Interviste

TONY CANTO in volo fra jazz e melodia

– L’artista messinese si scopre crooner nell’album “Anima” in uscita oggi, venerdì 10 gennaio. «Un’idea nata dopo il concerto tenuto lo scorso luglio in chiusura della rassegna “Jazz in vigna” del Monk di Catania»
– Accompagnato da un formidabile gruppo di jazzisti, il “brasiciliano” si muove con estrema eleganza e raffinatezza fra melodia italiana, bolero, bossa nova, vintage e jazz, perfetta sintesi dei suoi percorsi
– In marzo il tour che debutterà al Monk di Catania ed entro l’anno un secondo progetto discografico: «Un omaggio a Domenico Modugno e Tom Jobim in duetto con un grande artista carioca come Celso Fonseca»

Galeotto fu il concerto tenuto lo scorso fine luglio a conclusione della rassegna “Jazz in Vigna” curata dal Monk di Catania. Fu lì, fra i filari delle vigne all’ombra dell’Etna, che germogliarono i semi di quello che sarebbe diventato Anima, il sesto album di Tony Canto, in uscita oggi, venerdì 10 gennaio.

«Io ho conosciuto in quella occasione i musicisti con i quali ho registrato l’album», racconta, il cantautore e produttore messinese. «L’unico con il quale avevo già suonato era il contrabbassista Marco Bardoscia, con il quale avevo fatto un tour con Alessandro Mannarino. Quella sera Dino Rubino ha voluto organizzare un concerto e ci siamo incontrati senza provare. Abbiamo fatto un elenco di brani, dopodiché, chiusa la serata, mi son detto: “Questo è il mio suono. Così voglio che suoni il mio prossimo disco”. E mi sono messo a comporre appositamente pensando a questo quartetto. Poi li ho invitati e, in un giorno e mezzo di studio, abbiamo registrato in diretta il disco».

La copertina dell’album

Il quartetto è formato da formidabili jazzisti del calibro di Dino Rubino al piano, Enzo Zirilli alla batteria e percussioni, Marco Bardoscia al contrabbasso, e Tony Canto, voce e chitarra. A loro si sono aggregati Fabrizio Bosso alla tromba, Ferruccio Spinetti al contrabbasso e Luca Scorziello alle percussioni nel brano Piove Saudade. Ma Anima non è un disco brasileiro come potrebbe trarre in inganno il titolo del brano o lasciare intuire la carriera dell’autore, appassionato amante della bossa nova. Anima condensa e sintetizza tutte le anime musicali di un musicista d’estrema eleganza, raffinatezza e sincerità: la ricerca della melodia, il vintage, la canzone d’autore, Umberto Bindi, il pop, il Brasile, avvolti e abbracciati dal jazz. 

«Il Brasile si sente, soprattutto in un brano (La felicità è una cosa seria), per il resto ho cercato di navigare seguendo il sound dei musicisti con cui stavo suonando», tiene a sottolineare. «La musica brasiliana più alta, che io frequento da molto tempo, è parente del jazz, da João Gilberto a Tom Jobim le armonie sono quelle jazz: è una sola famiglia. In questo album la melodia italiana, che fa parte del mio dna, viene coniugata con questa miscellanea di stili: jazz, bossa nova, bolero e vintage. Io amo il vintage, che non significa vecchio, anzi evergreen». 

La nota melanconica, la saudade, è sempre ben presente, così come i colori pastello, assieme a quell’assoluta eleganza nella composizione che si regge su un pianoforte e la sua voce che, quasi sussurrando, entra in punta di piedi e racconta di storie di vita, di sentimenti semplici ma essenziali. La musica di Tony Canto è caratterizzata da un grande senso della melodia e da testi delicati, che trasmettono emozioni senza mai cedere al sentimentalismo facile. Il messinese è un maestro nel raccontare l’intimità dei sentimenti umani: l’amore, la solitudine, la malinconia, ma anche la speranza. 

«La malinconia mi fa stare bene, mi rende felice. Le canzoni allegre mi mettono una grande tristezza. Non è un album triste, malinconico sì. C’è un brano, La felicità è una cosa seria, che è una forma di meditazione: penso che la felicità non vada affrontata superficialmente, ma è una decisione che va presa seriamente, passando anche attraverso la malinconia. La malinconia trascende in felicità, mentre l’allegria tout court non è felicità è come un fuoco di paglia».

