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TORANJ QUARTET, le mille e una musica

– L’incontro fra due musicisti iraniani e due italiani per far conoscere le tradizioni colte e popolari dell’antica Persia fondendole con altre culture. «La nostra musica è basata principalmente sull’improvvisazione melodica e ritmica all’interno di un sistema complesso di modi»
– «La musica d’arte persiana è in continua evoluzione. Essere influenzati dalla cultura di altri Paesi è innegabile. La Persia è stata nei secoli un grande impero che comprendeva e comprende tutt’ora popoli, lingue e culture diverse: turchi azeri, armeni, turkmeni, curdi, arabi, baluci ecc»
– Hosna Parsa: «Non ho idea di cosa accadrà in futuro, ma mi dispiace molto che non ci siano condizioni sicure, pacifiche e stabili in questa zona. Il nostro desiderio è la pace, l’uguaglianza e il benessere sociale per le persone»

Un universo affascinante di cui sappiamo pochissimo, per mancanza di fonti scritte, ma che rappresenta un tassello fondamentale dello sviluppo della cultura tra Asia ed Europa. I persiani, da sempre al centro di scambi commerciali, seppero mescolare le loro esperienze con quelle delle civiltà mesopotamiche dando vita a un mondo musicale multiforme, tra poesia, danza e canto, che avrebbe influenzato in maniera determinante i greci e con essi l’intero Occidente. Secondo il pianista Ramin Bahrami, «la musica iraniana può affiancare in perfetta armonia e dignità quella dei grandi compositori della storia europea».

«Ramin Bahrami ha assolutamente ragione», commenta Hosna Parsa, una esperta di musica persiana, che insegna in conservatori, università e scuole. «Abbiamo avuto dei grandissimi compositori! Però a differenza della musica occidentale, in quella persiana e orientale in genere non c’è traccia di armonie e polifonie scritte. La nostra musica è basata principalmente sull’improvvisazione melodica e ritmica all’interno di un sistema complesso di modi (dastgah) che possono e devono essere utilizzati secondo complesse geometrie. Quindi oltre ai compositori veri e propri dobbiamo parlare anche di bravissimi interpreti che hanno reso originale la tradizione arricchendola con nuove idee».

Il Toranj Quartet: Vahid Haji Hosseini, Hosna Parsa, Giovanni Lo Cascio, Paolo Modugno

Fra questi bravissimi interpreti ci sono sicuramente la stessa Hosna Parsa, suonatrice di kamancheh (viola a picco, con piano armonico in pelle), Vahid Haji Hosseini, uno dei massimi esponenti di musica persiana nel panorama internazionale, esperto di santour (salterio), Giovanni Lo Cascio, musicista dalle origini siciliane con esperienze in campo musicale, teatrale e cinematografico, batterista prestato al tombak (tamburo a calice) e Paolo Modugno, «appartenente alla famosa tribù di Polignano a Mare» che diede in natali a Mimmo, etnomusicologo e produttore, che si divide fra dayereh e bendìr (tamburi a cornice).

Insieme questi magnifici quattro musicisti e ricercatori formano il Toranj Quartet, una sorta di riduzione cameristica rappresentativa della omonima orchestra diretta da Vahid Haji Hosseini, progetto didattico musicale che ha l’obiettivo di conservare e divulgare in Italia le tradizioni musicali persiane, colte e popolari. E l’album Kowli Var, pubblicato per Liburia Records, è un tassello di questo progetto: è l’incontro fra musicisti, iraniani e italiani, che insieme esplorano le radici della musica persiana, fondendo tradizione e innovazione.

  • Qual è l’approccio nei confronti della tradizione persiana? Rispettoso o c’è l’intento di rinnovarla? Dall’ascolto dei brani si avvertono incroci con sonorità prevenienti da altre culture.

Giovanni: «La tradizione è una cosa viva che si nutre della contemporaneità, che, soprattutto nell’ultimo secolo, ha significato incontri e scambi con altre culture.

