– Il suo album d’esordio “Escaper” ha convinto pubblico e critica: un paesaggio sonoro che combina più universi musicali in un unico splendido insieme
– «È il tentativo di catturare quanto possa essere tumultuoso e anche quanto possa essere liberatorio attraversare emozioni come il dolore e la perdita»
Dopo il suo EP The King, uscito nel 2021, e diversi singoli usciti negli ultimi anni, Sarah Kinsley ha pubblicato il suo primo album, intitolato Escaper, conquistando pubblico e critica con la sua voce angelica e i suoi brani ammalianti.
Ventiquattrenne di origine cinese-americana, è nata a Mountain View, dove ha vissuto nei primi cinque mesi di vita, per poi crescere in una piccola città del Connecticut e trasferirsi a Singapore con la famiglia prima di rientrare negli USA e stabilirsi a New York. La cantautrice è cresciuta totalmente immersa nel mondo della musica classica e ha scoperto l’amore per la musica pop soltanto quando era adolescente. Entrambi gli stili musicali hanno continuato a influenzare la sua musica, che è audace, drammatica e variegata, ma con una deliziosa raffica di ritmi elettronici, melodie che ruzzolano e un’atmosfera spensierata.
Escaper è una collezione di brani indie pop all’interno della quale ritroviamo lo spirito synthpop degli anni Ottanta, riscontrabile sin dal primo brano Last Time We Never Meet Again, nel quale Sarah esplicita il suo desiderio di ritrovare la semplicità di ciò che ha provato in passato ed è pronta a tutto per riuscirci. Nelle dodici tracce, seguiamo Kinsley esplorare amicizie, amore romantico e platonico e la lenta disintegrazione delle relazioni.
Escaper è un album che evita di abbracciare un paesaggio sonoro appassionatamente e completamente. Sarah Kinsley esplora più mondi sonori, con synthpop e indie in primo piano, ma include anche viaggi nel jazz, nelle ballate e nel soul. «C’è un mondo al di fuori di te che aspetta che tu lo guardi», dice Kinsley. «Questo disco doveva essere grandioso e inarrestabile. Una discesa in caduta libera».
Escaper è un album eccezionale pieno di momenti che ti tolgono il fiato. Il primo singolo Last Time We Never Meet Again apre l’album con stile. A partire da un violino frenetico, archi più calmi e solo la voce di Kinsley, esplode presto in una canzone pop. È l’introduzione perfetta all’album e alla musica di Kinsley con la sua splendida fusione di strumenti classici con sensibilità pop. Kinsley descrive la canzone come un «addio celebrativo» in quanto porta un’amicizia a una conclusione finale. È un mix agrodolce di fermezza e malinconia.
Glint aumenta l’atmosfera synthpop con deliziosi sintetizzatori vorticosi e ritmi elettronici, con la traccia seguente, Sublime, con la voce flessibile di Kinsley che salta attraverso le ottave con facilità fra sintetizzatori e una potente batteria. Beautiful Things segna la metà dell’album e abbassa il ritmo. Una lussureggiante ballata pianoforte e voce, in cui Sarah brilla davvero: è un momento introspettivo e riflessivo tra le tracce ad alta energia. La canzone seguente Matter presenta di nuovo il suono del sintetizzatore, ma lo porta più nel regno indie, ricordando più l’elettronica post-punk, shoegaze dei primi anni Ottanta.
Knights è una canzone magicamente diversa, che inizia come una ballata di pianoforte inquietante, prima dell’ingresso degli strumenti a corda e di un ritmo di batteria sempre più discordante prima che irrompono in un pop allegro. Starling è una bellissima canzone jazz con testi che parlano di amicizie durature: «Staremo bene se siamo ancora qui a 45 anni / Se non sposi qualcuno, allora nemmeno io».
L’album termina con la title track Escaper, una traccia cinematografica drammatica, con grandi chitarre elettriche, grandi ritmi e un’appassionata performance vocale di Sarah Kinsley mentre canta di sentirsi perduta e di voler fuggire in un tempo e in un luogo in cui non ti sentivi così triste: «Ultimamente non c’è via d’uscita dalla mia testa / Sto sognando in giro dove non esiste un cosa come il rimpianto». Come la traccia di apertura, è una canzone che riassume perfettamente l’artista americana: un paesaggio sonoro che combina più universi musicali in un unico splendido insieme.
«Mi piace molto fare musica che non sembra mai solo una cosa», spiega. «È sempre tinto con un po’ di qualcos’altro. Mi appassiona il ruolo di produttore e musicista, tanto quanto quello di autore e interprete. Questo album è il tentativo di catturare quanto possa essere tumultuoso e anche quanto possa essere liberatorio attraversare emozioni come il dolore e la perdita. L’album per me parla molto di chi diventiamo dopo la perdita e dopo il dolore».