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Playlist #107. Resilienze e Resistenze

– I segnali sonori più interessanti della settimana. Grandi ritorni: dopo 9 anni, fra dubbi e sofferenze, una raccolta di inediti degli Skunk Anansie; dopo 15, gli Stereolab riescono ancora a non svelare i misteri. Parlano degli ultimi i Patagarri nel loro primo album, mentre le infuocate chitarre della band lucana La Città Brucia raccontano le cronache dagli inferni della modernità
– Paul Weller mappa il suo DNA emotivo e musicale in “Find El Dorado”. I Pulp trovano il coraggio di parlare d’amore. Il battito minimalista-mediterraneo del “Cuore” di Ilaria Graziano. La svolta di Cico Messina verso un groove sospeso tra jazz, funk e canzone d’autore, con un testo ibrido tra italiano e siciliano. Un tuffo negli anni ’70 con il brano d’esordio di  Marco Amoroso

“THE PAINFUL TRUTH”, SKUNK ANANSIE

La band affronta un dilemma: quante persone oggi ti conoscono per la musica creata tre decenni fa. Pur essendo orgogliosi della propria eredità, come ogni normale essere umano sei cambiato da allora. Forse per cercare un compromesso fra le aspettative del pubblico e la rappresentazione di chi sei veramente gli Skunk Anansie non hanno pubblicato un album per nove anni. Come se non fosse abbastanza impegnativo, il bassista Cass è emerso da una battaglia con il cancro al quarto stadio. Il batterista Mark Richardson ora affronta anche il suo, anche se fortunatamente il suo è stato preso in una fase iniziale. Infine, la perdita di un manager di lunga data.

Alla fine, Skin e le sue fedeli coorti hanno fatto il grande passo. Il nuovo produttore David Sitek (Weezer, Chelsea Wolfe, Foals) li ha incoraggiati a mollare tutto e fare nuovi suoni usando solo frammenti di quell’eredità.  The Painful Truth (la dolorosa verità) suona fresco senza rinnegare la storia della band. In apertura An Artist Is An Artist incanal la rabbia in esplosioni di fuoco. Skin sputa le sue linee, quasi come se avesse passato gli ultimi nove anni a trattenerle. Impariamo che lei non “Mette giù la penna, si mette il cappello a causa della menopausa”. Tutto di questo è nuovo, tranne la sua onestà.

Le canzoni sfrecciano attraverso il rock elettronico, lo ska, il dub e persino i pianoforti tintinnanti mentre gli stati d’animo cambiano da urgente a etereo. La cantante Skin scava in profondità nel suo pozzo personale per Shame (“Ho avuto l’amore da mia madre, il dolore da mio padre”), ma consente un momento di euforia sull’orecchiabile My Greatest Moment. Il senso dell’album di ringiovanimento creativo raggiunge un apice sublime con la traccia di chiusura, Meltdown. La voce delicata di Skin conferisce alla canzone una bellezza cruda e disarmante.

“INSTANT HOLOGRAMS ON METAL FILM”, STEREOLAB

Cosa sono esattamente gli Stereolab? Mettendo elementi apparentemente incompatibili in una miscela che è sia naturale che stravagante, i veterani post-rocker non sono mai stati facili da definire: hanno smesso di evolversi solo quando hanno appeso il cappello nel 2009. The Groop si è raggruppato nel 2019; Instant Holograms on Metal Film è il primo album in studio della band in quindici anni. Ma nonostante una tracklist che si legge quasi come una parodia – Mystical PlosivesVermona F TransistorEsemplastic Creeping Eruption” – il disco non suggerisce risposte particolarmente facili.

Sappiamo chi sono: il chitarrista Tim Gane, la cantante Laetitia Sadier e un cast di compagni di band che si sono riuniti attorno all’alleanza anglo-francese dell’ex coppia romantica. Sappiamo che si sono formati a Londra nei primi anni ’90 e alimentati attraverso una raffica di album in studio prima di dividersi nel 2009. Ma l’essenza fondamentale della band è sempre stata difficile da catturare: una miscela scivolosa di krautrock, yé-yé, elettronica, easy listening, collage d’avanguardia e politica di sinistra che si sposta, si contrae e muta ogni volta che la si prende al microscopio. Gli Stereolab stanno cambiando inesorabilmente forma, eppure suonano sempre esattamente come loro stessi.

