– I segnali sonori più interessanti della settimana. “Owls, omens and oracles” della cantautrice preferita da Bob Dylan è «una dichiarazione radicale per rompere lo scetticismo, il pessimismo e le paure». “SABLE, fABLE” è l’album più audace del catalogo di Bon Iver. Ilaria Pilar Patassini affronta «l’universo contiano»
– Dopo 9 anni riecco i cani con “post mortem”, mentre dopo 24 i Pulp con “Spike Island” annunciano il ritorno discografico. Gli Arcade Fire con “Year of The Snake” presentano il nuovo lavoro. Paola Pizzino si conferma fra le voci più interessanti del momento. Da Catania la sorprendente Valeria Indelicato
– In “I’m blind” SAX, nome d’arte del cantante Samuele Impellizzeri, rapper e cantautore di Nicosia, racconta la sua storia e la convivenza con una malattia degenerativa. La collaborazione fra Brian Eno e Beatie Wolfe. R.Y.F. esplode sul dancefloor con “Can I Can U” feat. Skin (Samantha Togni remix)
“OWLS, OMENS AND ORACLES”, VALERIE JUNE

A owls, omens and oracles, ovvero gufi, presagi e oracoli la cantautrice americana Valerie June, con sede in Tennessee, nominata ai Grammy e preferita da Bob Dylan, oppone Joy, Joy!, come canta subito in apertura di questo sorprendente album. Lei descrive il suo sesto album come «una dichiarazione radicale per rompere lo scetticismo, il pessimismo e le paure» con l’obiettivo di celebrare la vita con l’ascoltatore: «Connettiti, piangi, cambia …». I riferimenti alla natura guidano Endless Tree, in cui la sua angoscia nel «guardare il telegiornale ogni sera» è temperata dalla consapevolezza che basta una sola brace per «illuminare il buio».
Il produttore M Ward organizza un cast tra cui Norah Jones e i Blind Boys of Alabama, e la strumentazione spazia dal pianoforte di Valerie June a un clacson di ottoni di New Orleans. Con la voce inimitabile di June al massimo, libera e infantile. Le canzoni attingono al folk, al blues, al gospel, alla dolce psichedelia e al soul. Trust the Path ha la qualità disarmante di Landslide dei Fleetwood Mac e All I Really Wanna Do, basato sulla tastiera, celebra l’euforia. L’umore è generalmente positivo, ma la sublime I Am In Love la trova in uno stato d’animo più dubbioso – «Cosa significa? Sono solo parole?»: lei allunga ogni vocale e l’effetto è abbagliante.
“SABLE, fABLE”, BON IVER
Il quinto album dell’artista Justin Vernon, meglio noto come Bon Iver, getta una nuova luce sulle sue canzoni. Se il primo disco SABLE sembra fare da prologo, con canzoni malinconiche, ciò che segue in fABLE è gioioso e immediato. È un disco pop e soul davvero sorprendente di un artista che ha trascorso metà della sua vita alla ricerca di nuovi modi di espressione. Attraverso fABLE, sembra sfrenato e irrefrenabile, come se stesse buttando fuori un po’ di quella euforia che ha tenuto a bada per anni. Questo non è un album ingombrato da ombre.
Vernon ha orbitato intorno alla parola “favola” nei suoi testi per anni, anche se ha sempre avuto una connotazione negativa, come se il mitico fosse qualcosa da rifiutare o combattere. Short Story sboccia in uno svolazzare di bip elettronici e tasti di pianoforte, la voce di Vernon tra le nuvole esclama in falsetto: «Oh, la vivacità! Il sole nei miei occhi!». Prima del primo grande crescendo dell’album, il mix si calma intorno a lui cantando lontano dal microfono, come se a se stesso: «Gennaio non è il mondo intero». L’inverno è finito. Su Everything Is Peaceful Love, fra soul e Coldplay, Vernon sputa storditamente rime infantili: «Inciampando, scivolando, strappando, facendolipping». Il coro è euforico, portato verso il cielo su un pedale d’acciaio allucinante e una spazzata di violini. SABLE, fABLE è l’album più audace del catalogo di Bon Iver.
