– I segnali sonori più interessanti della settimana. Il nuovo atteso lavoro della regina del pop. Più intriganti i singoli delle siciliane Incudine e Ponente e della partenopea Graziano che annunciano i loro imminenti album. Anna Carol duetta con Dente
“THE LIFE OF A SHOWGIRL”, TAYLOR SWIFT
Il mondo è pronto per Taylor Swift, una poetessa assolutamente non torturata? The Life of a Showgirl è l’album della gioia, dell’amore ritrovato con il giocatore di football americano Travis Kelce. «Voglio solo te, avere due o tre figli, che tutto il quartiere inizi a somigliare a te». Mentre al capitolo sassolini nella scarpa, la cantante ha incluso in un brano – Father Figure – anche dei riferimenti alla sua battaglia per tornare in possesso delle sue canzoni, mentre in un altro – Actually Romantic – punterebbe il dito contro Charli XCX: «Ho sentito che mi hai chiamata “Barbie noiosa” quando la coca ti rende coraggiosa», canta.
In contrasto con The Tortured Poets Department dell’anno scorso – che quando ha finito di pubblicare edizioni ampliate e tracce bonus, era lungo quasi due ore e mezza – offre 12 canzoni in 40 minuti. I suoi recenti collaboratori Jack Antonoff e Aaron Dessner non si vedono da nessuna parte. Swift ha fatto The Life of a Showgirl con Max Martin e Shellback, il duo svedese che ha co-scritto e prodotto i suoi banger pop più schietti degli anni 2010: Shake It Off, Blank Space, Don’t Blame Me, Bad Blood.
È un album per ballare, aveva annunciato la popstar, ma è il soft rock ventilato e facile da indossare a fare da protagonista: chitarre acustiche, toni di synth nebbiosi, orchestrazioni sottili e cori affannosi. La dance di Wood non ricorda l’edonismo sudato della pista da ballo, ma la fine degli anni ’70 in cui i ritmi da discoteca hanno temporaneamente invaso le opere dei cantautori della West Coast.
L’album sembra un passo falso della regina del pop. Forse è stato affrettato. O forse l’autrice è solo esausta, il che sarebbe del tutto comprensibile.
“SA MASTRA”, FRANCESCA INCUDINE

Francesca Incudine ritorna con un progetto discografico a sette anni dalla vittoria della Targa Tenco. Sa Mastra anticipa l’album Radica, che vedrà la luce il prossimo 17 ottobre. Il brano narra la storia Mariangela Maccioni, maestra resistente sarda che sfidò il fascismo a viso aperto rifiutandosi di tesserne le lodi durante le sue lezioni, ma le parole della canzone riportano a temi più che mai attuali: la libertà, la cultura come sopravvivenza, le idee che fanno rumore, il coraggio di sognare.
«Non temo chi può uccidere il mio corpo, nello spirito è l’offesa», disse la Maccioni quando nel 1937, il giorno del suo compleanno, i gendarmi dell’Ovra piombarono nella sua casa per poi portarla in prigione. A lei è dedicato un murales in piazza Italia a Nuoro – da cui è tratta la copertina del singolo – commissionato dall’ANPI e opera di Francesco Del Casino.
Sa Mastra è un altro ritratto di donna che si inserisce nella galleria musicale di Francesca Incudine, accanto a quello scritto per l’attivista pakistana per i diritti delle donne Sabeen Mahmud, uccisa a Karachi con quattro colpi di pistola il 24 aprile del 2015 (dal titolo Zinda, uscito come singolo e poi inserito in Radica) e a No name, per non dimenticare la tragedia della Triangle di New York, la fabbrica delle “camicette bianche”, dove nel 1911 persero la vita 146 persone, molte delle quali giovani donne italiane provenienti soprattutto dalla Sicilia.
“OCCHI”, ALESSANDRA PONENTE

Occhi è un dialogo fatto di sguardi, dove il linguaggio verbale si annulla per lasciare spazio all’essenziale. Il nuovo brano di Alessandra Ponente, cantautrice e attrice palermitana dalla voce viscerale che racconta il suo mondo musicale attraverso il folk e la world music di matrice siciliana, è una dichiarazione d’amore e di verità in cui gli “occhi nall’occhi” diventano un varco intimo, fragile e potente, attraverso cui due anime si leggono senza parlare, senza nascondersi.
La struttura musicale è circolare, come un ultimo ballo che si consuma nel silenzio. I versi si rincorrono, come pensieri che si affacciano e sfuggono: «Non c’è urlo, non c’è pianto ma un’intensità crescente che trova il suo culmine nella frase e nel refrain musicale “E poi ballamu stu ultimo tango / stritti stritti stanotte è nostra”, che trasforma una separazione imminente in un atto sacro, carnale e spirituale insieme», spiega la cantautrice siciliana. «Musicalmente, il pezzo è essenziale e sospeso, con arrangiamenti che lasciano spazio alla voce per respirare e rivelare le sfumature emotive del testo.
Il brano è tratto dal primo album ufficiale Riavuli, che vedrà la luce nei prossimi mesi. Un viaggio emotivo e musicale lungo tre anni, tra radici siciliane, poesia e resistenza, che sarà composto da tredici brani che raccontano un percorso di consapevolezza, dolore, liberazione e verità. Le canzoni sono scritte in un palermitano contemporaneo, che conserva tratti arcaici e poetici, in equilibrio tra tradizione orale e innovazione linguistica.
“PARADISO”, ILARIA GRAZIANO