Instant Holograms on Metal Film porta un nuovo produttore, nuovi musicisti Tuttavia, l’album suona decisamente Stereolab. La maggior parte delle qualità chiave che definiscono la band sono presenti e corrette: motorik chug, bumbling Moogs, strani scarabocchi analogici e, soprattutto, la voce di Sadier, fresca ma impegnata, che brilla con la discreta passione di un appuntamento nella hall dell’hotel.

Stereolab ha la reputazione di una band cerebrale, ma come mostrano queste canzoni, la loro intelligenza non viene mai a discapito dell’emozione: queste sono canzoni arrabbiate, tristi e speranzose che offrono catarsi e solidarietà. Questa miscela di cervelli pulsanti e nervi tintinni, cuori che battono e menti aperte, potrebbe essere la più vicina all’essenza di Stereolab; e in questo, Instant Holograms on Metal Film è un ritorno lodevole.

“L’ULTIMA RUOTA DEL CARAVAN”, PATAGARRI

Nell’ultima edizione di X Factor, durante la quale sono arrivati tra i finalisti, i Patagarri hanno portato una ventata di allegria. Con il loro gipsy jazz hanno scardinato le regole del talent. La band formata da Francesco Parazzoli, Nicholas Guandalin, Jacopo Protti, Daniele Corradi, Arturo Monico, Giovanni Monaco si è poi fatta notare sul palco del Concertone del Primo Maggio (non senza polemiche, dopo aver incitato a una Palestina libera sulle note di un canto tradizionale ebraico).  Ora è il momento di pubblicare il loro primo album: L’ultima ruota del caravan. «E già dal titolo si capisce che si parla degli ultimi, di una società con dei problemi e delle persone che vivono i disagi di questa società», raccontano. «E spesso le risposte a tutto ciò sono bizzarre. È il punto di vista che cambia. Anche la luna vista nell’immaginario collettivo come fonte di ispirazione, per noi diventa sorgente di tristezza».

Dal punto di vista delle sonorità è un album suonato a marchio Patagarri (a parte i brani Caravan e Sole zingaro dove compare un po’ di elettronica), tra swing e atmosfere balcaniche. «Siamo contenti, anche se come gruppo abbiamo dovuto rinunciare al busking, che è parte del nostro Dna». Al posto della strada e dei matrimoni, è partito anche un tour che li vedrà impegnati da maggio fino a settembre. 

“RESISTEREMO”, LA CITTÀ BRUCIA

Preceduto dal singolo Qualcosa di Semplice, esce l’album di esordio della band lucana La Città Brucia, Resisteremo. Dieci brani per un album seminale, insieme incendiario e pieno di ritrovato incanto, percorso da un misticismo laico. Cronache dagli inferni della modernità in versione alt-rock, fra polverizzazione delle certezze e spirito resistente, manipolazione della realtà e bisogno di autenticità; alla ricerca di una pacificazione dalla disperazione quotidiana.

«Con Resisteremo abbiamo cercato di realizzare un album intenso e profondamente attuale, un lavoro che nasce dall’urgenza di raccontare la società di oggi, con tutte le sue contraddizioni, le sue distorsioni e le sue fragilità», spiegano Giacomo Cantisani (voce), Antonio Pennetta (chitarra e cori), Francesco Spaltro (basso) e Giuseppe Cupparo (batteria). «Attraverso testi diretti e sonorità evocative, l’album affronta tematiche come la disinformazione, l’alienazione, la crudeltà dell’uomo e del mondo esterno, la banalizzazione dei problemi reali e la difficoltà di orientarsi in un universo sempre più artificiale e frammentato. Ma Resisteremo non si limita a raccontare la realtà esterna. L’album scava anche nell’interiorità, con testi che toccano tematiche personali e universali come la depressione, la paura di affrontare il presente e il senso di smarrimento che spesso ne deriva. In questi brani, la fragilità non viene nascosta, ma anzi accolta come parte dell’essere umani. C’è dolore, sì, ma anche una forza silenziosa che spinge a reagire. Ogni canzone è un piccolo atto di resistenza, un tentativo di ritrovare sé stessi in seguito ad un momento di apparente abbandono.

