– La cantante premiata al Tenco per il suo album “Hasta siempre Mercedes” domenica 24 ospite del Premio Padre Puglisi a Palermo, dove tornerà in marzo per il Brass Group. Dal jazz alla world: «Mi sono innamorata di questa donna che ha dato un senso completamente nuovo al mio cantare»
– «In Italia negli ultimi anni si è andati molto molto molto dietro al business, ai numeri». «I miei interlocutori sono sempre uomini e spesso quello che scrive una donna non viene compreso allo stesso modo da un uomo». «A Sanremo? Se avessi un brano che mi identifica»
Di Napoli, dove è nata, si porta la teatralità, la drammaticità e la passionalità. Dell’Aquila, dove è cresciuta, la tenacia e la disciplina. «Sono due città opposte, entrambe queste parti di me, che combattono fra loro trovano una quadra nella mia musica». È l’autoritratto di Simona Molinari, una delle più belle voci italiane. Domenica 24 novembre sarà fra gli ospiti della XIX edizione del Premio Internazionale Padre Pino Puglisi che si svolgerà dalle ore 21:00 al Politeama Garibaldi di Palermo.
Accompagnata dalla Brass Youth Jazz Orchestra diretta da Domenico Riina, Simona Molinari presenterà tre brani fra cui Nu Fil’e voce, tratto dall’album Hasta siempre Mercedes, vincitore quest’anno di una Targa Tenco, «che dice che si può fare una rivoluzione gentile, civile» e un brano in inglese di Ennio Morricone che, «sia nella musica sia nel testo, immagina un mondo in cui ognuno possa mettere dentro la propria unicità e lavorare uno accanto all’altro per creare bellezza. Mi sembrano due brani adatti a un contesto come quello del Premio Puglisi».
Lei è una ospite abituale di Palermo e, in particolare, del Brass Group. Tant’è che tornerà in marzo per tre serate in compagnia della Brass Orchestra. Forse perché la riporta alle sue origini, che sono nel jazz?
«Esatto. Ho spesso fatto musica che aveva arrangiamenti per big band, mi sono rifatta molto alle big band americane, soprattutto nella mia prima produzione, e quindi da tanti anni lavoro e collaboro con il Brass. È un grande orgoglio per me».
Con Hasta siempre Mercedes ha adesso intrapreso un’altra strada, quella della world music, che spesso continua a incrociarsi con il jazz.
«Amo le contaminazioni, cerco sempre un suono che sia fuori dai generi, che sia ricollegabile a tutto ciò che mi piace. Tutta la mia musica è piena di contaminazioni, è poco catalogabile in un genere preciso. Cerco anche di mischiare gli strumenti moderni tecnologici con la musica suonata, cerco di tenere le cose belle del passato per poi aggiungere quelle buone che arrivano dal futuro»
C’è un nesso fra il disco Hasta siempre Mercedes e lo spettacolo El pelusa y la negra?
«Sì, dallo spettacolo è nato il disco. Inizialmente mi era stato proposto questo lavoro su Diego Armando Maradona per raccontare l’asso della pelota nella sua umanità e fragilità. Io ho chiesto a Cosimo Damiano Damato, l’autore della piece, di aggiungere una parte per raccontare anche la storia di una grande donna, di Mercedes. È uno spettacolo che vede l’avvicendarsi di monologhi tra Mercedes e Maradona, due argentini, due icone, due persone fragili ma al tempo stesso forti, fortissime, che hanno rappresentato e messo nel loro talento la voce di un popolo con il loro sentimento di rivalsa. Mercedes era attivista dei diritti umani e cantava di pace, di libertà interiore, di lotta, del disincanto e di ritorno all’umanità: per questi temi fu arrestata e fu costretta all’esilio. Studiando la sua vita e ascoltando le sue canzoni, i suoi testi e le sue musiche, mi sono completamente innamorata di questa donna che ha dato un senso completamente nuovo al mio cantare. Così ho deciso di fermare questa esperienza in un disco»
Come si inserisce il singolo appena uscito di Amore a prima vista, un duetto del 2010 con Ornella Vanoni, con la quale aveva cantato insieme anche l’anno prima al suo debutto a Sanremo con Egocentrica?
«A suo tempo chiesi a Ornella di cantare questo mio brano e lei mi disse di sì. Mi fece un regalo enorme. Quindici anni fa non c’era ancora Spotify, non c’era il digitale, quindi oggi è un brano introvabile. Alcuni di questi pezzi dei miei primi dischi li propongo nel mio concerto, che è una specie di racconto a capitoli. Accade così che alcuni di questi non sono da nessuna parte, non esistono più. Ho quindi deciso di riprenderli, di registrarli di nuovo e di metterli online, affinché possano esserci tutti. E queste canzoni sono i piccoli capitoli che riguardano i tempi densi della vita. Amora a prima vista appartiene a uno dei primi, quello dell’infatuazione, poi ci sono il tempo dei sogni, il tempo dell’innamoramento, del disincanto, dei tradimenti, degli addii. E presto se ne aggiungeranno altri».
