Storia

Pizzimento: io alla corte di Riccardo Muti

– Dalla Jacaranda alla prestigiosa Orchestra Cherubini, l’ascesa del talentuoso contrabbassista catanese 
– «Il mio sogno è suonare in Germania: lì c’è una cultura musicale che manca in Italia, dove la classica perde pubblico»
– «La mia terra è nel cuore e vorrei tornare, ma bisogna andare all’estero per crescere e migliorare»
– Dalla Sala d’oro del Musikverein di Vienna al “Viaggio dell’Amicizia” dal Ravenna Festival a Lampedusa

Quand’era a scuola, invece di frequentare i pub o i concerti rock, preferiva sprofondare sulle poltroncine rosse fra gli stucchi dorati del Teatro Massimo Bellini per ascoltare Brahms e Beethoven. «Era stata la maestra a siglare una convenzione con il teatro invogliandoci a frequentarlo», ricorda. Per undici anni di fila, complice anche il nonno, Alessandro Pizzimento seguì concerti, opere, balletti. E, quando arrivò la maggiore età, spendeva tutti i suoi risparmi per andare al Concertgebouw di Amsterdam a sentire la Royal Orchestra o a Roma per vedere l’Orchestra del Santa Cecilia piuttosto che lasciarsi ipnotizzare dal canto delle sirene rock. Fino a prendere la laurea al Conservatorio di Catania lo scorso ottobre in contrabbasso. Vederlo quindi qualche giorno fa, il 12 giugno, suonare il contrabbasso diretto da Riccardo Muti nella prestigiosissima Sala d’oro del Musikverein di Vienna per la festa dei primi vent’anni dalla fondazione dell’Orchestra Cherubini non è stata una vera e propria sorpresa, ma una ulteriore e importante tappa del percorso di formazione del musicista catanese, 27 anni in agosto.

Alessandro Pizzimento e Riccardo Muti

L’Orchestra Cherubini, che in questi vent’anni ha accolto nelle sue file quasi mille musicisti “under 30”, nell’intenzione (pienamente realizzata) di Muti è una opportunità preziosa di formazione al di là del percorso accademico, capace di restituire ai giovani la consapevolezza e l’orgoglio di un mestiere importante. Alessandro Pizzimento è uno dei mille. Lui ha cominciato tre anni fa su chiamata diretta come aggiunto, dal 2023, dopo una audizione, è entrato in pianta stabile. Rimarrà per un triennio, al termine del quale (ma spesso accade anche prima) molti dei musicisti della Cherubini hanno l’opportunità di trovare una propria collocazione nelle migliori orchestre.

«Il mio sogno è di trascorrere un capitolo della mia vita in Germania», sorprende Alessandro. Che tiene a precisare: «Il mio sogno più grande è vivere in Sicilia, nella mia terra, ma la Germania è la nazione delle orchestre e mi piacerebbe fare una esperienza teutonica».

Si continua a diffondere l’idea che la musica classica sia solo un genere per vecchi. Questo fa dispiacere. In Italia c’è una gravissima crisi di pubblico. A seguire la prosa, come a vedere l’opera o a sentire un concerto sinfonico, la nuova generazione non va. Ci vanno solo gli anziani. E io lo vedo dal palco: non ci sono giovani tra il pubblico, c’è ogni tanto qualche nipotino con il nonno, ma sono piccoli casi isolati. Perché dico Germania, perché lì c’è questa cultura: se viene un pianista famoso a suonare, il teatro è “sold out” e devono montare i videoschermi all’esterno perché la gente vuole ascoltare quell’artista. Quando a Berlino organizzano i concerti all’aperto dei Berliner Philharmoniker c’è così tanta gente che sembra Woodstock, ci vanno con le famiglie. In Italia è impensabile, non c’è la cultura

Alessandro Pizzimento

Ma non dovrebbe essere l’Italia la patria delle orchestre, della musica e del belcanto? Lo ripete sempre Muti: «Schubert come Mozart e tutta l’Europa musicale devono molto al nostro Paese». Del resto, Beethoven ammirava profondamente Luigi Cherubini: non è un caso se è a lui che Muti ha voluto intitolare la giovane orchestra. 

