– Brunori Sas, Achille Lauro, Lucio Corsi, Giorgia e Simone Cristicchi nelle preferenze di tutte le giurie. Inseguono Fedez, Coma_Cose, Irama, Olly e Francesco Gabbani. Primo verdetto: nella categoria “Nuove proposte” trionfo assoluto di Settembre che raccoglie anche i premi della critica
– Marcia trionfale di Carlo Conti che continua nel record di ascolti, ma scoppia la polemica sulle giurie. Le gag di Katia Folesa, “sposa” di Simon Le Bon. Amarcord con i Duran Duran, “wild boys” ultrasessantenni, Iva Zanicchi, premio alla carriera, e Edoardo Bennato. Oggi la serata delle cover
La Rai gongola. Snocciola dati, accompagnati sempre dal segno “+”. Piuttosto che una emittente televisiva, sembra una finanziaria. Tutto si misura sui numeri. Mentre dopo il completamento delle votazioni da parte di tutte le giurie, sulla base di calcoli approssimativi, si delinea un gruppetto di fuggitivi che comprende Brunori Sas, Achille Lauro, Lucio Corsi, Giorgia e Simone Cristicchi, preferiti sia dalla giuria della Sala stampa come dal televoto e dalle radio. Inseguono Fedez, Coma_Cose, Irama, Olly e Francesco Gabbani sostenuti dal voto popolare e delle radio. Oggi la serata delle cover con una gara a sé.
Così le votazioni nelle tre serate:

Giovedì 13: Coma_Cose, Brunori Sas, Irama, Olly, Francesco Gabbani.
La polemica sul voto
A proposito di giurie e votazione, come ogni anno, il sistema per decidere il vincitore di Sanremo suscita sempre discussioni. E il televoto conta troppo, e gli addetti ai lavori contano poco, eh ma la giuria, eh ma il pubblico, eh ma i giornalisti. Anche quest’anno la dose di polemiche non poteva mancare. Soprattutto dopo che, durante la conferenza stampa, Carlo Conti ha alluso al fatto che lo scorso anno i giornalisti si siano in qualche modo accordati per far vincere Angelina Mango (arginando il volere del pubblico da casa che era massicciamente compatto su Geolier).
Non ha usato parole esplicite Conti, ma il senso della frase del conduttore evocava una combine che ha portato la figlia d’arte a trionfare. In conferenza, si stava discutendo del fatto che quest’anno gli “addetti ai lavori” hanno meno peso, nel risultato finale, visto che i giornalisti hanno votato soltanto nella prima sera valutando ogni cantante con un voto da 1 a 10 (e poi lo faranno un’altra volta in chiusura della finale) mentre il televoto (tre voti massimo a utenza) resta aperto per tutte e tre le serate (esclusa quelle delle cover, che sarà una gara a sé). E Conti, che difendeva il metodo di voto messo a punto per questa edizione, ha citato pregressi pasticci. «Mi sembra che gli anni scorsi qualcosa del genere sia successo», ha detto.

La stampa comincia a rumoreggiare. Il conduttore poco dopo si scusa: «Ho molto rispetto del vostro lavoro, mi sono espresso male», dice Conti. E spiega: «Sulle modalità di voto lo scorso anno ci fu un polverone. C’è sempre stato un polverone sulle votazioni. Abbiamo cercato di fare la cosa più equa e lineare possibile». La cosa più importante, ha proseguito Conti, «è stata togliere le cover dal voto finale, perché è un gioco a parte, e non va a influenzare la classifica finale».
Fatto sta che, anche quest’anno, il peso del pubblico a casa e quello dei giornalisti presenti a Sanremo faranno discutere. E probabilmente faranno sentire due anime diverse, anche se finora, fatta qualche eccezione, sembra delinearsi una confluenza nelle preferenze.
Resta aperta la possibilità di “drogare” il televoto da parte di influencer che mettono a disposizione i propri follower per sostenere qualche cantante in gara. «Ma su questo dovrà indagare la polizia postale», replica la Rai.
I Conti prima di tutto
«Non è Carlo Conti che batte Amadeus, ma è il Festival di Sanremo che è in piena salute. Io ho cercato di farlo nel mio modo e il pubblico ha apprezzato», si nasconde dietro il nuovo sovrano di Sanremo. I numeri sono dalla sua parte: in due serate gli ascolti medi raggiungono 11,8 milioni di spettatori medi, ovvero 1,3 milioni di spettatori in più sul 2024 e 1,2 milioni in più rispetto al 2023.
Un record sul quale l’effetto della cosiddetta “total audience”, ovvero il calcolo di tutti i device attraverso cui si guarda il Festival – dallo smartphone al tablet, dai computer alle console per il gaming -, ha una rilevanza minima. Basta l’audience tradizionale a far vincere a Carlo IV la sfida in maniera netta.

La gara dei big
Clara punta sulla sua bellezza conturbante, piuttosto che sulla canzone Febbre, molto lontana da quella del sabato sera. Poetico, ma troppo degregoriano Brunori Sas con L’albero delle noci. Per Sarah Toscano si sono mobilitati ben sette autori per un Amarcordstile Annalisa da dimenticare. Per Massimo Ranieri sono scesi in campo Tiziano Ferro e Nek, ma Tra le mani un cuore manca di un acuto. Fra Tarantino e Umiliani scorre Eco di Joan Thiele, musicalmente la canzone più interessante del Festival: vintage ed elegante.
È in ritardo di almeno trent’anni la street song La mia parola presentata dal producer e dj Shablo feat. i rapper Guè, Joshua, Tormento e un coro gospel. Sempre più diva e sempre più sanremese Noemi con Se t’innamori muori di Mahmood e Blanco. Look da camallo (scaricatore di porto) per Olly, che lamenta una Balorda nostalgia. Sembrano usciti invece da un disegno di Peynet i Coma_Cose, l’Al Bano e Romina Power 3.0 o i nuovi Ricchi e Poveri (fate voi): la loro Cuoricini diverte.
Passa senza lasciare un segno Non ti dimentico dei Modà. Torna coatto Tony Effe, esponendo il suo petto tatuato, per recitare Damme ‘na mano senza avere doti drammatiche né talento. È confusa nell’autotune Lentamente di Irama. Ruffiana e di una banalità disarmante Viva la vita di Francesco Gabbani. Gaia con il tormentone Chiamo io chiami tu cerca di inseririsi sulla scia di Annalisa.

