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Un Sanremo sempre più gender fluid

Ariete, Madame, Shari e Rosa Chemical alfieri del mondo lgbtq+ all’Ariston. Una rivoluzione cominciata timidamente nel 2019 e affermatasi l’anno scorso trasformando la trasmissione emblema della tv tradizionale e convenzionale nell’appuntamento più inclusivo. Quest’anno sono le donne a riprendersi il compito di rompere gli schemi 

Timidi apripista sono stati Achille Lauro e Mahmood. Nel 2019 con Rolls Royce il primo, con la vittoria l’allora ambiguo trapper, indicarono la via, anticipando look senza confini di genere. La rivoluzione “fluida” era nell’aria, ma forse non era ancora il tempo per trasformare il Festival di Sanremo, emblema della tv tradizionale e convenzionale, nell’appuntamento più gender fluid di sempre.

Achille Lauro

Accadde due anni dopo. Con i “quadretti musicali” di Achille Lauro e con i nude-look e il trionfo del glitter rock dei Måneskin. Sanremo era pronto per la trasformazione. Il cambiamento epocale avviene l’anno successivo. E se, nel passato, è stato sempre affidato alle donne il compito di rompere gli schemi – basti pensare a beauty look di Loredana Bertè, Anna Oxa o Patty Pravo – quella del 2022 è un’edizione diversa: sono gli uomini i protagonisti della svolta all’insegna della inclusività e della fluidità di genere. A dare man forte al sempre presente Achille Lauro ci sono il queer-pop della Rappresentante di Lista, il coming out di Michele Bravi, Sangiovanni paladino del rosa, la parrucca bionda di Drusilla Foer e la vittoria di Mahmood e Blanco che in Brividi cantano un amore che non specifica il sesso a cui si rivolge, ma il modo: «Due ragazzi, appartenenti a due generazioni, amano con lo stesso trasporto e gli stessi timori: la paura di sbagliare e di sentirsi inadeguati», spiegavano in coro prima di entrare in scena nella serata finale con due biciclette glitterate. Canzone, Brividi, che intoneranno nuovamente in apertura della edizione 2023 del Festival.

La nuova parola d’ordine è “fluido”. O, forse, sarebbe meglio dire la bellezza fluida, genderless, senza paura. A diffonderla è Sanremo anche quest’anno. “Fluido” per non dire gay o lesbico, parole che magari suonano male. Poco a che fare con la vecchia bisessualità che in fondo era una sessualità doppia mentre qui la sessualità appare dimezzata. In questa edizione a riprendersi la scena sono le donne. E allora via gli smokey-eyes, i glitter e i rossetti che hanno colorato i volti di Achille Lauro, Dario Mangiaracina (La Rappresentante di Lista) e di Damiano dei Måneskin per dare risalto a volti privi di trucco, acqua e sapone.

Arianna Del Giaccio, di Anzio, classe 2002, in arte Ariete al Festival canta “Mare di guai”

Tu, tu eri più bella di me / e adesso che il letto è vuoto e la casa in silenzio ho paura di dormire

Ariete in “Mare di guai”

“Tu, tu eri più bella di me / e adesso che il letto è vuoto e la casa in silenzio ho paura di dormire” canta Ariete in Mare di guai rivolgendosi alla sua ex fidanzata. «La mia canzone inizia con una frase rivolta al femminile. Penso di non dover aggiungere altro, perché aumentare il focus rende quello di cui stai parlando già una diversità», spiega. 

Arianna Del Giaccio, di Anzio, classe 2002, in arte Ariete, aspetto di un maschietto, insieme con Madame, Rosa Chemical e Shari, è la paladina del mondo lgbtq+ all’Ariston. «Sogno un mondo in cui cosa ho tra le mie gambe o con chi vado a letto non sia argomento di conversazione. Dico lei perché è una mia storia, ma se dicessi lui la melodia, la canzone, l’emozione non cambierebbe. Spero di vedere un mondo in cui una ragazza possa uscire per strada tenendosi per mano con la sua lei, in cui un ragazzo possa andarsene a passeggio in gonna e borsetta, in cui si venga valutati come persone, non per il genere. Per la generazione dei miei genitori la sessualità è stata un problema, spero non lo sia più per i miei figli».

La generazione della fluidità di genere, dell’abbattimento delle barriere, della fine della mascolinità stereotipata, che viene meno per lasciare posto alla verità fragile della natura umana. Per dirla con le parole di Achille Lauro, «Esistere è essere. Essere è diritto di ognuno».