Anima sono otto canzoni quasi sussurrate, mai urlate, sempre e comunque gentili, in cui Tony Canto si scopre crooner. La grazia, la estrema qualità nell’arrangiamento dei pezzi e i suoi modi unici nell’interpretare le canzoni fanno dell’artista siciliano una anomalia, in senso positivo, nell’attuale scenario musicale nazionale dove prevalgono omologazione e volgarità. 

«Sai con l’età si cambia un poco», riflette lui. «Non ho più bisogno di urlare quello che dico, di cantarlo di petto, ma di sussurrarlo. Un po’ alla João Gilberto. Sono stato venti giorni fa in Brasile, dove ho registrato un altro album che uscirà nel 2025, omaggio a Domenico Modugno e Tom Jobim, che sono morti entrambi nel 1994 ed entrambi hanno scritto due canzoni fra le più suonate nel mondo, Volare e La ragazza di Ipanema, e una casa di produzione brasiliana mi ha voluto per duettare con un grande artista brasiliano, Celso Fonseca. E lì, in Brasile, ancor di più si sussurra la musica, non si urla. Mi trovo molto bene a raccontare così i testi».

In Brasile il messinese è molto popolare, più che nel suo Paese, sebbene in Italia sia stato produttore e autore per artisti come Mannarino, Nina Zilli, Raphael Gualazzi, Patrizia Laquidara, Giovanni Allevi, Bungaro, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. Senza dimenticare il lungo sodalizio con Mario Venuti. E poi musiche per film e anche un libro (Il sognatore seriale). Una lunga carriera, nel corso della quale Tony Canto ha mantenuto sempre un basso profilo, lavorando dietro le quinte, mettendosi al servizio degli altri. 

«È vero, mi conoscono abbastanza in Brasile, forse più che in Italia», sorride. «Come artista italiano d’imprinting brasiliano mi conoscono bene. Una volta sono rimasto meravigliato mentre camminavo per le vie di San Paolo: nella vetrina di un negozio di elettrodomestici mi sono visto in televisione. Io mi definisco “brasiciliano”. Sono profondamente siciliano e italiano nelle melodie, ma le armonie ed i ritmi sono abbastanza brasiliani. Avendo lavorato spesso come produttore e arrangiatore, sono rimasto all’ombra dei riflettori», aggiunge. «Fare il produttore mi ha consentito di difendere la mia libertà. Come musicista faccio quello che mi piace, libero da costrizioni. Non anelo al successo».

Tant’è che ha scelto di vivere lontano dai centri nevralgici dell’industria musicale, dal mondo del business, per guardare ogni giorno il mare Tirreno davanti alla sua casa a Spadafora, paesino tirrenico del Messinese, e la sua isola del cuore, la dirimpettaia Stromboli, alla quale ha dedicato il brano con cui, da solo alla chitarra, chiude l’album cantando in dialetto.

«Le terre nelle quali mi sento davvero a casa sono Stromboli e Rio de Janeiro. E quindi ho voluto dedicare una ninna nanna a questa meravigliosa isola che ogni anno mi accoglie e mi emoziona fortemente. Ho voluto mettere un brano in siciliano, come faccio in ogni mio album: è una sorta di amuleto».

Con l’amico Mario Venuti ha poi condiviso Pippo “Kaballà” Rinaldi per affidargli la scrittura di un elogio dell’imperfezione, uno dei brani più poetici e intensi di Anima. «Viviamo in un’epoca in cui l’imperfezione non è ammessa, tutto deve essere perfetto, tutto deve essere editato, sistemato, intonato, per cui l’orecchio si è abituato a uno standard omologato», commenta Tony Canto. «La perfezione per me è sinonimo di ghiaccio. Invece, la vecchia e cara Imperfezione, come recita il testo di Kaballà, è il caos, è la nascita della vita. Nell’imperfezione abita il seme del flusso vitale. E, quindi, ho voluto registrare un album imperfetto che per me è perfetto».

Dopo Anima e l’album dedicato a Modugno e Jobim, Tony Canto continua anche nella sua attività di produttore artistico: «Sto seguendo due progetti paralleli e ho collaborato con Simone Cristicchi, al quale ho fatto le musiche di Franciscus, lo spettacolo teatrale che porta in giro su San Francesco». Ma prima viene la promozione del nuovo disco con l’Anima Live Tour in partenza in marzo. E il debutto non poteva non avvenire dove tutto è cominciato, ovvero al Monk Jazz Club di Catania, dove incontrerà i musicisti con i quali ha registrato il disco: «Ci saranno tutti», assicura. Accadrà i prossimi 7 e 8 marzo, mentre il 15 marzo sarà di scena al Teatro Trefiletti di Milazzo.

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