Sospetti di presunti plagi
Come ogni edizione che si rispetti, anche Sanremo 2025 porta con sé accuse di plagio più o meno credibili sui brani in gara. Una fra queste è diventata piuttosto virale su TikTok e coinvolge la canzone La Cura per Me, portato al Teatro Ariston da Giorgia. Il ritornello sarebbe parecchio simile all’immortale La Sera dei Miracoli di Lucio Dalla.
Altre “assonanze” riguardano Balorda Nostalgia di Olly, che richiama Il Filo Rosso di Alfa. I Cuoricini della coppia Coma_Cose riporta ad un’altra grande coppia musicale del Festival, cioè Al Bano e Romina con la loro celebre Felicità, mentre Incoscienti giovani di Achille Lauro rimanda ad Antonello Venditti. Dimenticarsi alle 7 di Elodie farebbe riferimento a E penso a te di Lucio Battisti, evocata anche nell’inizio di Se t’innamori muori di Noemi. Mentre Rose Villain in Fuorilegge fa copia e incolla dalla sua Click Boom!.
Le co-conduttrici e gli ospiti

Ad affiancare Carlo Conti in qualità di co-conduttrici sono la bella ed elegante Miriam Leone (voto 7), l’impaurita e impercettibile Elettra Lamborghini (voto 4) e l’inarrestabile e ironica Katia Follesa (voto 8). «Siamo le co.co.co di Carlo Conti. Quest’anno ho detto sì, anche se dieci anni fa ti avevo detto “no”», rivela la siciliana Miriam Leone, da martedì 18 febbraio su Rai1 nelle vesti della giornalista toscana Oriana Fallaci. «Era il 2015 e stavo girando Non uccidere a Torino. Stavolta non potevo nuovamente rifiutare. Io con Carlo Conti ho vinto Miss Italia».

Katia Follesa fa il verso a Chiara Ferragni, azzardando un monologo, «una lettera a mia madre, a mia nonna», che Carlo IV blocca sul nascere. Finale in pigiama per le tre co-conduttrici.
È un po’ Sanremo piccoli fans: dopo l’amico di famiglia di Borghi e il bimbo con l’orecchio assoluto, tocca al ragazzino che sa tutto sulla storia del Festival, Samuele Parodi, 11 anni. Conti fa il Mike Bongiorno della situazione. E alla fine il siparietto risulta anche divertente. «Ho trovato chi mi sostituirà», scherza il direttore artistico offrendo al bambino l’occasione di presentare Massimo Ranieri.
Altro momento particolare la performance del Teatro Patologico che porta i temi della salute mentale e della disabilità sul palco dell’Ariston, bissando l’esibizione del compianto Ezio Bosso nel Sanremo 2016.
I Duran Duran di un imbolsito Simon Le Bon portano una ventata anni Ottanta con un medley dei loro brani più popolari, fra cui una cover di Psycho Killer dei Talking Heads, per la quale è stata convocata anche Victoria, la bassista dei Måneskin. Non è mancata la gag su Sposerò Simon Le Bon, con Katia Follesa in abito da sposa e bacino. Ex “wild Boys” ultrasessantenni.

Premio alla carriera a Iva Zanicchi, la donna che ha vinto più festival, ben tre. Più di lei solo Domenico Modugno e Claudio Villa, che si sono affermati in quattro edizioni. Si è aggiudicata la vittoria nel 1967, nel 1969 e nel 1974. La prima trionfò in coppia con Claudio Villa, la canzone era Non pensare a me e quella edizione è rimasta nella storia per il suicidio di Luigi Tenco il giorno prima della finale. La seconda volta era in coppia con Bobby Solo, il brano – diventato simbolo della sua carriera – era Zingara. La terza volta, nel 1974, fu la prima da solista con la canzone Ciao cara, come stai?, scritta tra gli altri da Cristiano Malgioglio. Canzoni che ripropone in un medley. Ma la voce non vola più in alto come quella dell’“aquila di Ligonchio”.
In questa atmosfera nostalgica anche l’apertura di serata con Edoardo Bennato con Sono solo canzonette. Un brano simbolo per questo Festival e titolo del docufilm che andrà in onda su Rai1 mercoledì 19 febbraio e che ripercorrerà la carriera del cantautore di Bagnoli.

Finale “Nuove proposte”
Nonostante i buoni propositi iniziale, finisce in coda la finale delle “Nuove proposte”. Che passano senza lasciare segno, come una pratica da sbrigare veloce per poi passare a cose più importanti. Vince il campano Settembre, discepolo di Aiello, con Vertebre, un grido di aiuto e di amore con il quale aveva già vinto la sfida su Spotify con quasi 8 milioni di stream contro il milione e mezzo per Rockstar del rivale Eric Wise. A Settembre anche i premi della critica della Sala stampa e delle radio.
Chissà se qualcuno domani ricorderà Settembre, Andrea di nome. Forse il metodo Amadeus, della promozione fra i big, offriva maggiori opportunità di valorizzare i giovani. Andrea Settembre, insisterà comunque: «Cantare è la mia vita, non ho un piano B».