In questi capitoli il Festival di Sanremo ha avuto un ruolo importante. Lei debuttò nel 2009, tornò nel 2023, non riuscì a entrare nell’edizione del 2022, e per due volte ha calcato il palco dell’Ariston come ospite.
«È l’unica vetrina rimasta per canzoni inedite e per cantautori e per chi non segue la linea dei talent. È l’unica vera vetrina della musica italiana. È stato sempre importante ogni passaggio. Io sono arrivata al mio primo Sanremo con un concorso, non avevo nessuno alle mie spalle. Ogni volta che sono riuscita a partecipare a Sanremo è stato un percorso che ho fatto venendo dal basso. Dico grazie alla vita perché è stata una grande possibilità… Questo mestiere è fatto di talento e impegno sicuramente, ma anche di fortuna. Mi reputo una privilegiata».
Ci tornerebbe?
«Sicuramente, se avessi un brano che mi identifica».
Lei è considerata una delle più belle voci italiane. Quest’anno a New York ha ricevuto il prestigioso Callas Tribute Prize, la sua “non catalogabilità” ha inciso sulla sua carriera?
«Probabilmente sì… Però per me il successo non è quello del numero, ma è mantenere l’entusiasmo per le cose che faccio fino a quando ci sarò. Non posso modificare le mie scelte artistiche, altrimenti mi snaturerei e non mi piacerebbe più fare questo mestiere come succede a tanti miei colleghi che a un certo punto mollano. Io non mollo perché quello che faccio continua a piacermi e finché piace a qualcuno mi permette di vivere e di continuare a farlo».
In una intervista lei avverte di essere più apprezzata all’estero.
«La musica all’estero non ha bisogno di essere così catalogata. La gente va moltissimo ai concerti e va a sentire per la curiosità di ascoltare musica. C’è un maggiore rispetto per la musica anche a livello discografico, mentre forse in Italia negli ultimi anni si è andati molto molto molto dietro al business, ai numeri, che sono creati in altro modo e non con l’arte, per cui si è tolta tanta bellezza alla musica».
Nel suo percorso ha incontrato difficoltà per il fatto di essere una donna?
«Uscire come cantautrice è stato molto difficile. Le cantanti in Italia sono intese sempre come interpreti. Un brano di una cantautrice deve passare al vaglio di almeno cinque uomini prima di arrivare sul palco. Se fossi dovuta passare attraverso l’iter discografico, quello che io scrivo avrebbe dovuto piacere primo al mio manager, poi al produttore, poi al discografico, a chi lo distribuisce e, infine, a chi lo mette in radio: tutti uomini. Non è facile che quello che scrive una donna venga compreso allo stesso modo da un uomo, dipende dalla sensibilità delle persone, magari un uomo legge nello stesso testo cose completamente diverse. Io ho avuto sempre interlocutori uomini, forse oggi cominciano a cambiare le cose e quindi vedo molte mie colleghe che riescono a uscire».
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. È ancora lunga la strada verso la parità?
«Sì, c’è ancora molta strada verso la parità. Rispetto ad altri Paesi siamo avanti, moltissime cose sono state raggiunte, però c’è una sorta di cultura del patriarcato che aleggia nell’aria. È inevitabile, lo dice il fatto che nel mio ambito mi devo sempre confrontare con un uomo. È rarissimo trovare una donna in un posto di potere. Questo fa sì che la donna debba sempre adattarsi o trovare un compromesso per farsi comprendere o per raggiungere dei risultati».
Intanto continua il tour di Simona Molinari. Queste le prossime date: 24 novembre 2024, Palermo – Premio Puglisi, Teatro Politeama Garibaldi; 12 dicembre 2024, Napoli – Teatro Acacia; 22 gennaio 2025, Roma – Auditorium Parco della Musica ( Sala Petrassi); 30 gennaio 2025, Castellaneta (TA) – Teatro Pubblico Pugliese (con Orchestra della Magna Grecia); 31 gennaio 2025, Fasano (BR) – Teatro Kennedy (con Orchestra della Magna Grecia); 7 marzo 2025 (ore 19 e ore 21.30), Palermo – Real Teatro Santa Cecilia (con Orchestra Jazz Siciliana); 8 marzo 2025 (ore 19.00 e ore 21.30), Palermo – Real Teatro Santa Cecilia (con Orchestra Jazz Siciliana); 9 marzo 2025 (ore 18.00 e ore 20.30), Palermo – Real Teatro Santa Cecilia (con Orchestra Jazz Siciliana); 18 marzo 2025, Ferrara – Teatro Comunale (spettacolo con Cosimo Damiano Damato); 11 aprile 2025, Bari – Teatro Forma.