– È il soprannome diventato nome d’arte di Guinga, uno dei musicisti brasiliani più prestigiosi che martedì 7 ottobre al Centro Zō di Catania (con repliche a Palermo e Marsala) apre la XLII stagione dell’associazione etnea
– «Per trentacinque anni ho fatto il dentista senza preoccuparmi delle tendenze del mercato, di cosa avesse successo o meno. Ho fatto la musica che mi veniva in mente e nel cuore», si racconta l’artista di Rio de Janeiro
– Nel cartellone musicisti da ogni parte del mondo: dai nuovi protagonisti della scena contemporanea all’ottantaquattrenne Norma Winstone, leggenda del jazz vocale. Massiccia presenza di “eccellenze” siciliane
Guinga, come gringo, «mi chiamava così mia zia Ligia: ero molto bianco e ha cominciato a chiamarmi così, “guinga”». Un soprannome che è diventato il nome d’arte di Carlos Althier de Souza Lemos Escobar, uno dei musicisti brasiliani più prestigiosi, con una agenda piena tutto l’anno, che tocca i quattro angoli del pianeta.
L’Italia è stato fra gli ultimi Paesi a scoprirlo e qui è ancora un musicista quasi sconosciuto. A recuperare questo ritardo interviene Catania Jazz affidandogli l’apertura della nuova stagione concertistica: martedì 7 ottobre, ore 21, sarà al Centro Zō di Catania, l’indomani, mercoledì 8, e giovedì 9 si esibirà sul palcoscenico del Teatro Jolly di Palermo e venerdì 10 sarà di scena alle Cantine Storiche Donnafugata do Marsala.

Eppure, il Belpaese è stato sempre nei sogni di Guinga, sin da ragazzino. «Era mio padre ad avere il sogno di venire in Italia», racconta. «Purtroppo, non lo ha potuto realizzare, perché è morto senza poterlo realizzare. Quando sono venuto a suonare qui per la prima volta, sentivo la presenza di mio padre accanto a me».
Nato nella zona nord di Rio de Janeiro, nel quartiere di Madureira, nel 1950 (in seguito si trasferì a Jacarepaguá), proveniva da una famiglia umile, ma adorava la musica che ascoltava in casa e fuori; nelle strade, dalle persone e nei luoghi in cui viveva. I ricordi affettivi sono sempre presenti nel suo lavoro di strumentista, compositore e cantante, come nell’album Zaboio del 2021, in cui per la prima volta scrive sia melodie che testi.
Per superare le difficoltà di lavorare in un mercato dove imperava la “pratica del jabá” (diminutivo di jabaculê, che significa “mancia”, ovvero il compenso in denaro che stazioni radio, programmi televisivi, ecc. chiedono agli artisti per suonare le loro canzoni o invitarli), ha capito che doveva raggiungere la indipendenza economica. «Ho iniziato a studiare odontoiatria per sopravvivere come dentista, per evitare di dover sopportare queste difficoltà», racconta. «Per trentacinque anni sono stato un dentista e ciò mi ha permesso di fare la musica che volevo, senza preoccuparmi delle tendenze del mercato, di cosa avesse successo o meno. Ho fatto la musica che mi veniva in mente e nel cuore».
A 64 anni incide con l’Acoustic Music Records di Peter Finger realizzando un album per chitarra sola, Roendopinho, titolo che è la fusione di due parole portoghesi (roendo: “rosicchiando”; pinho: “legno di abete”) per indicare una metafora poetica sulle tracce e le impressioni lasciate dall’intensa, lunga relazione tra il chitarrista e la sua chitarra durante il processo creativo delle sue composizioni. Alle spalle quasi cinquant’anni di carriera e innumerevoli collaborazioni con Clara Nunes, Beth Carvalho, Alaíde Costa, João Nogueira, Cartola, tra i tanti.
Le sue melodie – molto sofisticate e riconducibili allo choro con un dolce retrogusto al valzer – hanno sedotto grandi compositori della musica brasiliana e non solo, quali Chico Buarque, Elis Regina, Ivan Lins, Michel Legrand, Sergio Mendes, senza contare le brillanti collaborazioni con il grande compositore Paulo Cesar Pinheiro e il poeta e paroliere Aldir Blanc. Composizioni molto complesse, ricercate ed elaborate quelle che Guinga, con l’umiltà che lo contraddistingue, definisce «niente di speciale», un atteggiamento tipico dei grandi talenti. . Il polistrumentista e mago del suono Hermeto Pascoal ha detto di lui: «Un ragazzo così viene al mondo solo ogni cento anni».