Hosna: «Ciò che ho studiato è la musica tradizionale iraniana (sonnatì). Compongo basandomi sulla musica tradizionale, ma non ho problemi a interpretarla con la sensibilità contemporanea e ad accostarla alle tradizioni di altri Paesi, in particolare mediorientali, come abbiamo fatto in questo album. La musica d’arte persiana è in continua evoluzione, dove però la base resta sempre il Radif. Essere influenzati dalla cultura di altri Paesi è innegabile. la Persia è stata nei secoli un grande impero che comprendeva e comprende tutt’ora popoli, lingue e culture diverse: turchi azeri, armeni, turkmeni, curdi, arabi, baluci ecc. Tutti si sentono anche iraniani e sono parte della cultura artistica iraniana.

Paolo: «Nel nostro album, infatti, abbiamo voluto Petra Nachmanova, mitteleuropea, squisita interprete delle tradizioni musicali anatoliche, accompagnata da Ufuk Elik al baglama, che con la sua splendida voce ha interagito con una famosa melodia del Khorasan, e Peppe Frana, studioso della musica ottomana, ha introdotto col suo magico oud un brano dallo squisito carattere persiano. Sia io che Giovanni suoniamo strumenti a percussioni di aree limitrofe oltre a quelli di area classica. Quando studiavo etnomusicologia ho capito il concetto di “tradizione e tradimento”, perché le tradizioni orali/aurali si riadattano sempre con gli apporti successivi per non morire».

La copertina del disco
  • Ci sono particolari differenze fra la musica colta e quella popolare?

Hosna: «Il Radif, la teoria musicale colta persiana, è influenzata da tutte le tradizioni popolari del Paese; include melodie, ritmi, modi e danze proprie delle varie etnie e la musica delle corti che si sono succedute nei secoli. Esiste quindi una stretta relazione tra la musica popolare e tradizionale colta o “d’arte”. La musica folklorica nei villaggi e nelle campagne si è conservata e tramandata ovviamente in modo più puro».

Hosna Parsa e Vahid Haji Hosseini, entrambi iraniani, sono entrati in Italia con un regolare visto. La prima nel 2019, il secondo dieci anni fa. «Sono venuta per studiare e laurearmi in etnomusicologia all’Università la Sapienza di Roma», racconta Hosna. «Ho famiglia e amici in Iran e quando riesco vado a trovarli. Ho anche una scuola di musica a Teheran che seguo da Roma». Mentre Vahid si è ricongiunto «con le mie sorelle che si erano già trasferite, e ho presto conosciuto musicisti persiani e italiani a Roma con cui abbiamo dato vita a un’orchestra di strumenti persiani e creato un repertorio tradizionale arrangiato da me. Anch’io quando posso torno a Isfahan in visita a parenti e amici».

  • Oggi nel vostro Paese c’è spazio per il tipo di musica che proponete con il Toranj Quartet?

«Certamente! In Iran c’è una scena musicale creativa molto interessante. Molti giovani studiano e praticano la musica tradizionale colta e popolare e contemporaneamente vivono nel XXI secolo».

  • Qual è il vostro pensiero sull’attuale situazione nel Medio Oriente, fra crisi siriana, guerra israelo-palestinese, la rivolta delle donne in Iran?

Hosna: «Non ho idea di cosa accadrà in futuro, ma mi dispiace molto che non ci siano condizioni sicure, pacifiche e stabili in questa zona. Il nostro desiderio è la pace, l’uguaglianza e il benessere sociale per le persone».

Paolo: «È un gran casino, un risiko con attori molto potenti e armati che giocano sulla pelle di persone che non partecipano al loro gioco. La cosa che più mi lascia l’amaro in bocca è vedere in particolare i curdi del Rojava siriano in balìa di chi vorrebbe imporre loro la sharia. Senza parlare poi di quello che succede in Israele e in Palestina! Le donne iraniane sono fortissime, la rivoluzione ha dato loro la possibilità di studiare ed emanciparsi, ed ora i governi faticano a gestire le loro rivendicazioni».

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