Storia

Peter Perrett, il cammino per la purificazione

– L’ex leader degli Only Ones, fra le più influenti band dell’era punk, pubblica l’album “The Cleansing”. Quarant’anni trascorsi a lottare con i suoi demoni fra alcol e droga
– «Dal 2011 sono “pulito”. Conosco il lato oscuro dell’esistenza e ora posso vederlo con umorismo nero». «La vita rock and roll ti incoraggia a mostrare la tua spavalderia»

Peter Perrett è una figura fondamentale nella storia del rock alternativo e del punk britannico, noto per la sua carriera come leader dei Only Ones, una delle band più innovative e influenti della scena musicale degli anni ‘70 e ‘80. Il suo stile di vita, la sua musica e il suo spirito di ribellione hanno segnato intere generazioni di fan, ma la sua vita è anche stata segnata da una serie di vicissitudini personali, tra cui dipendenze, difficoltà familiari e un lungo periodo di assenza dalle scene. La sua straordinaria capacità di reinventarsi, tuttavia, ha permesso a Perrett di risorgere e continuare a scrivere musica che parla della sua esperienza e delle sue lotte interiori.

È il caso di The Cleansing, il lavoro discografico pubblicato in questi giorni. “La purificazione” è la traduzione in italiano del titolo. E oggi anche una birra analcolica provoca un po’ di nausea al settantaduenne londinese. «Anche se è di 0,5 gradi, er qualche ragione, l’alcol è un veleno per me. Sono quarant’anni che non bevo ed è un peccato perché mi piace il vino con il cibo, non il suo effetto. Purtroppo, non conosco nessun vino analcolico decente».

Dal 2011 Perrett è “pulito”. Il che, in un certo senso, sembra un paradosso nella sua biografia, segnata dalla musica e dalla droga. Alla fine degli anni Novanta, sempre più segnato dalle sue dipendenze da droghe e alcol, Perrett scompare dalla scena musicale. La sua vita privata è travagliata, e la sua lotta con le droghe diventa leggendaria. Nonostante il suo talento indiscutibile, la sua carriera sembra destinata a rimanere nell’ombra. Perrett non è però una figura che può essere facilmente dimenticata. I fan continuano a ricordarlo, e nel corso degli anni cresce un culto attorno alla sua figura, come a quella di un outsider, di un artista che ha dato tutto senza risparmiarsi, ma che è anche stato distrutto dai suoi stessi demoni.

«Mi piacciono la musica o le droghe, l’una o l’altra, ma non entrambe allo stesso tempo, anche se ci sono colleghi che le combinano», dichiara in una intervista a El Pais. «Piccole parti della mia vita sono state legate alla musica, e non posso fare a meno di parlare di droghe, perché ne hanno rappresentato la parte più importante. Conosco il lato oscuro dell’esistenza e ora posso vederlo con umorismo nero. Ho dormito e mi sono svegliato vedendo questo mondo così com’è adesso».

“Another Girl, Another Planet”

Peter Perrett nasce l’8 aprile 1952 a Londra, in una famiglia di origini polacche. La sua passione per la musica si sviluppa fin da giovane, influenzato dalla scena musicale degli anni ‘60, ma è negli anni ‘70 che inizia a farsi notare come figura centrale del movimento punk. La sua band, The Only Ones, nasce nel 1976 e, con un sound unico, riesce a farsi un posto tra le band più originali dell’epoca. Un mix di punk, rock e influenze da mod, la band è caratterizzata dal talento di Perrett nel combinare melodie orecchiabili con testi brillanti e a volte malinconici.

L’album di debutto della band, intitolato proprio The Only Ones (1978), diventa subito un cult per i fan del genere. Il singolo Another Girl, Another Planet è un classico del punk, una canzone che coniuga riff energici e liriche profonde, incentrate su temi di amore e alienazione, che diventeranno un marchio di fabbrica dell’artista britannico. Una canzone che ha un alone mitico e si sostiene che parli di droga. Perrett nega: «Si tratta di una storia d’amore, usando l’analogia dell’innamoramento per la droga». Solo una canzone della sua fase iniziale è stata direttamente ispirata dai narcotici: The Beast. «Ma era contro la droga: avvertiva le persone dei loro pericoli».

