Zoom

Perché il Sanremo di Amadeus è da bocciare

Record d’ascolti e d’incassi, ma… Uomo azienda ha contribuito a trasformare il Festival della canzone italiana nel Festival degli interessi della Rai. Si bada ai dati Auditel, ai nuovi media, piuttosto che alla musica, alla cultura ed alla qualità del prodotto. Così viene a cadere la funzione primaria della tv pubblica

La Rai si autoincensa, snocciola dati eclatanti che non si registravano dal 1995 – oltre 12 milioni di spettatori con più del 66% di share, concorrenza annichilita -, annuncia il record nella raccolta pubblicitaria che sfonda la barriera dei 50 milioni. E fanno tutti muro a protezione degli “eroi” di questa trionfale edizione di Sanremo davanti agli attacchi della politica che minaccia una rivoluzione dei vertici della tv di Stato dopo un Festival che «ha passato il segno» con gli attacchi di Fedez, le performance di Rosa Chemical e tanti altri episodi che hanno infastidito anche la premier Giorgia Meloni. 

Eppure, sarebbero altri i motivi per bocciare questa edizione di Sanremo, la quarta guidata e diretta da Amadeus. Se la televisione, come i mass media, hanno il compito di informare, far conoscere e educare, il Festival di Sanremo, che è la sintesi suprema e la massima espressione, disattende a questa missione. Amadeus, alla stregua di Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, non fa altro che diffondere modelli consumistici e la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo. In questa settimana festivaliera i Tg della Rai non hanno parlato d’altro se non di record d’ascolti, di moda, gossip, social. Nessuno si è mai soffermato sulla qualità della proposta musicale e culturale. «L’omologazione non è in atto, è compiuta. E Coletta (direttore del prime time, nda) ne è il sacerdote», scrive Vittorio Sgarbi sulle pagine de Il Giornale.

In alto, Stefano Coletta, direttore del prime time, e Amadeus. Sotto, Amadeus con Chiara Ferragni e mentre posta filmati su Instagram

I Festival di Amadeus sdoganano la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale. Regalano fama e trasformano in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcun spessore artistico. «La televisione deve educare senza imporre», scrive ancora Vittorio Sgarbi. «E quella di Coletta e Amadeus impone senza educare». 

La narrazione di questa edizione non è dettata dagli interventi sull’Iran o da quelli sulle donne, né dalla lettera di Zelinski o dai temi di alcune canzoni, ma dai modelli di consumismo estremo, messi in primo piano dai cosiddetti influencer rappresentati dalla coppia Fedez/Ferragni, strumenti utili per indurre i giovani a comprare gli oggetti e i dischi da loro proposti. Dai sogni social alimentati con l’inseguimento di migliaia di follower su Instagram. Dalle tante meteore che si trovano a passare in un determinato momento nei dintorni dei vertici delle classifiche di vendita. Dov’è finita la canzone d’autore? E la melodia? È morta? E dopo essersi glorificato per aver lanciato i Måneskin (ma non era stato Manuel Agnelli da XFactor) dove è stato dimenticato il rock? 

Il Festival di Sanremo insegue i format divulgati da Maria De Filippi, sfornando cloni, sdoganando il tamarro, aprendo i rubinetti dei pianti della tv del dolore. Non è un caso che Amadeus vada ad attingere soprattutto nei talent show. E non è un caso che la fetta di pubblico che si sta avvicinando alla gara canora di Rai1 sia composta da adolescenti fra gli 8 ed i 14 anni (+10/11%), quelli “dipendenti” dai social e dagli smartphone: gli stessi che, nel televoto, portano avanti Mr. Rain, Lazza, Tananai, a discapito di Giorgia o Colapesce Dimartino. 

Nella corsa ai record d’ascolti, il Festival e la Rai hanno perso quelli che dovrebbero essere i loro compiti primari: valorizzare la canzone italiana e educare. Gli artisti delle edizioni di Pippo Baudo, Fabio Fazio, Gianni Morandi venivano dalla gavetta non dai talent. Oggi il Festival della canzone è diventato il Festival degli interessi della Rai.

Sanremo e la Rai non sono un affaire politico. Sono un caso culturale per una televisione di Stato che avrebbe il compito di informare e far conoscere. Altrimenti si faccia pagare il canone da poltrone Sofà.

Vincitori e sconfitti: in alto Lazza (a sinistra), piazzatosi secondo, e la coppia Colapesce Dimartino mentre riceve il Premio “Mia Martini” da Andrea Spinelli, presidente della Sala Stampa. Al centro, Marco Mengoni, vincitore della edizione numero 73 del Festival di Sanremo. In basso da sinistra: Mr. Rain, Ultimo e Tananai, rispettivamente terzo, quarto e quinto nella classifica finale.

La classifica finale

1 MARCO MENGONI – “Due vite”

2 Lazza – “Cenere”

3 Mr. Rain – “Supereroi”

4 Ultimo – “Alba”

5 Tananai – “Tango”

6 Giorgia – “Parole dette male”

7 Madame – “Il bene nel male”

8 Rosa Chemical – “Made in Italy”

9 Elodie – “Due”

10 Colapesce Dimartino – “Splash”

11 Modà – “Lasciami”

12 Gianluca Grignani – “Quando ti manca il fiato”

13 Coma_Cose – “L’addio”

14 Ariete – “Mare di guai”

15 LDA – “Se poi domani”

16 Articolo 31 – “Un bel viaggio”

17 Paola & Chiara – “Furore”

18 Leo Gassmann – “Terzo cuore”

19 Mara Sattei – “Duemilaminuti”

20 Colla Zio – “Non mi va”

21 Cugini di Campagna – “Lettera 22”

22 gIANMARIA – “Mostro”

23 Levante – “Vivo”

24 Olly – “Polvere”

25 Anna Oxa – “Sali (Canto nell’anima)”

26 Will – “Stupido”

27 Shari – “Egoista”

28 Sethu – “Cause perse”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *