Interviste

Sicily’s Got Talent: LUCA DI STEFANO

– Esce oggi “19”, il sorprendente album di debutto del musicista etneo per Musica Lavica: un sound internazionale, una voce potente, calda e profonda fra soul, nu-folk e indie pop
– «Scrivo quando sono triste, nelle canzoni metto le parole che non riesco a dire in voce». Nei brani le emozioni, sentimenti e storie di vita di un ragazzo della generazione Z
– All’esordio discografico è arrivato dopo aver conquistato il pubblico di “All Together Now”, mandato in visibilio giudici e platea di “America’s Got Talent” e milioni di visualizzazioni su YouTube

Il suo sogno a 6 anni era quello di diventare un ballerino classico. Le battutine allusive e il bullismo dei suoi compagni di classe lo costrinsero ad allontanarsi da quel mondo. «Dalla danza, ma non dalla musica», sottolinea Luca Di Stefano, uno dei tanti talenti scovati e valorizzati da Denis Marino e dalla sua Musica Lavica Records.

Dopo quell’abbandono forzato, Luca cominciò a cercare se stesso nel mondo delle note. Prima strimpellando al piano della zia, poi alla chitarra nella sua cameretta e con il bombardino nella banda del paese, frequentando la quale si innamorò del sassofono. Che studiò per quattro anni in una accademia privata di musica, prima di scoprire quale era il suo strumento più congeniale: la voce. «Nella stessa accademia si era formato un coro gospel, ed io sono stato coinvolto. E fu lì che Andrea Azzurra, che era l’insegnante di canto, mi convinse a seguire questa strada». 

Ed è sempre Andrea Azzurra, reduce da “The Voice of Italy”, ad aprire la strada dei talent a Luca, cedendogli il passo quand’era stata chiamata al debutto nel 2019 di “All Together Now” il game show di Canale 5 con Michelle Hunziker. «Di nascosto, Andrea mandò tre video di suoi alunni, uno dei quali ero io», racconta Di Stefano. Che, non solo viene scelto, ma alla sua prima apparizione fa impazzire il pubblico, riuscendo perfino a far commuovere J-Ax. Alla fine, si piazza terzo e gli si apre un mondo scintillante, fatto di collaborazioni con il rapper milanese, Annalisa ed il brand Dolce&Gabbana

Nel frattempo, il video di “All Together Now”, nel quale Luca canta Just the way you are, era diventato virale su YouTube, fino a colpire l’attenzione dei produttori di “America’s Got Talent”. «Prima mi contattarono tramite Facebook, ma credetti che fosse uno scherzo, poi mi arrivò una mail ufficiale». Risolte tutte le pratiche burocratiche, il giovane catanese sale sull’aereo per andare in America a calcare il palco del talent show più famoso e più seguito al mondo: canta Let’s get it on di Marvin Gaye e manda in visibilio tutti, giudici (Howie Mandel, Simon Cowell, Heidi Klum, Sofia Vergara), pubblico presente in teatro e, dopo la messa in onda nell’aprile del 2020, anche tantissima gente da ogni parte del mondo, raggiungendo milioni di visualizzazioni su YouTube in pochissimo tempo. 

Il sogno s’infrange con la pandemia, che rende più difficile gli spostamenti e più complicato ottenere il visto per entrare negli USA. In Italia, intanto, c’era già nell’aria il progetto di realizzare un album. «Lui è stato uno dei primi artisti a far parte del roster di Musica Lavica», interviene Denis Marino. «Però, sempre in pieno accordo con Luca, abbiamo sempre pensato di non buttarlo in pasto al pubblico, cavalcando magari l’onda della popolarità televisiva. Abbiamo preferito creare un percorso suo, nel quale lui diventasse autore dei brani, mentre in quel periodo presentava soltanto cover».

Luca Di Stefano torna a scuola, si iscrive al conservatorio di Milano per studiare canto jazz, mentre in Calabria è ormai all’ultimo anno del biennio di canto pop. E, soprattutto, comincia a scrivere i testi e le musiche delle sue canzoni. E come la farina che deve lentamente lievitare prima di trasformarsi in un fragrante pane, così si sviluppa il progetto discografico che finalmente viene sfornato oggi, venerdì 24 gennaio, con il contributo di NuovoIMAIE. S’intitola 19 e contiene dieci inediti e due cover, che sono le canzoni che lo hanno fatto conoscere nel mondo: Let’s get it on e Just the way you are di Billy Joel.

  • Perché un numero come titolo, perché “19”?

«Intanto, è la mia data di nascita, il 19 aprile. E il 19 è come fosse un numero mistico, esoterico, che io ritrovo ovunque quando sono alla ricerca di una certezza. Su internet ho cercato il significato mistico del 19 ed ho scoperto che è un numero che ti indica un fine percorso. È chiudere una parentesi, bella o brutta che sia, per cominciarne un’altra. È come se mi stesse indicando la strada. Per questo ho voluto cominciare il mio progetto con il numero 19».

  • Un numero fortunato, come le due cover da brividi che chiudono il disco.

«Sono state le mie compagne di viaggio, metterle nel disco è un modo per ringraziarle, adesso è arrivato il momento di staccarmi da voi, augurandomi che anche i miei brani facciano la loro stessa, lunga, strada».

  • In effetti, l’album ha un suono internazionale e sembra destinato a un pubblico d’oltr’Alpe anche nell’uso della lingua inglese, soltanto due i pezzi in italiano. 

«Da un punto di vista stilistico e musicale perché io sono appassionato della musica americana e poi per i miei obiettivi. Il primo intento è quello di parlare a persone alle quali non ho mai dato una risposta. Molti brani sembrano dedicati a una persona specifica, ma l’altro proposito è quello di far parlare le mie emozioni, i miei sentimenti che, forse per miei limiti caratteriali, ho tenuto dentro di me. Ricorro all’inglese perché spero che molte persone si possano ritrovare nei messaggi che ci sono in questo lavoro».

  • Nelle canzoni si parla di disillusioni e delusioni: relazioni finite o tossiche, false amicizie, difficoltà nelle comunicazioni, superficialità nei rapporti. Tematiche comuni fra i ragazzi della generazione Z.

«C’era Luigi Tenco che diceva una cosa bellissima: lui quando era felice usciva, quando era triste scriveva le canzoni. Non voglio paragonarmi mai a Tenco, ma un po’ è quello che è successo a me. Scrivo spesso i brani quando ho qualcosa da dire, ma che ho paura a esprimere a parole. Per esempio, nel caso del nuovo singolo, How Stupid I Am, il testo è nato quest’estate quando alcuni amici mi hanno girato le spalle: nella chitarra ho trovato un rifugio per poter esprimere quelle parole che non riuscivo a dire a quelle persone per paura di ferirle o di sbagliare».

Storie personali, sentimenti, sensazioni, emozioni che rendono vero e genuino l’album. E che si trasformano in avvolgenti ballate scaldate dalla voce profonda di Luca Di Stefano. Come nella stupenda How Stupid I Am, che evoca le atmosfere nu-folk alla Mumford & Sons, o la struggente e intensa Once again, per sottolineare una storia d’amore d’altri tempi, quella dei suoi nonni, oppure nelle “italiane” Riserva Ricordi vivi, indie pop che non avrebbe sfigurato a Sanremo, e nel senso di tristezza che esprime la pianistica Not in My Arms.

Non c’è soltanto il blu della malinconia fra i colori di 19. Il rosso della rabbia esplode nella potente Undone, il primo singolo uscito, un nu-soul molto dinamico introdotto da un piano che poi detta il ritmo. O l’arcobaleno dell’allegra Last Call, un piccolo gioiello pop che racconta l’ultima chiamata alla persona amata, della quale si sente anche la registrazione. E ancora il giallo scintillante di Breath In, un mix di r&b e swing che mette in luce le grandi potenzialità della voce di Luca Di Stefano: lampi di fiati e ritmo travolgente, quasi jungle. Da evidenziare gli arrangiamenti lussuriosi e raffinati, una produzione di alta qualità che oltre oceano non avrebbe alcuna difficoltà ad andare avanti. E chissà se il bambino al quale fu preclusa la danza classica non finisca per ballare sul mondo. 

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