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TIMOTHÉE CHALAMET: un dono essere stato Bob Dylan

 – L’attore ed il cast di “A Complete Unknown” a Roma per presentare il film che sarà nelle sale italiane dal 23 gennaio. «Ora mi aspetto l’endorsement di Totti», scherza il divo di Hollywood
– «La lezione ai giovani? Al di là di lezioni politiche e sociali credo che debbano imparare a non rinunciare, ad autocrearsi proprio come ha fatto Dylan, inventarsi»

L’endorsement più importante è quello che ha avuto dallo stesso Bob Dylan: «Timmy è un attore brillante, quindi sono certo che sarà perfettamente credibile a interpretare me». Poi c’è stato quello, sempre illustre, di Neil Young. E ora? Timothée Chalamet la butta sul ridere: «Quale endorsement aspetto adesso? Di sicuro quello di Francesco Totti. Dove diavolo è? Spero che veda il film», sorride sotto i baffetti da lord il divo Chalamet.

Il riferimento è appropriato: siamo a Roma, patria del Pupone, dove il teen idol è sbarcato per presentare A Complete Unknown, il film che sarà nelle sale italiane dal 23 gennaio e che racconta l’arrivo del giovane Dylan a New York e la sua ascesa. Da oggi, venerdì 17 gennaio, nel frattempo, è in radio il singolo Like a Rolling Stone, celebre brano di Bob Dylan e interpretato da Timothée Chalamet, ed estratto dalla colonna sonora che uscirà in versione vinile il 24 gennaio ed in cd il 28 febbraio, ma giù sulle piattaforme streaming è possibile ascoltare l’Impressionante la somiglianza della voce di Chalamet con quella di Dylan.

Timothée Chalamet a Roma

«Essere Bob Dylan è stato un dono, un grande insegnamento per me come attore e come essere umano», ammette Timmy come lo chiamano i fan. «L’ho studiato per più di cinque anni. La mia routine quotidiana prima delle riprese dipendeva dalla scena che dovevo girare. Ricordo di aver impiegato moltissime ore della mia vita alle lezioni di canto e di chitarra. È difficile rivedere in me qualcosa del giovane Bob Dylan, io spero che ci sia perché è un artista straordinario. Io sono triste e un po’ folle come Dylan».

James Mangold, regista del film nominato agli Academy Award, sottolinea: «Per me c’era un solo modo per realizzare questo film, avere attori che fossero profondamente talentuosi da poter incarnare le personalità di certi artisti. E per fare questo, dovevano essere in grado di cantare le canzoni… Non volevamo sostituire la potenza, la bellezza e la meraviglia di quello che già esiste, ma piuttosto celebrarla. Siccome viviamo in un periodo di anestesia aziendale nostro obiettivo era quello di non anestetizzare il pubblico». 

Accanto a Chalamet, l’attrice statunitense Monica Barbaro nel ruolo di Joan Baez, celebre cantautrice e attivista, nonché figura chiave nella vita di Dylan. Elle Fanning interpreta Sylvie Russo, aggiungendo profondità alla narrazione con un personaggio che riflette importanti dinamiche personali. Edward Norton dà vita a Pete Seeger, icona del folk e sostenitore delle cause sociali, mentre Boyd Holbrook veste i panni di Johnny Cash, un’altra figura simbolo della musica americana.

Timothée Chalamet nel ruolo di Bob Dylan nel film “A Complete Unknown”
  • A Complete Unknown è un film che parla di un giovane ragazzo che parla di grandi ideali. Sei tu stesso molto giovane. Pensa che questo personaggio possa ispirare la sua generazione?

«Sinceramente non lo so», risponde Chalamet. «Bob Dylan ha sicuramente un grande impatto culturale anche oggi, a decenni di distanza di quando interpretò per la prima volta le sue canzoni: questo a testamento dell’importanza delle sue composizioni. Eppure, non posso che chiedermi, considerando il cinismo della nostra epoca, come verrebbe accolto un cantautore, un’artista che si presentasse sulla scena con un messaggio politico così esplicito. Magari qualcuno lo fa, ma credo che da parte di molti verrebbe accolto in maniera respingente, con scetticismo. Al di là di lezioni politiche e sociali credo che debbano imparare a non rinunciare, ad autocrearsi proprio come ha fatto Dylan, inventarsi, non farsi limitare da chi si è o si è stato: trovare il proprio spirito creativo, il proprio nome e la propria arte. Dylan aveva tante storie da raccontare, ha cambiato vari nomi».

  • Bob Dylan ha seguito le riprese del film?

«Dylan ci ha aiutato lo stretto necessario, ma non ha mai voluto vedere il risultato finale del nostro lavoro e io rispetto questa sua scelta», replica il regista James Mangold. «Non è che non parlando con i giornalisti dei propri progetti uno voglia necessariamente tenerli segreti, è che quando si parla d’arte spesso si parla di processi che hanno del magico, che si rovinano facilmente. Mantenere la propria stella polare artistica può diventare difficile quando alle volte anche una singola domanda ben intenzionata di un giornalista ti rimane bloccata in quello che c’è tra le due orecchie. Quando fai il film successivo, quando fai il tour promozionale l’anno dopo, continui a pensare a quella singola domanda. Mantenere la mente pulita e funzionante a fronte di questo possibile…inquinamento è davvero una sfida. Forse Bob l’aveva capito prima di tutti gli altri. Io credo che viviamo in un periodo di anestesia e la musica, i film… tutto viene creato per far passare il tempo, senza disturbarci, incontrando esattamente le nostre aspettative. All’epoca il pubblico voleva essere sorpreso, oggi il pubblico ti chiede di anestetizzarlo. Oggi è difficile realizzare qualcosa che piaccia al pubblico sfidandolo, senza anestetizzarlo».

A differenza di molti biopic, che scadono nel “santino”, A complete unknown restituisce tutta la ruvida umanità di Bob Dylan: «Nel film, a un certo punto il protagonista dice: “Le persone dimenticano il passato e ricordano solo quello che vogliono”», continua il regista. «Ho aggiunto io stesso questa battuta perché vale anche per Dylan: lo raccontiamo come un grande cantastorie, idealizzandolo. Con il mio lavoro ho voluto mettere in discussione questa tesi».

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