– Il compositore e produttore scomparso ieri contribuì a rinnovare lo stile di Frank Sinatra in più fasi
– Nel 1966 il “live” con Count Basie al Sands di Las Vegas e quasi vent’anni dopo il disco dedicato a Los Angeles
La musica, nel suo intricato arazzo di stili e generi, è spesso il risultato di incontri eccezionali tra artisti che, ciascuno con il proprio bagaglio di esperienze e talenti, si uniscono per creare qualcosa di unico. Tra le collaborazioni più memorabili del XX secolo si trova quella tra Quincy Jones e Frank Sinatra, due figure che hanno segnato indelebilmente la storia della musica.
Quincy Jones, il poliedrico artista – polistrumentista, compositore e produttore discografico _ scomparso ieri a 91 anni è noto per il suo eccezionale talento nel mescolare generi musicali, dal jazz al pop, fino alla musica soul. La sua abilità nel creare arrangiamenti innovativi e il suo occhio per il talento lo hanno portato a collaborare con una vasta gamma di artisti, rendendolo una figura di spicco nell’industria musicale.
Dall’altro lato, Frank Sinatra, nato nel 1915 a Hoboken, nel New Jersey, e morto nel 1998, era considerato uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi. La sua carriera ha attraversato diverse epoche, dal swing degli anni Quaranta al pop degli anni Cinquanta e Sessanta. La sua voce inconfondibile (non a caso venne soprannominato “The Voice”) e il suo carisma hanno conquistato il pubblico di tutto il mondo, rendendolo un’icona culturale.
La collaborazione tra Jones e Sinatra ha avuto inizio negli anni Sessanta, quando Sinatra stava cercando di rinnovare il suo stile musicale e adattarsi ai cambiamenti dell’industria. Jones, all’epoca già affermato nel mondo del jazz e della musica pop, fu chiamato dal cantante per lavorare su alcuni dei suoi album più ambiziosi. La prima grande collaborazione fu l’album Sinatra at the Sands, registrato con Count Basie nel 1966.
Quincy Jones portò un approccio fresco e innovativo, mescolando elementi jazzistici con il tipico stile di Sinatra. La sinergia tra i due artisti era palpabile; Jones riusciva a valorizzare la voce di Sinatra, adattando gli arrangiamenti in modo che il cantante potesse esprimere al meglio le sue emozioni. Il risultato fu un suono ricco e complesso, che mantenne la tradizione del jazz mentre si apriva a nuove influenze.
Ancor più curiosità suscitò il nuovo incontro avvenuto quasi vent’anni dopo, nel 1984, per l’album L. A. Is My Lady. I due, è vero, si conoscevano già, ma Quincy veniva dalla realizzazione di quello che sarebbe stato l’album più venduto della storia, Thriller, di Michael Jackson. Impossibile immaginare il produttore applicare i suoi metodi con The Voice. Non avevano la stessa idea del perfezionismo e Frank non si sarebbe lasciato intimidire come Michael. Il suo modus operandi era lavorare di notte; poteva annullare la sessione se non era soddisfatto della sua voce… o liquidare mezzo album in un colpo solo. Ripassava a casa ciò che registrava a casa. In studio, detestava le cuffie e sentirsi separato dai musicisti.
Quincy Jones era consapevole. Sapeva che la tecnica di Sinatra con il microfono era impeccabile. Che l’orchestra aveva perfettamente familiarità con gli arrangiamenti, dopo giorni di prove… senza Frank. E quello che è emerso è un album nel quale Sinatra è perfettamente riconoscibile, con minime novità: l’onnipresenza della chitarra di George Benson, alcuni momenti per dare spazio allo storico vibrafonista Lionel Hampton. Nella sua eccezionale e brillante versione di Mack the Knife, salutava i colleghi che avevano già registrato la canzone (Bobby Darin, Satchmo, Ella) e menzionava molti dei suoi compagni. Le maggiori irriverenze apparivano nella canzone che dava il titolo all’album.
Quincy Jones ripeteva che Frank, avendo creato canzoni-inno per New York e Chicago, aveva un debito con Los Angeles. Si materializzò così il brano che diede il titolo all’album, un pezzo di soul soft, con un’introduzione di percussioni e un leggero strato di sintetizzatore. Aveva l’ambizione di diventare un successo e lo è stato, grazie in parte a un video per MTV. Poiché nessuno osava chiedere a Sinatra di registrarlo, ha preso Eddie Van Halen, David Lee Roth, Donna Summer, Dean Martin e altri illustri losangelini.
Doveva essere l’album d’addio di Sinatra. Ma dieci anni dopo lo convinsero a registrare Duets. Due “prodotti” ignominiosi in cui Frank non ha cantato faccia a faccia con nessuno degli ospiti, che inviarono i loro contributi in formato digitale, poi inseriti da Phil Ramone nelle precedenti registrazioni di Sinatra.
In un’epoca in cui la musica si evolve rapidamente, il legame tra Jones e Sinatra rimane una testimonianza della potenza della collaborazione e della creatività. La loro storia è un invito a esplorare, a sperimentare e a credere nel potere della musica di unire le persone, superando barriere e generi. La loro eredità continua a vivere, incoraggiando nuove generazioni di artisti a cercare ispirazione l’uno nell’altro, proprio come hanno fatto Quincy Jones e Frank Sinatra.