Shari Noioso canta “Egoista”. Al Festival è arrivata attraverso Sanremo Giovani

Forse vorrei una ragazza normale / che mi guardi e mi sorrida mentre io scrivo canzoni d’amore

Shari in “Egoista”

Ad Ariete fa eco Shari, talento di Monfalcone approdata sul palco dell’Ariston attraverso le selezioni di Sanremo Giovani. Anche lei non nasconde il suo orientamento sessuale: il testo di Egoista è un vero e proprio inno all’amore senza distinzione di genere. “Forse vorrei una ragazza normale / che mi guardi e mi sorrida mentre io scrivo canzoni d’amore”, canta a inizio di canzone.

Più confusa, e non solo nel genere, appare Francesca Calearo, 20 anni, meglio nota come Madame. Il nome d’arte nato grazie a un generatore di nomi per drag queen («sono usciti Pinky girl pink e Madame wild, che mi è piaciuto. Ma ho tolto Wild, mi sembrava infantile»), gender fluid («sono bisessuale, sono attratta sia da uomini che da donne»), ma paladina solo dei diritti di se stessa: «Sono una ragazza che sceglie, a seconda di come si sente, di avere un portamento. Vivo con normalità questa cosa, non sento il bisogno di dover aderire a determinati gruppi o movimenti. Sono andata sul palco in giacca e cravatta. Il mio rapporto con il pudore? Altalenante. Se stai davanti a una persona che stimi sei meno sfacciato, mentre solitamente il mio rapporto col pudore è minimo. Tutti siamo dotati di organi genitali, tutti facciamo sesso, il pudore estremo lo associo a una chiusura mentale».

Francesca Calearo, 20 anni, meglio nota come Madame al Festival dello scorso anno. Torna con “Il bene nel male”

La sua canzone avrebbe dovuto intitolarsi Puttana, ma all’ultimo momento si è trasformata in un ben più neutro Il bene nel male. Eppure, che il titolo dovesse essere quello «volgare» non c’è nessun dubbio. In un’intervista a la Lettura, l’inserto culturale del Corriere della Sera, Madame era stata chiara: «Nella canzone il termine “puttana” suona come una dolce offesa… In pratica mi immedesimo in una prostituta che si innamora di un uomo, ma lui la vede soltanto come un errore». La cantante però ha giurato che «non c’è stato alcun tipo di pressione. È stata una scelta artistica dell’ultimo minuto». Anche se ai giuramenti di Madame è difficile credere: è indagata per falso ideologico per una faccenda di certificazioni di vaccino taroccate.

Trucco, parrucco e look che potrebbero farne il nuovo Achille Lauro, li ritroveremo in Rosa Chemical, registrato all’anagrafe di Grugliasco con il nome di Manuel Franco Rocati, «non cantante, non musicista, non rapper, ma artista», si affretta a sottolineare. 

Rosa Chemical, registrato all’anagrafe di Grugliasco con il nome di Manuel Franco Rocati. Debutta all’Ariston con “Made in Italy”

Ti piace che sono perverso e non mi giudichi se metterò il rossetto

Rosa Chemical in “Made in Italy”

“Ti piace che sono perverso e non mi giudichi se metterò il rossetto”, canta in Made in Italy, la canzone con cui rischia di trasformare l’Ariston in un palco per OnlyFans, dove tiene un profilo. «Mi piace mettermi in discussione, anche se questo crea disappunto negli altri. Non è esibizionismo: vivo il corpo e la sessualità senza problemi. Il mio OnlyFans è una forma d’arte, non è porno. A Sanremo non mi presenterò certo come mi ha fatto mamma», tiene comunque a rassicurare.

Parlando «in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore», al Festival («non c’è cosa più “Made in Italy” di Sanremo») vuole «portare un messaggio di libertà», che, con strofe sporche e accattivanti e un ritmo puramente dance ed un tocco gipsy, invita ad abbracciare la diversità in tutte le sue sfaccettature. «Non devo convincere nessuno, solo essere rispettato. Amore e sesso non sono la stessa cosa, ma hanno bisogno di libertà, non di tabù. Sono aperto a rapporti eterosessuali, omosessuali, transessuali. Se eccita e c’è consensualità per me va bene. Sono perverso della perversione». Altro che Houellebecq.

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