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PINO È dieci anni dopo

– Il 4 gennaio 2015 il cuore di Pino Daniele cessava di battere. Da quel giorno diventò uno dei miti e dei simboli di una città. Eppure, il suo rapporto con Napoli è stato sempre tormentato
 Per ricordarlo, il 4, 5 e 6 gennaio arriva nei cinema un documentario sul “Nero a metà”. E, sotto il Vesuvio, si organizzano tour nei luoghi dove il giovane Pino ha fatto i suoi primi passi nella musica

Il 4 gennaio 2015 alle 22:45 il cuore di Pino Daniele, dopo soltanto 59 anni, cessa di battere nel reparto di rianimazione dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma. Quella morte improvvisa diventerà l’argomento più cliccato quell’anno su Google Italia. 

Pino Daniele quel giorno entrò nel mito di una città, ne divenne un simbolo come De Filippo, Totò, Maradona e Troisi. Eppure, il nero a metà, il lazzaro felice, il mascalzone latino, l’uomo in blues, l’amatissimo Pino visse sempre un rapporto tormentato con Napoli. Come lasciano intuire le parole di Napule è, che ogni napoletano conosce a memoria: sono un’appassionata dichiarazione d’amore, ma di un amante che conosce bene i difetti dell’amata: “Napule è nu sole amaro, Napule è addore ‘e mare. Napule è ‘na carta sporca e nisciuno se ne importa e ognuno aspetta a’ ciorta”. A’ ciorta, ossia la sorte. Come a dire che a Napoli si vive nella rassegnazione, in una perenne attesa di una soluzione ai problemi.

Il rapporto con Napoli

Il murale di Pino Daniele a Napoli in piazza Bellini

Il tempo non aveva addolcito questa sua opinione, anzi. In un’intervista al Corriere, il cantautore era stato ancora più duro nei confronti della sua città: «Io non sono figlio di Napoli… io mi sento un figlio del Sud, un garibaldino. Da quando ho l’età della ragione ad oggi non è cambiato niente, anzi la situazione è peggiorata. Ma non voglio pensare che non ci sia più la speranza. Una speranza che purtroppo si riaccende soltanto quando salta fuori qualcuno: una volta è spuntato Maradona, una volta Troisi, una volta Pino Daniele… Purtroppo è un popolo che ha bisogno sempre di un re. O di un Masaniello». 

Da molti anni Pino Daniele aveva lasciato Napoli per vivere tra Roma e la Toscana, ma quando tornava nella sua città ogni concerto era sempre un trionfo. Tuttavia, anche nelle ore successive alla sua scomparsa questo rapporto tormentato è riaffiorato con i figli da una parte che decisero che i funerali si tenessero a Roma «perché noi siamo nati e viviamo qui» e il fratello Carmine che aveva invece dichiarato: «Noi fratelli vorremmo che i funerali fossero a Napoli: Pino è un pezzo di quella città».

Luminarie a Napoli con il testo di “Napule è”

Pino Daniele, per i napoletani, non era mai andato via. Il legame pur controverso con la città l’aveva mantenuto sempre reciproco e viscerale. La simbiosi ha avuto forse la fase di maggiore empatia con il concerto di Piazza Plebiscito, quello dei 200mila del 19 settembre 1981, momento di gioia e rinascita collettiva a poco meno di un anno dal terremoto.

Come tutti gli amori tormentati, quello fra Pino Daniele e Napoli è stato un amore vero di cui lui si è imbevuto fin da ragazzino, quando andava al porto dove sbarcavano quei marinai americani che portavano con loro il blues, la musica che lui ha saputo trasfondere nella grande tradizione melodica partenopea, creando uno stile che lo ha reso un artista unico, capace di emozionare i cuori non solo dei napoletani, ma di tutti gli italiani.

La carriera del “Mascalzone latino”

James Senese e Pino Daniele

Pino Daniele era nato il 19 marzo 1955 nel cuore del centro storico, in via Francesco Saverio Gargiulo, già nota come Vico Foglie a Santa Chiara, «all’ora e’ magna’» (all’ora di pranzo, ndr) come scrive lui stesso in Storie e poesie di un mascalzone latino. Era il primo di sei figli di una modesta famiglia e crebbe con la zia in piazza Santa Maria la Nova. Iniziò a suonare verso i 13 anni con una vecchia spinetta trovata in casa, poi con il complessino dei New Jet e la sua prima chitarra, una x27, nei localini del porto.