“POST MORTEM”, I CANI

Sono passati 9 anni da Aurora, l’ultimo album de i cani, la band-non-band di Niccolò Contessa. Finalmente sono tornati: post mortem è il titolo del nuovo alvoro, scritto, registrato, suonato e cantato da Niccolò Contessa al Pot Pot Studio e prodotto da Niccolò Contessa insieme ad Andrea Suriani che si è anche occupato di mix e master. «Al centro di tutto c’è la musica, quindi zero chiacchiere, zero immagine. Tutto quello che c’è da scoprire è nel disco», dicono.
“CANTO CONTE”, ILARIA PILAR PATASSINI, ANGELO VALORI

Non è semplice entrare nel mondo fumoso e fantasioso del grande compositore, cantautore e musicista astigiano. Poche voci sanno interpretare quei testi costruiti su frasi musicali perfette, melodie indimenticabili, anche perché le cadute rovinose sono appena dietro l’angolo. Con grande coraggio Ilaria Pilar Patassini affronta e «l’universo contiano» in complicità con il direttore d’orchestra e arrangiatore Angelo Valori. Interpretazioni in punta di voce – ma con grande e perigliosa tecnica – che portano alla luce il canto contiano lasciandone intatto il mistero, sostenute ed esaltate dagli arrangiamenti di Valori e del suono degli archi della Medit Orchestra. La prevalenza degli archi sullo sberleffo del kazoo fa perdere quella vena ironica che attraversa molte composizioni dell’Astigiano. Costringendo l’interprete a una rilettura un po’ leziosa e talvolta barocca, in cui prevalgono atmosfere retrò, con poca verve e tensione.
In scaletta brani popolari come Impermeabili, Comedi, Come mi vuoi, Azzurro, Messico e nuvole, Via con me, Alle prese con una verde milonga, e qualche chicca poco “battute”, come Architetture lontane. Dice Pilar Patassini «La produzione artistica di Paolo Conte è una summa di arti: canzone, poesia, letteratura, jazz, cinema, opera, arte visiva e un profumo coloniale e retrò, ma il tutto resta invariabilmente contemporaneo, non mi stanco mai di ascoltarlo».
“‘SPIKE ISLAND”, PULP
Sembra stranamente appropriato che i Pulp abbiano presentato in anteprima il loro primo album in 24 anni con una canzone che sembra preoccuparsi della validità del ritorno. Di tutti gli artisti alt-rock issati alla fama mainstream nell’era del Britpop, erano quelli che sembravano meno a loro agio con il successo: una band perennemente ignorata che aveva trascorso un decennio cercando di arrivare da qualche parte, solo per scoprire che non le piaceva molto quando lo facevano. Qualcosa dell’outsider conflittuale. Il nuovo album s’intitola More e uscirà il 6 giugno. Un’anticipazione è già arrivata col singolo Spike Island.
Il singolo sembra usare il famoso concerto di Stone Roses del 1990 in cui 30mila persone si sono stipate in un campo di Widnes circondato da fabbriche chimiche come metafora della delusione e del modo in cui la nostalgia tende a rendere lucidi i ricordi: il fatto che Spike Island fosse notoriamente mal organizzata, musicalmente deludente e afflitta da un suono terribile non gli ha impedito di sviluppare successivamente uno status leggendario come una sorta di Woodstock dell’era baggy. Forse Jarvis Cocker, carismatico leader dei Pulp, sta guardando indietro ai presunti giorni di gloria della band: Spike Island fa riferimento al suo disagio con la fama e l’indifferenza con cui lo scioglimento dei Pulp è stato accolto nei primi anni Duemila. Ma Cocker sembra incoraggiato alla prospettiva di una seconda giovinezza. Suggerisce che «questa volta lo farò bene» e che è «tornato al giardino delle delizie terrene». Canta felicemente: «Sono nato per esibirmi, è una chiamata / esisto per fare questo – urlando e indicando».
Gli studenti di storia del rock potrebbero riconoscere le ultime tre parole come il titolo di un album ignorato del 1976 di Mott the Hoople, il tentativo ostinato ma condannato dei membri dei Mott di andare avanti senza il cantante Ian Hunter. I riferimenti agli arcani della cultura pop degli anni ’70 sono, ovviamente, molto Pulp , e così sono molte altre cose di Spike Island: il ritmo influenzato dalla discoteca, la breve sezione di parole parlate e la sensazione che le emozioni complicate si nascondano dietro il suo coro inno. Allo stesso modo, si possono vedere riferimenti al singolo di ritorno di Blur nel 2023 The Narcissist. Resta da vedere se More dei Pulp More raggiungerà lo stesso grado di acclamazione di The Ballad of Darren dei Blur.
