– Esce l’autobiografia di Luca Persico, il frontman dei 99 Posse. Un racconto dagli anni Settanta ai Novanta attraverso la musica, la politica, le piazze, le manifestazioni
– «Non abbiamo saputo dimostrare che un altro mondo è possibile. Ma un altro percorso sì. Oggi in Italia si dà per scontata la presenza di spazi occupati e autogestiti»
«Nel 1993 Curre curre guagliò fu uno spartiacque: scugnizzi incendiari incisero un disco per un’etichetta indipendente napoletana, la Flying Record, e mostrarono la strada: si poteva fare, si poteva dire quello che si pensava, si potevano denunciare le debolezze di una sinistra finta e troppo divisa. Per quello che ci riguarda, come canto, siamo attivi, le battaglie si vincono e si perdono, ma i collettivi restano. Non abbiamo saputo dimostrare che un altro mondo è possibile. Ma un altro percorso sì. Oggi in Italia si dà per scontata la presenza di spazi occupati e autogestiti. La battaglia per mantenerli aperti continua». La vocazione rivoluzionaria Luca “O’ Zulù” Persico non l’ha mai perduta. Anzi, la sottolinea nella sua autobiografia intitolata, appunto, Vocazione rivoluzionaria, uscita mercoledì 30 ottobre per Il Castello marchio Chinaski Edizioni.
«Autobiografia mai autorizzata», anche per mantenere l’appeal da ribelle senza pausa, amato e odiato per la sua musica, come per le sue posizioni politiche e sociali. Superati i 50 anni, O’ Zulù si racconta senza veli, aprendo a tutti le pagine della sua vita privata e della sua carriera artistica.
Essere il frontman dei 99 Posse è solo la punta dell’iceberg di un personaggio complesso e sfaccettato come Luca Persico. Curre curre guaglio’ sta li, però, a ricordare a tutti quello che è successo, come anche i nomi dei compagni persi per strada, delle canzoni e dei dischi e dei concerti lasciati a testimonianza di una semina importante: un altro mondo forse non è possibile, ma un’altra canzone sì.
Il libro si apre con versi che non sono stati vestiti da note. E che potrebbero aprire la porta a un futuro diverso: «E chi sa che non sia questa/ la mia ultima canzone». E poi è una corsa attraverso trent’anni, dai Settanta ai Novanta. L’infanzia, la scuola, l’emarginazione e il bullismo per un «occhialuto bambino sovrappeso», cresciuto tra l’amore della famiglia e un’educazione cattolica che gli stava stretta. Dagli studi al liceo classico alle prime militanze politiche con la sinistra antagonista, i primi ascolti musicali sullo sfondo di una Napoli popolare e ricca di fermento culturale. I centri sociali, l’università occupata dove organizzò una radio clandestina, oggetto di un servizio televisivo di Piero Chiambretti su Rai3.
Nel 1991 nacque il centro sociale Officina 99, e in quel periodo si intensificarono le attività politiche, dall’invasione di una base NATO in Sardegna ai frequenti scontri con le forze dell’ordine. Se nel ’92 nacquero i 99 Posse, alla firma del loro primo contratto discografico: «Non avevamo la più pallida idea di cosa stavamo per diventare».
Tra aneddoti divertenti, riflessioni personali e analisi della realtà sociopolitica di quegli anni, il libro passa in rassegna molte delle tappe fondamentali che hanno accompagnato l’interscambio profondo tra Luca e Zulù, di una band nata quasi per gioco ma destinata a diventare un fenomeno di massa. Gabriele Salvatores preso in giro al telefono, le canne sul set di Sud davanti a centinaia di poliziotti, il primo incontro con Meg all’università, e decine di altre tessere tra impegno sociale, amicizia e discografia, che compongono il mosaico dei 99 Posse. Rinunciare a tanti soldi e a molte apparizioni in tv in nome di saldi principi e valori, essere esclusi dal concerto del Primo Maggio per poi tornarci con Pino Daniele, jammare sul palco Vita spericolata con Vasco Rossi, sono solo alcune delle storie contenute in Vocazione rivoluzionaria.
E poi la politica, le piazze, le manifestazioni, il tragico racconto del G8, finanche l’incontro con il Subcomandante Marcos, che in piena notte si svegliò per aiutare Luca e i suoi compagni ad accendere un fuoco. I viaggi in Palestina e Iraq perseguendo fermamente quello spirito di solidarietà, amore e libertà che hanno contraddistinto sempre il percorso artistico e umano di Zulù.
Nel 2002 finisce l’avventura con i 99 Posse e parte il progetto Al Mukawama, così come sul lato personale conosce Stefania, la donna che diventerà sua moglie e la mamma di suo figlio. Nuova vita, lontana da eccessi e dipendenze che qualche volta hanno bussato alla sua porta con le vesti del “demonio”, ma stesso approccio per la sperimentazione musicale e per l’impegno nel contrastare la controparte politica.
Nel 2009 tornano i 99 Posse. Tra il 2017 ed il 2019 nasce un side project in DJ set con dj Spike. Poi il Covid, il teatro, la sperimentazione. La rivoluzione di ‘O Zulù si chiama Raúl, il figlio che compirà 12 anni a gennaio prossimo. Se l’è tatuato sulle dita di una mano. «Scrive rime da prima di saper scrivere, da quando ha iniziato a parlare, e quando era piccolo amava già giocare alle battle, ma ultimamente fa sul serio, sta lavorando ad un paio di canzoni e mi coinvolge nelle prove sui beat e nella rifinitura dei testi. Ha un flow naturale, il teatro nell’indole e una sicurezza di se che gli invidio. È impossibile trovare le parole per descrivere quanto mi renda felice e orgoglioso».