Diplomatosi ragioniere, nel 1975, è un session man per artisti come Jenny Sorrenti e Gianni Nazzaro, ma soprattutto incontra Mario Musella, voce degli Showmen, il “nero a metà” che ricorderà tutta la vita. Sempre nel 1976 entra a far parte, come bassista, del gruppo precursore del cosiddetto “neapolitan power”, ‘Napoli Centrale’ fondato dal sassofonista James Senese, che con la sua storia di “nero napoletano” è un autentico ispiratore per Daniele.

Con i primi brani in dialetto viene scritturato dalla EMI Italiana (Che caloreFurtunato) e fortissimo è il legame con la tradizione nell’album di esordio Terra mia del 1977 che contiene ‘Na tazzulella ‘e cafe, lanciata da Renzo Arbore alla radio. Tre anni dopo Pino Daniele incide Nero a metà (uscito il 21 marzo 1980), il suo capolavoro: ci sono Voglio di piùAlleria, fino a quell’Appocundria «che me scoppia ogni minuto ’mpiett». Un concetto che spiegò così: «A volte mi sento un marziano della realtà, perché sto male, ho questa cosa dentro che mi rode e non capisco cos’è. Ho un’angoscia che mi acchiappa, un momento che chiamo Appocundria». È un sentimento ansioso/teso/intimo. È la stessa inquietudine che si sente svolazzare intorno ai vecchi blues del Delta, ma che si respira anche nel duende del flamenco – così intensamente descritto da Federico García Lorca – e nelle intraducibili Sehnsucht e Heimweh della grande letteratura romantica tedesca. Assenza, nostalgia, rêverie, un’inguaribile malinconia. Sono alcuni tratti che entrano ed escono, come un fiume carsico, dalle sue canzoni.

Pino Daniele è l’impressionista di un mondo quotidiano. Il blues è uno degli humus dai quali ha attinto: «È il mio modo di proporre le cose con l’anima». Ma non c’è solo il blues nella sua musica. Ci sono l’amatissimo jazz («Non voglio andare in America, voglio costruire la mia America nel posto in cui sono nato»), samba, bossa nova, musica araba, rock, fino alla musica del madrigalista Gesualdo da Venosa del quale incise Oh, disperata vita. «La musica di Gesualdo è il suono della voce umana. Ha indicato una strada, come nel jazz fece Miles Davis», diceva.

La voce di Daniele era sabbiosa e ventosa, faceva da perfetto pendant con le sue chitarre, soprattutto acustiche. Il suo canto metteva in risalto, specialmente nell’ultimo periodo, i lati esteticamente meno belli della voce: rugosità, stanchezza, che le conferivano sensualità. Le sue ballad, come Resta cu’mmeJe sto vicino a teSe tu fossi quiMal di te… diventano luogo dei pensieri struggenti.

Nel cuore dei napoletani e non solo, Pino Daniele è da molti anni collegato al ricordo del grande amico Massimo Troisi per il quale aveva scritto le musiche dei film compresa la celebre Quando, e per lui aveva musicato le strofe di “‘O ssaje comme fa ‘o core”. Daniele, che ha collaborato con i più grandi artisti italiani e internazionali, nel 2005 ha inciso anche la sua versione di It’s now or never (cover inglese di ‘O sole mio, a suo tempo lanciata da Elvis Presley). 

Il tour nei luoghi del giovane Pino

In occasione del decennale della scomparsa, il Comune di Napoli ricorda il cantautore con due giornate concepite per celebrarne l’eredità musicale e l’indissolubile legame con la città. Un tour nei vicoli, nelle strade e nelle piazze che hanno visto il giovane Pino muovere i suoi primi passi nella musica.

  • Sabato 4 gennaio, dalle 10 alle 22, un’esperienza immersiva rivolta a tutti i cittadini e i turisti: nelle strade che il cantautore e chitarrista ha percorso in gioventù risuonerà una selezione di brani noti e meno noti del suo repertorio. Da Piazza Santa Maria La Nova, a pochi passi dalla sua casa natìa, prenderà idealmente il via un percorso musicale che attraverserà vicoli e strade del centro antico per arrivare fino all’Istituto Elena di Savoia Diaz, dove l’artista si diplomò.
  •   Domenica 5 gennaio sarà la volta di “Napule è… I luoghi di Pino Daniele”, itinerario proposto dalla delegazione Fai di Napoli, grazie all’accordo stipulato con il Comune di Napoli. Il percorso, a cui sarà possibile partecipare gratuitamente previa prenotazione obbligatoria al link https://faiprenotazioni.fondoambiente.it, sarà condotto da Carmine Aymone e Michelangelo Iossa, autori dell’omonimo libro. Alle 19.30, la Chiesa Maria Immacolata della Medaglia Miracolosa (via Marco Aurelio 81) ospiterà il concerto gospel in onore di Pino Daniele, che vedrà sul palco The Blue Gospel Singers Choir.

