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Tanti amici sul furgone degli Uzeda

Sabato sera il concerto al Centro Zo a sostegno del progetto per realizzare un documentario sulla storica band catanese. Tanti gli ospiti sul palco e moltissimi, soprattutto giovani, in platea

“Sold out” è un’avvertenza che spesso gli Uzeda vedevano appiccicata sulle locandine che annunciavano i loro concerti. Sia in Italia, sia all’estero. E “tutto esaurito” era sabato scorso al Centro Zo di Catania per l’evento live Come out for Uzeda, organizzato da Zo in sinergia con l’Associazione Musicale Etnea per sostenere la campagna di crowdfunding per la chiusura di Uzeda, Do it yourself documentario della regista catanese Maria Arena sulla rock band catanese.

Erano in tanti. Molti reduci della “Catania raggiante” con le teste ingrigite o imbiancate (eccezion fatta per Nico Libra, “enciclopedia rock umana”). Tantissimi i giovani attratti da quel nome che è diventato simbolo di libertà e creatività. Un concetto ribadito da tutti gli ospiti che si sono avvicendati sul palco. «Gli Uzeda ci hanno insegnato a stare sul palco per essere, non per apparire», dicono The Cockroaches, che hanno aperto la serata duellando di chitarre fra citazioni di Pasolini.

Da sinistra: Agostino Tilotta, Giovanna Cacciola, Davide Oliveri e Raffaele Gulisano, ovvero gli Uzeda

Libertà d’espressione, dalle imposizioni del mercato, dalle briglie delle case discografiche. Indipendenti, non “indie”, badate bene. Una scheggia impazzita del sistema che dalla periferia dell’Impero rock è riuscita ad arrivare sino all’America. Questi sono gli Uzeda, anno di nascita 1987. Lo stesso dei Lautari, presenza folk in un consesso di sonorità rock e noise. Poi scopri che Agostino Tilotta, una delle anime degli Uzeda, ha fatto da “driver” al gruppo di Anima antica in un tour. Gionni Allegra, Puccio Castrogiovanni e Marco Corbino commuovono con le storie di emigrati d’un tempo e di immigrati di oggi, e divertono con Fora tempu.

I divertenti e coloratissimi Stash Raiders: da sinistra, Davide Iannitti (chitarra e voce), Davide Toscano (basso e cori), il batterista Danilo Rosa e Sacha Tilotta

Clustersun vengono indicati da qualcuno come “gli Uzeda del futuro”, ma ne hanno ancora di strada e di furgoni da consumare, soprattutto il cantante e il batterista. Più colorati e ironici gli Stash Raiders, via di mezzo fra Beach Boys e le follie del primo Frank Zappa. Sacha Tilotta, figlio d’arte di papà Agostino e Giovanna Cacciola, coppia Uzeda, è il capitano Kirk della navicella sulla quale la band naviga nell’iperspazio. Voce e Farfisa, comanda una ciurma composta da bravi musicisti: Davide Iannitti (chitarra e voce), Davide Toscano (basso e cori) e il batterista Danilo Rosa che a Franz Zappa assomiglia anche fisicamente. Nella musica della band s’incontrano psichedelia, funk, progressive, vintage, retrò, sottofondi da videogame, sigle o colonne sonore di b-movie e serie tv. «Viaggiamo tra i tempi e lo spazio, e il furgoncino che usiamo per i tour è la nostra navicella, una sorta di Tardis, la macchina del tempo della serie tv Doctor Who. E chi meglio di Zappa rispecchia questo percorso musicale».

Il furgone è il leit-motiv che si ripete negli aneddoti che gli ospiti raccontano nel loro rapporto con gli Uzeda. Anche Raffaele Gulisano e Davide Oliveri, presenze “non suonanti” degli Uzeda (l’altra metà, la coppia Tilotta-Cacciola era in viaggio per Torino per irrinunciabili impegni), si sono soffermati sulle disavventure in viaggio con i loro mezzi di trasporto. Quei furgoni per loro erano tutto: la tana, la sala riunioni, il laboratorio prove e naturalmente il mezzo per portare la musica fuori, non importava dove ma lontano, in un’altra città, in un altro Stato. «Se c’è un modo di rendere attuale On The Road di Jack Kerouac e tutta quella filosofia del viaggio», ha detto una volta Michael Stipe dei R. E. M., «beh, formare una banda rock e andare in giro a far concerti è la cosa che vi si avvicina di più».

Roy Paci sorprende e stupisce con una originale performance nella quale coinvolge il cantautore palermitano Angelo Sicurella. Mettono di canto i “cazzi loro” e rileggono un pezzo degli Uzeda con elettronica, computer, tromba e flicorno attraversando techno, avanguardia, noise e delirio. Infine, Colapesce, l’ideatore dell’iniziativa di crowdfunding durante una chiacchierata con la regista Maria Arena. Chitarra e basi, riprende le canzoni del suo periodo solista e quando comincia a sentire l’assenza di un compagno di viaggio chiama sul palco l’amico Roy Paci per una rimpatriata sulle note di La distruzione di un amore.

A fine serata si fanno i conti. Si è raccolto oltre un terzo della cifra necessaria per portare a termine il progetto del documentario Uzeda, Do it yourself. C’è fiducia per poter chiudere entro giugno. Nel frattempo, la raccolta fondi continua online, questo il link per partecipare: https://sostieni.link/33109 .

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