La canzone anticipa il primo album da solista della cantautrice partenopea, Rive, in uscita il prossimo 10 ottobre. Paradiso è una riflessione poetica sull’oscurità e la luce che convivono dentro ognuno di noi. I pensieri scorrono come fiumi, carichi di segreti e paure, ma al centro resta il desiderio profondo di essere per l’altro uno spazio di bellezza e verità: un paradiso possibile, nonostante tutte le contraddizioni che ci attraversano.
«In Paradiso voglio raccontare del continuo oscillare tra la luce e l’oscurità che ci abitano», racconta Ilaria Graziano. «È un viaggio attraverso quei momenti in cui ci sentiamo divisi tra la parte di noi che si sente incastrata nel buio, nel rifugio delle proprie inquietudini, e quella che invece anela a qualcosa di più alto: la parte migliore di sé, che possa diventare per gli altri uno spazio di paradiso perduto».
La ricerca di un equilibrio si manifesta nel tentativo di oltrepassare il timore di essere scoperti nella propria fragilità, vissuta come qualcosa da nascondere, e nel desiderio di contaminare il mondo esteriore attraverso la parte luminosa di sé. La canzone è nata in un momento di estrema intimità ed è uno di quei brani in cui testo e musica sono stati partoriti in un flusso continuo, attraverso l’ascolto di un dialogo interiore che attraversa emozioni, contrasti e conflitti, senza giudicarli, diventando semplicemente testimoni di sé stessi, guardandosi da fuori, in silenzio ad osservare.
“INVECE DI STARE CON TE”, ANNA CAROL

Il telefono squilla senza sosta. Al bar, qualcuno prova ad attaccare bottone. Il volume è troppo alto per capirsi davvero. La birra artigianale non mantiene le promesse. Alcuni momenti ci rapiscono, ci trascinano nel flusso delle cose, ma tutto ciò che desideriamo in quegli istanti è restare da solə. Tutto diventa troppo, le cose intorno cominciano ad infastidire e l’unico pensiero in testa è quello di ritrarsi, tornare a casa nella propria solitudine. Invece di stare con te è una canzone incalzante dal ritmo up-tempo, curata da Federico Dragogna, che permette ai due artisti di cantare con lucidità e leggerezza il desiderio di isolarsi. Il testo spicca di ironia e profondità, incalzato dall’alternarsi di strofe di Anna Carol e Dente, immergendo l’ascoltatore in un duetto spiazzante, dove il disagio sociale diventa ballabile.
La collaborazione con Dente, tra i cantautori più ironici e malinconici della scena italiana, nasce da una stima reciproca e da una visione condivisa sul valore dell’ironia nelle relazioni umane.
“AZIMUTH”, DANNY L HARLE E CAROLINE POLACHEK

Danny L Harle ha arruolato la sua compagna di studio di lunga data e co-sceneggiatrice Caroline Polachek per questa nuova canzone. «Azimuth sembrava la finalizzazione di un approccio che Caroline e io avevamo orbitato per un po’ di tempo come un modo per mettere la sua voce nella mia musica, a volte la chiamo la “sirena di trance”. Puoi sentirlo in brani come Insomnia di Pang e On the Beach di Death Stranding 2, ma questa è stata la prima volta che sono riuscito a tradurlo nel mio stile di musica dance», dice Harle a proposito della nuova canzone. «La melodia di Azimuth avrebbe potuto essere cantata solo da Caroline, è progettata intorno alla sua voce, non potevo immaginare che nessun altro la cantasse o che la esibisse in una performance del genere. Ci ha anche permesso di giocare con la scala, lo spazio e la tranquillità in un modo che non ho mai fatto prima. Per me, Azimuth è una ballata di trance, disperata ma piena di speranza, meglio ascoltata in un club».
“R IS FOR ROCKET”, ROCKET

L’indie rock ama un ciclo di nostalgia, e in questo momento l’alt-rock degli anni ’90 è il suono in voga. Tra i suoi seguaci, Blondshell e Wishy, sembra che Smashing Pumpkins, The Breeders, My Bloody Valentine e forse alcuni Sonic Youth siano le band che catturano l’immaginazione dei cantautori della Generazione Z. Questo ci porta alla band di Los Angeles dei Rocket, l’ultima di questa ondata di revivalisti. Il loro album di debutto, R Is For Rocket, è una raccolta di canzoni rock dal grande suono. La produzione è lucida e pungente, la batteria è martellante, le chitarre potenti, il basso muscoloso. È il culto degli anni ’90 fatto esattamente come dovrebbe essere fatto.