«A livello concettuale abbiamo voluto concepire ogni brano come una “notizia” all’interno di un giornale, una cronaca simbolica, uno spaccato della realtà odierna. Uno spunto narrativo che affronta tematiche sociali, esistenziali o quotidiane, restituite attraverso uno sguardo critico ma mai rassegnato».

“LAWDY ROLLA”, PAUL WELLER

È descritto come «una mappa del suo DNA emotivo e musicale» che vede Weller «rivisitare canzoni che sono vissute a lungo nel retro della sua mente – ora reinventate con un nuovo significato e un senso di riverenza». È Find El Dorado, il progetto di Paul Weller in cui presenta anche reinterpretazioni di classici del calibro di The Kinks (Nobody’s Fool), Bee Gees (I Started A Joke) e Bobby Charles (Small Town Talk). «Queste sono canzoni che ho portato con me per anni», ha spiegato l’ex Jam e Style Council. «Hanno assunto nuove forme nel tempo. E ora sembrava il momento di condividerle». Ad annunciarlo il singolo contenente Lawdy Rolla e, sul lato b, Pinball

Una descrizione ufficiale recita: «Queste sono canzoni che hanno plasmato il suo mondo interiore – e ora, attraverso un mix di arrangiamenti intimi e collaborazioni di spicco con artisti del calibro di Hannah Peel, Declan O’Rourke, Robert Plant, Seckou Keita, Amelia Coburn e Noel Gallagher, le sta trasmettendo. Questo è Weller nel suo modo più riflessivo, offrendo agli ascoltatori uno sguardo raro sulla musica che lo ha reso, e un promemoria che le grandi canzoni non invecchiano mai, si evolvono e basta».

“GOT TO HAVE LOVE”, PULP

«“Amore” è una parola che non sono riuscito a pronunciare fino a quando non mi sono avvicinato ai 40 anni», racconta Jarvis Cocker. «Ascoltavo canzoni d’amore in continuazione, ma non riuscivo a usare quella parola nella vita reale. Il testo di questa canzone è una sorta di dialogo interiore su questa situazione. Mi sono fatto un bel discorsetto. Ora ho imparato a dirlo senza fare una smorfia».

Got To Have Love offre un secondo assaggio del nuovo album dei Pulp – il primo della band in quasi 24 anni, in uscita il 6 giugno – dopo il loro acclamato ritorno con Spike Island ad aprile. «È una canzone un po’ isterica che cerca di parlare dell’amore come lo vedo adesso», riprende Jarvis Cocker.

Il brano è accompagnato da un video diretto da Jarvis Cocker, utilizzando filmati tratti dall’iconico documentario Wigan Casino del 1977, diretto da Tony Palmer. Intrecciando le immagini dei ballerini Northern Soul con la musica dei Pulp, il video sottolinea la natura dance di Got To Have Love. «Amo ballare, e queste sono le migliori riprese di ballo che abbia mai visto. Le ho viste per la prima volta nel video di Mark Leckey Fiorucci Made Me Hardcore», dice Jarvis. «Il mio consiglio è quello di lasciatevi andare».

“CUORE”, ILARIA GRAZIANO

Cuore è il primo singolo da solista di Ilaria Graziano. La canzone anticipa il nuovo album della cantautrice partenopea, in arrivo nell’autunno 2025 per l’etichetta ad est dell’equatore.  Una voce che abbiamo imparato a conoscere e a riconoscere in una molteplicità di collaborazioni con artisti nazionali e internazionali, ci prende per mano introducendoci al suo nuovo album con un brano che attinge alle radici mediterranee di Ilaria con una rilettura contemporanea. Il minimalismo folklorico dei cori e delle percussioni, impreziosito dall’octave mandolin suonato da Michele Signore, si fonde con elementi elettronici creando un intreccio sonoro essenziale e incisivo grazie ad un arrangiamento estremamente curato, messo a punto da Simone De Filippis e da Gnut, che insieme ad Ilaria seguono la produzione artistica dell’intero album.