Furono queste sostanze, oltre allo scarso impatto commerciale della loro musica, a porre fine a The Only Ones. Con la morte della band, emerse l’altro lato di Perrett. La droga divenne il suo obiettivo. «A poco a poco ho dimenticato quello che avevo vissuto con il gruppo», ricorda. «A quel punto la band si sciolse. Crack, eroina, non pensi ad altro. Soprattutto con il crack. Non hai tempo per prendere in mano la chitarra, ho smesso di scrivere. Poi ho sperimentato i farmaci, ma non erano una ossessione». 

I prodotti chimici erano il suo sostentamento. Con sua moglie, Zena Kakoulli, con cui Perrett scappò a 16 anni e sposò nel 1970, trasformavano la cocaina in crack. Nel 2004, un medico li avvisò: se avessero continuato ad assumere droghe avrebbe fatto una brutta fine. «Così abbiamo iniziato a consumarne il doppio, solo per alleviare il dolore di quel pensiero».

Nel 2011 esce fuori dal tunnel

Soltanto nel 2011 Perrett ha eliminato la droga. «Ho diminuito gradualmente», spiega. «Odiavo essere trascinato fuori dalla normale esistenza delle persone. Sono maturato. Probabilmente sarei potuto maturare prima se fossi stata una persona più equilibrata e meno compulsiva. Quindi non ho pensato alle conseguenze. La vita rock and roll ti incoraggia a mostrare la tua spavalderia».

Dopo aver rinunciato alla droga, ha riacquistato l’abitudine di comporre. Nel 2017 ha pubblicato il suo primo album da solista, How the West Was Won. Nel 2020 è arrivata la pandemia e i servizi sanitari hanno raccomandato alla coppia, data la loro salute cagionevole, di non uscire di casa. Era marzo e non hanno più messo piede in strada – se non per andare dal medico – fino a settembre 2021. Il 27 ottobre 2021 va a un concerto con suo figlio, beve una birra, socializza e viene contagiato. Quattro giorni dopo si ritrova ricoverato in ospedale, dove rimase per tredici giorni. Poi è caduto da una sedia e si è rotto l’anca, scoprendo di avere una grave osteoporosi. È stato costretto a un lungo periodo di riabilitazione per tornare a camminare. 

Non ha paura della morte – «ciò che mi spaventa è che mia moglie muoia prima, perché non so come affrontare la cosa» – ma il tema della mortalità accompagna l’album The Cleansing. La musica di Peter Perrett non è mai stata soltanto rumore o disillusione. La sua voce, unica e suadente, è riuscita a incanalare tutta la rabbia, la confusione e la speranza tipiche della sua generazione. Ma ciò che distingue il suo stile è la capacità di evocare emozioni complesse e ambigue, mettendo in luce non solo il lato oscuro del punk, ma anche una vulnerabilità autentica. I testi di Perrett non sono mai banali: sotto la superficie di riff abrasivi e ritmi pulsanti, si nascondono meditazioni sull’amore, sulla dipendenza e sulla solitudine, temi che hanno attraversato tutta la sua carriera. 

Il nuovo album è la narrazione sempre coinvolgente di Perrett che è al centro della scena, sia nel triste Set the House on Fire, in cui il suo partner in auto-annientamento si immola accidentalmente «come Richard Pryor», o in Secret Taliban Wife «che mi sta «inviando video su WhatsApp». Perrett è sostenuto da un cast di supporto stellare che include Johnny Marr, Bobby Gillespie e Carlos O’Connell dei Fontaines DC, insieme ai suoi figli Jamie (chitarra/produzione) e Peter Jr (basso).

Le venti tracce dell’album forse potevano essere ridotte, ma The Cleansing è comunque un trionfo per una delle voci più singolari della fine degli anni Settanta.

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