«In Germania negli anni Novanta le orchestre erano una novantina, adesso ce ne sono circa 130 stabili. In Italia le orchestre stabili non superano la trentina. E le istituzioni che funzionano davvero, che hanno produzioni, che suonano, si contano sulle dita di una mano. E, soprattutto, da noi c’è un problema culturale: la musica classica attraversa una crisi di pubblico. Ne è esempio quello che passa in tv: le ultime interviste a grandi musicisti, come quella a Uto Ughi ospite a “Porta a Porta”, reiterano l’immagine di una musica per gente anziana che, purtroppo, ha perso anche l’udito. Questa non è una ottima propaganda che si fa per la musica classica, perché si continua a diffondere l’idea che sia solo un genere per vecchi. Questo fa dispiacere. In Italia c’è una gravissima crisi di pubblico. A seguire la prosa, come a vedere l’opera o a sentire un concerto sinfonico, la nuova generazione non va. Ci vanno solo gli anziani. E io lo vedo dal palco: non ci sono giovani tra il pubblico, c’è ogni tanto qualche nipotino con il nonno, ma sono piccoli casi isolati. Perché dico Germania, perché lì c’è questa cultura: se viene un pianista famoso a suonare, il teatro è “sold out” e devono montare i videoschermi all’esterno perché la gente vuole ascoltare quell’artista. Quando a Berlino organizzano i concerti all’aperto dei Berliner Philharmoniker c’è così tanta gente che sembra Woodstock, ci vanno con le famiglie. In Italia è impensabile, non c’è la cultura».

Eppure, sono numerosi i giovani che frequentano le scuole di musica, i Conservatori, che si formano su studi classici. Il fatto che poi cambino strada e si orientino verso altri generi, il jazz o il pop, è perché sono costretti?

«Assolutamente. E la responsabilità principale ce l’hanno le istituzioni. Il problema è il pubblico: se non c’è, io posso suonare alla follia la musica classica, ma se non intervengono le istituzioni non si risolve nulla. Io mi sono avvicinato alla musica classica perché quando andavo alle scuole medie indirizzo musicale la preside aveva fatto una convenzione con il Teatro Massimo. Così avevamo abbonamenti super-ridotti per noi studenti. Lei ci invogliava ad andare a teatro. Io per undici anni ho frequentato il Bellini, avevo l’abbonamento per opere e balletti. Lì è nata la passione».

L’Orchestra Cherubini suona nella Sala d’oro del Musikverein di Vienna

Nel suo percorso di avvicinamento al sogno tedesco, Alessandro Pizzimento ha fatto tappa a Lugano, dove frequenta il master in performance al Conservatorio locale. «Avevo conosciuto Enrico Fagone, che insegna lì. Lui è un grande contrabbassista, solista, direttore d’orchestra, l’anno scorso insieme ai Måneskin è stato l’altro italiano nominato ai Grammy per la classica, per aver inciso un disco con la London Symphony. L’avevo incontrato ad alcune masterclass, ed era stato lui stesso a invitarmi a Lugano. Il caso vuole che dal Conservatorio elvetico mi chiamino per un contratto di lavoro, cercavano un aggiunto. Non avevo ancora finito a Catania, però vado in Svizzera solo per lavorare. Vedo l’ambiente, conosco meglio Enrico e, anche su consiglio del mio insegnante di Catania Carmelo La Manna – che da più di un anno mi ripeteva: “Adesso finisci e poi vai via, vai all’estero” – decido di restare a Lugano a studiare».