“YEAR OF THE SNAKE”, ARCADE FIRE
A distanza di tre anni dal precedente progetto discografico WE, la rock band canadese Arcade Fire (Win Butler, Régine Chassagne, Jeremy Gara, Tim Kingsbury e Richard Reed Parry) è tornata con un nuovo singolo che anticipa il loro settimo progetto discografico, Pink Elephant (Columbia Records / Sony Music), in uscita il 9 maggio: un album composto da dieci nuove tracce con un sound che alterna sonorità punk a momenti quasi cinematografici, dalla durata complessiva di 42 minuti, prodotto da Win Butler, Régine Chassagne e Daniel Lanois e registrato allo Good News Recording Studio di Win e Régine, a New Orleans.
Il titolo dell’album, Pink Elephant (Elefante Rosa), si ricollega a quell’effetto paradossale del fare di tutto per non pensare a un concetto che però diventa impossibile da evitare. Quando viene ascoltato nella sua interezza, Pink Elephant invita l’ascoltatore in un’odissea sonora, una ricerca della vita, che esiste all’interno della percezione dell’individuo, una meditazione sia sull’oscurità che sulla luce, la bellezza interiore. A ogni ascolto successivo, i livelli di questo viaggio epico si svelano sempre di più per rivelare nuove dimensioni.
Il primo brano estratto dall’album, Year of The Snake, è arricchito dal calore avvolgente della voce di Régine, e vede per la prima volta nella storia degli Arcade Fire Régine al basso e Win Butler alla batteria. Il titolo della canzone si riferisce al 2025, l’anno lunare del serpente, che rappresenta un momento di rinnovamento, una trasformazione positiva e un nuovo inizio mentre la band cambia di nuovo pelle e rinasce, offrendo comunque il suono unico e distintivo degli Arcade Fire.
“LONTANO DA QUI”, PAOLA PIZZINO

Paola Pizzino è una delle voci più interessanti dell’attuale scena musicale italiana. E c’è grande attesa per l’EP che pubblicherà in maggio. L’ottima impressione avuta dall’ascolto di Sola, dove ha Ghemon come complice, è confermata dal nuovo singolo Lontano da qui. Il brano è un delicato gioco di contrasti, un incontro tra la leggerezza del pop e la densità dell’R&B, che si intrecciano come fili di una tela misteriosa, pronta a rivelarsi.
Lontano da qui è una chitarra che accarezza e poi avvolge, è un beat che non urla ma sa farsi sentire. Lontano da qui è uno di quei brani che non ha fretta di arrivare, ma riesce a colpire dritto allo stomaco al momento opportuno. L’artista canta come se stesse parlando con la sua stessa anima: “Trovami un modo per uscire da qui”, ed è un grido di liberazione che risuona nelle parole di chi ha finalmente smesso di accontentarsi. Un bisogno di cambiamento, di trasformazione, di spogliarsi di tutto ciò che non serve.
Nel testo, la ricerca del “luogo diverso” non è solo geografica, ma esistenziale. Paola invita a seguire il suo stesso cammino, quello di chi vuole smettere di rincorrere le proprie ombre, di chi sta cercando la chiave per fermare la mente che non smette di ronzare. Quella chiave, forse, è proprio in un riff di chitarra che sembra sussurrare segreti che non avevamo nemmeno il coraggio di ascoltare.
“BLUETTE”, VALENTINA INDELICATO

Il brano della cantante catanese, classe 2000, racconta il momento di presa di coscienza in cui tutto, appena dopo un sofferto e rumoroso caos, appare nel suo nuovo “punto zero” sospeso tra l’essere e il divenire. In un crescendo di sonorità e consapevolezza, Bluette è la forza di accettare e accettarsi, un ruvido inizio di una personale e rinnovata cognizione interiore di cui non si conoscono ancora le istruzioni d’uso ma per cui vale la pena andare avanti.
«L’incomunicabile quiete dopo una tempesta, la freddezza di un tempo sospeso tra passato e presente, l’apnea del “punto zero” e il batticuore appena dopo una presa di coscienza: tutto questo, per me, è Bluette», spiega l’artista.