Dopo l’inizio all’insegna della musica acustica e della melodia brasiliana, Catania Jazz il 22 al Jolly di Palermo ed il 23 ottobre al Metropolitan etneo esplorerà le sfumature del tempo e del ritmo attraverso il linguaggio di Cedric Hanriot e del suo progetto Time is Color che mescola elettronica, improvvisazione e melodie evocative. Virtuoso del pianoforte e compositore raffinato, Cedric Hanriot è una delle voci più originali della scena jazz contemporanea europea. Francese di origine, con un background che spazia dal jazz alla musica elettronica fino al rap, ha collaborato con artisti del calibro di Herbie Hancock, Terri Lyne Carrington e John Patitucci, imponendosi come un musicista capace di abbattere le barriere di genere con eleganza e creatività.
Il 5 novembre sul palco del Metropolitan di Catania ed il 6 su quello del Teatro Golden di Palermo salirà il quintetto di Linda May Han Oh, considerata tra le contrabbassiste più influenti della scena jazz mondiale. Nata in Malesia e cresciuta in Australia, la musicista unisce radici multiculturali, rigore compositivo e un’instancabile ricerca espressiva.

Si prosegue il 12 novembre a Catania e l’indomani a Palermo con i Black Lives, un grande ensemble internazionale che unisce musicisti provenienti da Stati Uniti, Africa, Caraibi ed Europa in un progetto che è al tempo stesso musicale e sociale. Le loro radici diverse si intrecciano in un linguaggio comune che mescola jazz, soul, funk, hip hop e blues, trasformando la musica in un atto di resistenza e in una dichiarazione d’amore per l’umanità. Il loro messaggio è forte e diretto: unità, pace, libertà e la convinzione che, se ci si unisce e si lotta insieme, il cambiamento è possibile.
Il 18 novembre al Centro Zō di Catania è di scena l’HarpBeat Trio è composto da Ottavia Rinaldi all’arpa, Carlo Bavetta al contrabbasso e Andrea Varolo alla batteria. La direzione musicale del Trio, ispirata inizialmente allo storico trio del leggendario pianista Bill Evans, è caratterizzata da un irrinunciabile interplay tra i musicisti, che si fonde con il desiderio di innovazione e coinvolgimento di uno strumento, l’arpa, che, pur essendo molto antico, ha da poco fatto capolino nell’ambiente jazzistico nazionale ed internazionale. Le origini siciliane di Ottavia Rinaldi rappresentano una fonte di ispirazione, tra classico e moderno, velata di malinconia.
Sempre al Centro Zō di Catania Il 2 dicembre omaggio ai Beatles ad opera di uno dei più importanti musicisti italiani della scena jazz, Glauco Venier. Il pianista e compositore friulano salirà sul palco insieme alla cantante, compositrice e arrangiatrice siciliana Daniela Spalletta, descritta come una «voce di seta». «Dagli spunti e dalle melodie dei Beatles creeremo nuove sonorità», spiega Venier. «E lo faremo proponendo soprattutto brani meno noti del quartetto di Liverpool».

Torna al suo primo amore dopo una parentesi pop sanremese il pianista Raphael Gualazzi ospite del Metropolitan il 16 dicembre e l’indomani al Golden di Palermo. Con il suo Quintet, Gualazzi porta in scena un viaggio musicale che unisce brani originali e riletture raffinate del repertorio jazz e soul, sostenuto da una band di musicisti di grande livello. Ne nasce un concerto che alterna momenti intimi a esplosioni di energia collettiva, sempre guidato dall’improvvisazione e dalla sua straordinaria capacità comunicativa al pianoforte e alla voce.
Ad aprire il nuovo anno il 20 gennaio a Catania ed il 21 a Palermo sono due protagonisti assoluti della scena musicale norvegese, Jan Bang ed Eivind Aarset. Insieme hanno dato vita a un progetto che esplora le frontiere tra jazz, elettronica e sperimentazione sonora. Bang, producer e live sampler di riferimento in Europa, e Aarset, chitarrista tra i più innovativi della sua generazione, intrecciano paesaggi sonori ipnotici in cui l’improvvisazione dialoga con l’elettronica, creando atmosfere sospese e suggestive. Con il Quartet, i due artisti ampliano la loro ricerca, affiancati da musicisti di grande sensibilità, per dare forma a un’esperienza collettiva in cui i confini tra acustico ed elettronico, scrittura e improvvisazione, si dissolvono. Ne nasce un concerto che unisce intensità e raffinatezza, capace di trasportare l’ascoltatore in un universo musicale visionario e contemporaneo.
Il 3 febbraio a Catania e l’indomani a Palermo, Danilo Rea con la figlia Oona porta sul palco l’arte del jazz. «Lavorare con i figli non è facile», commenta il pianista. «Tutti quelli che sono i rapporti familiari li porti in musica e poi sul palco. È un percorso quasi psicanalitico. Non è facile, ma è una via che porta a nuove scoperte. L’importante è fidarsi l’uno dell’altro, che non ci sia diffidenza. Questo vale anche in musica. Bisogna suonare con persone di cui si ha una grande fiducia, sapendo che anche se sbagli l’altra persona ti seguirà».
Il 10 febbraio al Centro Zō di Catania e l’11 al Teatro Jolly di Palermo l’incontro fra l’arpista ucraina Alina Bzhezhinska e il sassofonista di Nottingham Tony Kofi. Il secondo è riconosciuto come uno dei migliori rappresentanti della scena jazz contemporanea, mentre la musica di Bzhezhinska tende ad attingere dai suoni del jazz spirituale, vale a dire a dire arpisti seminali come Dorothy Ashby e Alice Coltrane, ma anche da influenze esterne nell’hip-hop e nell’elettronica e nei suoni jazz ancora più tradizionali.