Alessandro lo raggiungo a Ravenna, dove ha sede l’Orchestra Cherubini. È appena tornato dalla tournée che ha fatto tappa prima a Vienna e poi ad Aquileia. Adesso si appresta a vivere l’esperienza del 28 giugno a Lucca in mondovisione su Rai3 (ore 21) per celebrare il centenario di Giacomo Puccini: «Sarà un organico gigantesco, perché per festeggiare il ventennale saranno invitati anche molti “ex Cherubini”». Poi in luglio il tradizionale concerto del “Viaggio dell’Amicizia”, dove alla Cherubini si aggiungeranno Giovanni Sollima e Lina Gervasi al theremin, che da Ravenna lo porterà fin sull’isola di Lampedusa e a Berlino. Impegni che non gli consentiranno di partecipare al concerto dell’11 luglio al Cortile Platamone di Catania con l’Orchestra Jacaranda della quale ha fatto parte sin dagli inizi. 

«In realtà, sono voluto andare a Lugano anche per allontanarmi un po’ da Catania perché sentivo la necessità di dedicarmi allo studio del contrabbasso. Che a Catania mi risultava parecchio difficile per i vari impegni che avevo. Ho sempre suonato un sacco di strumenti, ho lavorato al Teatro Brancati con Tuccio Musumeci e Orazio Torrisi, poi per tre anni sono stato rappresentante d’istituto in Conservatorio e membro del Consiglio accademico. Tutti mi dicevano: “Alessandro sei molto talentuoso, potresti fare quello che vuoi”. Così mi son detto: “Vado a Lugano per dedicarmi soltanto al contrabbasso”. Perché voglio fare l’orchestrale. Non tocco un mandolino, non suono un friscalettu o la zampogna da un anno e quindi mi verrebbe difficile salire sul palco con la Jacaranda».

D’altronde quando chiama Muti. A proposito, qual è il rapporto fra lui e gli orchestrali: si comporta da maestro o da dittatore?

«Ovviamente lui è sempre il direttore d’orchestra, una figura leggendaria. Con noi, però, si pone in maniera molto familiare, Ci tratta come se fossimo i suoi nipoti. Quando durante le prove non siamo impeccabili, non ci rimprovera, si concede qualche battutina. “Se domani non lo fate bene, ve la vedrete con me”, ma non con atteggiamento minaccioso. Magari con un’orchestra professionale sarebbe più duro».

Alessandro Pizzimento nella Sala d’oro del Musikverein di Vienna

Questo nelle prove e se qualcuno sbaglia durante lo spettacolo dopo viene fustigato?

«No, no, no», ride Alessandro Pizzimento. «L’unica cosa che può accadere è vedere il volto crucciato del maestro sul podio. I rimproveri riguardano i comportamenti e gli atteggiamenti: quando si arriva in ritardo dopo la pausa, quando stai con le gambe incrociate. Questa è un’orchestra di formazione, quindi lui è lì per insegnare a tutti noi come si sta in un insieme di persone, la disciplina dell’orchestra oltre che la questione tecnico-musicale. È una educazione sociale. Sì è severo, ma non è cattivo per niente».

Oltre a te ci sono altri siciliani nell’Orchestra Cherubini?

«Sì, la compagine siciliana e catanese non è indifferente. Uno dei primi violoncelli è catanese, come pure alcuni violini, mentre un primo corno è un palermitano che vive e studia a Catania». 

Sono storie identiche alla tua, che hai dovuto lasciare la Sicilia per approfondire lo strumento e fare l’orchestrale?

«In effetti, io sono l’unico che è andato a studiare fuori. Gli altri ragazzi studiano tutti ancora a Catania. Alla fine, però, tutti vanno fuori: qualcuno alle masterclass di Santa Cecilia, altri all’Accademia di Imola o a quella della Scala. Si gira tanto. È giusto anche seguire scuole diverse e poi creare la propria idea musicale».

E magari portarla in Sicilia.

«Quello che sto facendo lo faccio per poi tornare in Sicilia; come ti dicevo mi sono trasferito a Lugano per iniziare la scuola d’arco tedesca perché mi piacerebbe vivere per un po’ l’orchestra in Germania, ma il mio pensiero va costantemente alla Sicilia».

1 Comment

  • Carmen Giugno 18, 2024

    “Dove le parole non arrivano… la musica parla.”
    Grande Ale 🤗

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