“I’M BLIND”, SAX
È il singolo che anticipa l’uscito del nuovo album di SAX, nome d’arte del cantante Samuele Impellizzeri, un rapper, cantautore, sceneggiatore e autore italiano, nato a Nicosia, in provincia di Enna.
Caratterizzato da sonorità tipiche del rap e da sfumature rock, “I’m blind” ripercorre la vita di Samuele, che a causa di una malattia degenerativa ha perso la vista. Il testo invita a non arrendersi di fronte alle avversità della vita e ad andare avanti.
Insieme al brano nasce la web serie Film alla cieca, un progetto video che ha l’intento di abbattere le barriere sensoriali e dimostrare come la creatività non abbia limiti, nemmeno quando si tratta di persone che affrontano la sfida della cecità. Suddivisa in cinque episodi, la serie racconta la storia di Samuele e di alcuni giovani non vedenti che hanno collaborato con lui. Ogni episodio è un viaggio che sfida gli stereotipi e celebra la vita, mettendo in risalto la bellezza della diversità, prendendo ispirazione da grandi cult del cinema reinterpretandoli in versione blind.
Ogni venerdì, a partire dall’11 aprile, sarà online un nuovo episodio sul canale YouTube di SAX (www.youtube.com/@saxsuonocieco). Il progetto è stato realizzato da un gruppo di giovani non vedenti, creato da Samuele in collaborazione con l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna.
“SUDDENLY”, BEATIE WOLFE, BRIAN ENO
Luminal e Lateral, album frutto della collaborazione tra gli artisti-musicisti Brian Eno e Beatie Wolfe, usciranno insieme il 6 giugno. Come anticipazione dell’imminente progetto escono due brani, Suddenly e Big Empty Country (Edit), tratte rispettivamente da Luminal e Lateral. Il primo è musica da sogno, mentre il secondo è musica spaziale. Brian Eno e Beatie Wolfe si sono incontrati per la prima volta grazie al loro lavoro in campo ambientale, quando hanno tenuto una conferenza sul tema “Arte e clima”. I due si sono poi incontrati di nuovo quando hanno esposto le loro opere d’arte visiva e concettuale in diverse gallerie di Londra. Da questi incontri è nata la loro collaborazione musicale.
Riflettendo sulla loro collaborazione a questo progetto, che è stato registrato in vari momenti fino al 2024, Brian e Beatie hanno dichiarato: «La musica consiste nel far nascere dei sentimenti. Alcune di queste sensazioni sono familiari, mentre altre possono non esserlo – o possono essere complesse miscele di diversi sentimenti. Ci sono molte belle parole per questi sentimenti in altre lingue e culture, parole che non esistono in inglese. Dando un nome a un sentimento, lo rendiamo più probabile, più tangibile. L’arte è in grado di scatenare sentimenti, o miscele di sentimenti, che non abbiamo mai provato prima. In questo modo, un’opera d’arte può diventare la “madre” di un tipo di sentimento e un luogo dove andare per trovare e rivivere quel sentimento».
“CAN I CAN U”, R.Y.F. FEAT. SKIN (SAMANTHA TOGNI REMIX)

R.Y.F. esplode sul dancefloor con Can I Can U feat. Skin (Samantha Togni remix), una serrata rielaborazione techno di uno dei singoli nonché brani-chiave dal suo ultimo album Deep Dark Blue. Samantha Togni aggiunge dinamite a una traccia già di per sé esplosiva grazie alla presenza di Skin (Skunk Anansie). Questo remix non è solo una detonazione sonora, ma è anche un manifesto di forza e inclusività. La techno si fonde con l’autenticità che contraddistingue le tre artiste qui protagoniste, innescando un’esperienza unica, dove la libertà e la diversità sono al centro di ogni battito. Un nuovo inno per chi crede nella musica come strumento di cambiamento e accettazione, nonché al clubbing come terreno di rivoluzione.
R.Y.F. è il destabilizzante progetto della singer-songwriter e musicista italiana Francesca Morello, di base a Ravenna, che racconta: «L’idea del remix di Can I Can U me l’ha data proprio Skin, che mi ha suggerito un remix da dirty club underground e il nome di Samantha Togni». Deep Dark Blue, pubblicato nel 2024, è un album dark-queer, electro-punk, sottomarino.