Vera leggenda del jazz vocale europeo al Metropolitan di Catania il 16 febbraio e l’indomani al Teatro Jolly di Palermo: Norma Winstone. L’ottantaquattrenne cantante britannica ridefinito il ruolo della voce nel jazz, trasformandola in strumento capace di muoversi con libertà tra parola, suono e improvvisazione. Attiva sin dagli anni ’70, ha collaborato con musicisti come John Taylor, Kenny Wheeler ed Egberto Gismonti, lasciando un segno profondo nella scena internazionale con il suo timbro inconfondibile e la sua sensibilità poetica. Accanto a lei, il pianista britannico Kit Downes, tra i più originali della nuova generazione, capace di fondere scrittura e improvvisazione con un approccio sempre fresco e sorprendente. Insieme danno vita a un dialogo intimo e raffinato, in cui tradizione e contemporaneità si intrecciano con leggerezza, creando atmosfere sospese e di grande intensità emotiva.
Il 24 marzo a Catania ed il 25 al Jolly di Palermo la sassofonista cilena trapiantata a New York, Melissa Aldana, una delle voci più originali e riconosciute della scena jazz internazionale. Vincitrice del Thelonious Monk International Jazz Saxophone Competition, è apprezzata per il suo fraseggio intenso e lirico, capace di fondere la tradizione del grande jazz tenore con un linguaggio personale, moderno e visionario. La critica la considera tra le artiste più influenti della sua generazione, capace di rinnovare la tradizione con freschezza e profondità. Con il suo Quartet, Aldana propone un repertorio che alterna composizioni originali e riletture creative, esplorando temi legati all’identità, alla ricerca personale e all’improvvisazione collettiva. Il risultato è una musica vibrante e intensa, che intreccia energia ritmica e sensibilità melodica in un equilibrio costante tra forza e introspezione.

Si continua il 17 aprile al Metropolitan ed il 18 al Golden di Palermo con la pianista, cantante e compositrice australiana, Sara McKenzie, La sua voce calda e il suo stile pianistico ricco di sfumature la rendono un’artista completa e coinvolgente. In questa occasione speciale, McKenzie incontra la Catania Contemporary Orchestra, dando vita a un progetto che unisce la raffinatezza del suo repertorio alla forza di un ensemble sinfonico. Il risultato è un concerto che esplora nuove sonorità, capace di fondere intimità jazzistica e ampiezza orchestrale, offrendo un’esperienza musicale intensa e originale.
Si chiude il 27 aprile al Jolly di Palermo e l’indomani al Metropolitan di Catania con la pianista, direttrice d’orchestra e compositrice, Cettina Donato, una delle figure più versatili e apprezzate del jazz italiano contemporaneo. Con Omaggio a Moravia, la Donato propone un viaggio musicale ispirato all’opera e al pensiero di Alberto Moravia, trasformando suggestioni letterarie in suono. Jazz, scrittura originale e improvvisazione si fondono in un percorso che mette in dialogo parole e musica, offrendo al pubblico nuove chiavi di ascolto e riflessione. Accanto a lei, il quartetto riunisce musicisti di grande sensibilità e affinità artistica, capaci di dare forma a un progetto unico nel suo genere.
