendo il libro». Quel libro del quale Valeria Golino si è poi innamorata fino a trasformarlo nella serie tv L’arte della gioia.
«Goliarda è stata la mia maestra, poi l’ho persa, l’ho ritrovata con il libro, ma non nel ruolo di Modesta, bensì dovendone gestire l’intera storia», continua Valeria Golino». E per Martone sono tornata alla sua vecchia casa, che avevo frequentato quando ero giovane e in cui abbiamo girato. È come se tutto trovasse un suo senso nella vita, c’è una sorta di predestinazione».
Il film di Mario Martone
Fuori, il film di Martone, unico italiano in gara a Cannes, racconta un momento cruciale nella vita della scrittrice Goliarda Sapienza, ispirandosi a una vicenda reale. È il 1980, Goliarda finisce in carcere per un gesto impulsivo, il furto di alcuni gioielli. Ma quella che potrebbe sembrare una caduta è, in realtà, l’inizio di una rinascita. Tra le mura del carcere, in un luogo di esclusione e marginalità, la scrittrice entra in contatto con un gruppo di giovani detenute. Tra loro nasce un dialogo autentico, fatto di solidarietà femminile, confidenze e scambi sinceri. È un’umanità viva, bruciante, che riaccende in Goliarda la voglia di vivere e di scrivere.
Una volta fuori, nella Roma torrida e sospesa di un’estate anni Ottanta, Goliarda continua a frequentare quelle stesse donne, ormai libere anche loro. In particolare, stringe un legame intenso con Roberta, una delinquente e attivista politica, con cui condivide un’intimità e una complicità che il mondo esterno fatica a comprendere. Ma è proprio quel rapporto profondo a restituirle energia e parole. Fuori è il racconto di una trasformazione, di un legame inaspettato e di una libertà ritrovata dove meno ci si aspetterebbe.
«È difficile dare un senso a queste coincidenze, spesso sembra che le cose succedono per un motivo e sembra che il destino esiste», riflette Valeria Golino. «Quarant’anni fa a 18 anni ho conosciuto Goliarda Sapienza. Ho frequentato la sua casa, mi sembrava una signora anziana, ma aveva una testa da ragazza. Mi guardava con una curiosità che io non avevo per lei. Quando sono tornata in quella casa per interpretarla, ho avuto la sensazione che tutto avesse finalmente un senso. La sua casa è un bellissimo posto dell’anima, costruita per essere come una specie di piccionaia tra cielo e terra, dove la incontravo da ragazzina e adesso sono diventata lei. Ho dovuto liberarmi di alcune cose e trattenerne delle altre. Perché interpretare Goliarda non è capirla, è esserla. Il corpo, la voce, gli occhi. Ho imparato da lei, l’ho amata, mi ha cambiata».
La figura di Goliarda

A dominare il film è una figura letteraria e umana, ancora oggi scomoda. «La sua è una scrittura scabrosa, piena di intuizioni e di opacità», spiega Valeria Golino. «Ti emoziona e ti spiazza. È una femminista ma non appartiene a nessuna corrente. Non è mai definitiva, cambia idea, contraddice se stessa. È un pensiero laterale, libero, amoroso».
Martone non fa di Goliarda un’icona, ma un corpo vivo. Ne traduce la scrittura in immagini permeabili, in una Roma che vibra di tempo e di ferite, di corpi e carceri, di dialoghi interrotti e riconciliati.
«Io non dico mai la verità», diceva Goliarda. Martone le dà ragione. Fuori è un film che gioca con il vero, ma lo fa per aprire all’immaginario. «Goliarda è realista, ma da quel realismo scaturisce l’immaginazione. La scena della profumeria l’ho girata in studio. Gli spazi si dilatano, il bagno diventa enorme, poi ritorna. Volevo che si potesse uscire dalla sala e dire: hai visto? No? Bene».
In un’epoca ossessionata dalla verità dei fatti, Martone afferma una verità più profonda, quella che non si dimostra ma si sente. «Nessuno si salva da solo, lo sappiamo. Ma nessuno si salva nemmeno senza immaginazione. È l’immaginazione che ti restituisce a te stesso quando sei perso nella prigione del mondo».