«Lavorare all’album con due artisti così sensibili è stata una fortuna», dice Ilaria Graziano. «Mi hanno sostenuto emotivamente nel mio continuo oscillare tra emozioni e ricerca sonora. Nulla è stato lasciato al caso: è stato un lavoro meticoloso, senza però limiti creativi o strutturali». Il testo di Cuore ci suggerisce che molte cose nella vita sono illusioni di possesso: ci sforziamo di trattenere sentimenti, persone e significati, ma alcune cose permangono solo se le si lascia andare. Il vero ostacolo nella vita è la mancanza d’amore, che si manifesta nella paura, un’emozione a cui siamo assuefatti e in cui spesso ci ritroviamo imprigionati. 

«Cuore è uno dei primi brani in cui ho voluto sperimentare un approccio diverso alla scrittura», continua Ilaria. «In questo caso ho creato la base con un tamburo e le voci, lasciandomi guidare dalla pulsione ritmica. Proprio come l’impulso vitale del battito del cuore sostiene il corpo, in questa canzone la pulsione ha alimentato e dato forma allo sviluppo del brano. Ho scelto Cuore come primo singolo perché è il brano che più rappresenta il mio nuovo inizio, e il processo di abbandono che mi ha riportato alla musica. Una sorta di canzone guida che ha dato il via a tutto il resto, che a breve potremo ascoltare insieme».

“LUNA TORTA” CICO MESSINA

Nuovo singolo del cantautore mazarese Cico Messina che anticipa l’album Sicilia Utopica. Un brano che segna un deciso cambio di rotta stilistico per l’autore siciliano: un groove sospeso tra jazz, funk e canzone d’autore, un testo ibrido tra italiano e siciliano, e un’urgenza espressiva che riflette il peso del presente.

«Il testo di Luna Torta nasce in un momento di blocco creativo, in un tempo segnato da guerre, disorientamento e tensioni globali», spiega l’autore. «La canzone racconta la difficoltà di creare, e perfino di esistere, sotto il peso della realtà. Ma lo fa cercando una via d’uscita, una forma di assoluzione, nel vivere e nel suonare, nel trovare respiro anche quando l’aria sembra farsi più densa». 

Il brano è anche una dichiarazione d’intenti: Cico Messina apre il suo nuovo percorso artistico con una composizione che si allontana dalle sonorità più acustiche dei lavori precedenti, per abbracciare un suono più stratificato, urbano, e insieme profondamente radicato nel Mediterraneo. La lingua si fa doppia, come doppia è la visione di chi canta da un’isola che è al tempo stesso rifugio e frontiera. Luna Torta è, come detto, il primo tassello di Sicilia Utopica, un concept album che esplora l’isola come luogo reale e mentale, vissuto da chi parte, da chi resta e da chi ritorna. Un disco che racconta la Sicilia non come una nostalgia da custodire, ma come un’utopia da immaginare, collettivamente, attraverso la musica.

“VANTABLACK” MARCO AMOROSO

Brano d’esordio del cantautore messinese Marco Amoroso e primo estratto dall’Ep Bar Amoroso, in uscita nei prossimi mesi, che rappresenta la fusione delle influenze dell’artista: dalla canzone d’autore italiana, al pop-rock e all’ indie-rock britannico, fino al jazz e al folk mediterraneo. Il brano Vantablack, scritto da Marco Amoroso e prodotto artisticamente da Toti Poeta, è un chiaro riferimento al colore più scuro mai esistito e racconta il desiderio di emergere da un’oscurità emotiva autoimposta, per accogliere la luce di un sentimento sincero. Un arrangiamento funk-mediterraneo, che rimanda a quel cantautorato di fine anni Settanta, sostiene il testo poetico ed evocativo e dona al brano un groove trascinante.

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