Il documentario sugli inizi 

Negli stessi giorni, il 4, 5 e 6 gennaio, arriva nei cinema il documentario Pino Daniele – Nero a metà firmato da Marco Spagnoli, che ne cura anche la regia, e Stefano Senardi, amico di lunga data e storico produttore del musicista.

Il documentario ripercorre in particolare la prima parte della carriera di Pino Daniele quella degli album Terra mia (1977), cui fecero seguito Pino Daniele (1979) e Nero a metà(1980). Attraverso gli occhi di Senardi che conduce anche una serie di interviste ai musicisti, artisti e produttori che hanno collaborato con il musicista napoletano, il documentario grazie anche a tante immagini inedite offre uno sguardo approfondito e inedito sul legame tra Daniele e la scena musicale napoletana a partire dalla metà degli anni Settanta.

Senardi guida il pubblico attraverso una serie di incontri con alcuni dei più stretti collaboratori e amici di Pino Daniele che esordisce come chitarrista nella storica formazione napoletana Batracomiomachia, insieme a Paolo Raffone, Rosario Jermano, Rino Zurzolo, Enzo Avitabile ed Enzo Ciervo per poi diventare bassista di Napoli Centrale, la formazione di James Senese, che fondò il gruppo con Franco Del Prete, insieme anche negli Showmen. «Io gli dissi non ho bisogno di un chitarrista, ma di un bassista sì. Lui accettò e così gli comprai un basso, che lui non aveva e non poteva permettersi, e rimase con noi per circa due anni», racconta Senese. Che anni dopo fu chiamato da Pino a far parte di quella “all star band” tutta partenopea che comprendeva anche De Piscopo e Tony Esposito e che lo accompagnò a piazza del Plebiscito a Napoli, in quel concerto memorabile dove accorsero oltre 200mila persone.

La locandina del documentario “Pino Daniele – Nero a metà

«I ragazzini si erano infilati anche sotto le tavole del palco», ricorda sorridendo Esposito. «A un certo punto le vedevo sollevarsi mentre la mia postazione scivolava indietro». De Piscopo ricorda che «il concerto doveva essere tutto registrato, ma poi la pressione della folla era tale che si scassò tutto, e anche della macchina di Senese che aveva parcheggiato vicino al palco non rimase quasi nulla…». 

Il regista Marco Spagnoli crea una narrazione che mescola immagini di repertorio, tra cui quelle con Massimo Troisi, musica e testimonianze, da Teresa De Sio a Pietra Montecorvino, a Fausta Vetere della Nuova compagnia di Canto popolare, dando vita a un percorso che esplora la cultura napoletana e il suo legame indissolubile con Pino Daniele e rendendo Napoli un vero e proprio personaggio del documentario. In Pino Daniele – Nero a metà le immagini di Napoli, delle sue case viste dall’alto, del suo mare e dei suoi vicoli si fondono con le melodie di Pino, che sono interpretate da lui nei filmati d’epoca, e anche da giovani talenti napoletani: Andrea Radice, Gabriele Esposito e Chiara Ianniciello.

Spiega Stefano Senardi: «Il film è un omaggio affettuoso all’uomo e al musicista Pino Daniele, al riscatto che ha rappresentato per il suo popolo e la sua città, e racconta anche la rivoluzione musicale straordinaria che ha operato attingendo dalla tradizione e affrancandola da ogni schema». Il produttore dice di aver avuto «la fortuna di lavorare da vicino con Pino Daniele e riconoscerlo anche come uomo generoso ed estremamente attento alla libertà e alla giustizia. Una fortuna per me che l’ho sempre considerato uno dei più grandi artisti del mondo e sicuramente uno dei miei preferiti».

Concertone in settembre

Il doppio anniversario di Pino Daniele, il decennale della morte e i 70 anni dalla nascita (19 marzo 1955), oltre che da documentari e dalla pubblicazione di libri, sarà commemorato il prossimo 18 settembre in Piazza del Plebiscito a Napoli con Pino è – Il viaggio del Musicante, uno show evento unico che vedrà sul palco grandi nomi del mondo della musica e dell’entertainment.

Una festa con tanti ospiti, artisti, musicisti, amici e colleghi per ricordare Pino tra racconti, aneddoti, omaggi e ovviamente tanta musica. Verranno ripercorse la sua vita e la sua carriera, ricca di canzoni che hanno segnato intere generazioni.

Pino è – Il viaggio del Musicante sarà anche un evento di valore sociale, una preziosa opportunità per unire cultura e solidarietà, onorando e rinnovando l’impegno sociale di Pino Daniele. Il ricavato dell’evento verrà infatti devoluto a sostegno della ricerca oncologica pediatrica e della formazione artistica.

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