– La sophisticated lady della canzone italiana pubblica “Almost Blue”, dove il colore della malinconia e della speranza viene sviscerato nei testi in tutte le sue declinazioni
– Undici brani, dall’omaggio a Elvis Costello al jazz degli anni Trenta: «Come mi è già successo in passato, la salvezza la trovo nel jazz, che sia triste o allegro, slow o up-tempo»
Blue, l’album di Joni Mitchell del 1971, era stato predominante in Joni, il disco che Rossana Casale dedicò alla cantautrice canadese due anni fa. Blue, o meglio “quasi blu”, Almost Blue, torna a essere la tinta che influenza le atmosfere del nuovo lavoro della sophisticated lady della canzone nazionale.
Blu come il colore della malinconia e della speranza. Dal sentimento blu nasce il blues, quello che ha le sue radici nei canti degli schiavi dei campi di cotone, nella speranza di libertà e di rivalsa. Miles Davis lo chiamava il colore dei colori perché in sé raccoglie tutte le sfumature del pensiero creativo e tutti i sentimenti più profondi dell’uomo.
Ed è il colore blu, metafora di spiritualità e trascendenza, di tranquillità e del silenzio, della contemplazione, il concept del nuovo progetto di Rossana Casale per l’etichetta Giotto Music / Egea. Almost Blue è il titolo dell’album, omaggio al brano composto da Elvis Costello del 1982 per Imperial Bedroom e poi reinterpretato da Chet Baker, raccoglie brani del repertorio del jazz, dagli anni Trenta ad oggi, e un inedito – Shades of Blue – scritto a quattro mani con il pianista Luigi Bonafede. Undici brani in cui ricorre nel titolo la parola blu, che viene sviscerata nei testi in tutte le sue declinazioni.
«Era una giornata di sole di un anno fa, camminavo in spiaggia a Viareggio e mare e cielo si specchiavano e si fondevano sulla linea dell’orizzonte, era come se fossi immersa nel blu, Un momento mistico», ricorda. Da lì è nata l’idea e la voglia di dedicare un intero album al colore blu.
Rossana Casale decide di dedicare a questo colore il suo nuovo album perché come dice lei stessa «in questo momento sento l’esigenza di guardare più in la di quello che vivo ogni giorno, di perdermi in pensieri più profondi da ciò che la vita mi offre e mi chiede. Non mi sento parte del presente ma senza volerlo, lo sono, lo siamo. Così, come mi è già successo in passato, la salvezza la trovo nella creatività del jazz, che sia triste o allegro, slow o up-tempo».
Il jazz come rifugio o come il richiamo delle origini. «Per me il jazz è sempre stato casa. Da quando bambina risuonava tra le stanze la mattina, dai dischi di mio padre», dice Rossana Casale. «Nella sua creatività trovo la salvezza, ma senza che sia un’ossessione. In questo momento in cui rap e trap la fanno da padroni, non ho timore a camminare dall’altro lato del fiume e ad andare per la mia strada. Del resto, ognuno ha il suo ruolo e ogni fase ha un suo dopo. L’alternativa è cedere alla tentazione di fare la simpatica giovanilista per rimanere al centro dell’attenzione, magari con improbabili “featuring” spesso dettati dalle dinamiche discografiche più che da veri e propri incontri artistici. Anche se devo dire che ci sono collaborazioni particolarmente riuscite. Penso a Loredana Bertè con i Boomdabash. O a Roberto Vecchioni con Alfa all’ultimo Festival di Sanremo. Gli artisti con più esperienza possono dare credibilità ai più giovani, che sono passati attraverso l’inferno del lockdown e ora sono in cerca della loro identità, magari camminando sulle orme di altri per sentirsi più sicuri».
Le nuove generazioni sono lo specchio di un mondo ammalato: Covid, guerre, la paura della morte, la paura della vita… In ogni momento storico la musica riflette le necessità dell’uomo. Per questo abbiamo una musica più liberatoria, più semplice, più orecchiabile, ballabile. È un panorama molto povero, perché fatto di pochi accordi e di poche parole
Rossana Casale lavora molto con i giovani. È insegnante di canto al Conservatorio ed è stata anche spesso vocal coach in talent show. «Le nuove generazioni sono lo specchio di un mondo ammalato: Covid, guerre, la paura della morte, la paura della vita… In ogni momento storico la musica riflette le necessità dell’uomo. Per questo abbiamo una musica più liberatoria, più semplice, più orecchiabile, ballabile. È un panorama molto povero, perché fatto di pochi accordi e di poche parole. Io lavoro molto con i ragazzi, ma finora non è capitato di collaborare con qualcuno di loro. Già io percorro una strada in salita, fatta di ciottoli e rami: è difficile condividerla con qualcuno».
Una strada irta, piena di ciottoli e di rami, anche per il fatto di essere donna? «Il maschilismo c’è, ovunque, in tutte le situazioni, non solo nella musica. Piano, piano, la figura femminile comincia a farsi riconoscere. Io le mie battaglie le ho combattute e continuo a farlo. Purtroppo, è atavico che ci sia maschilismo. A volta anche per colpa di noi madri che forse facciamo poco per insegnare ai nostri figli il rispetto nei confronti delle donne. Lo vediamo in tutti gli omicidi di questi giorni, la ragazza incinta, la poliziotta uccisa dal collega… Non so quanto tempo ci vorrà per cambiare questa mentalità. L’uguaglianza deve ancora da venì».
Rossana Casale rivendica le scelte fatte nella sua vita, anche quelle che andavano controcorrente e contro ogni decisione razionale. «Dopo il successo a Sanremo a fine anni Ottanta, prima con Brividi, poi con Destino, la vita mi ha attraversato in pieno. Ho perso un figlio al settimo mese di gravidanza, sono stata in pericolo di vita e di colpo sono cresciuta. Cambio direzione, contro il parere di molti: taglio i capelli, accantono il mondo del pop e capisco di appartenere al mondo jazz. Senza spocchia, ma con l’amore che ho sempre avuto per la musica e con l’obiettivo di dare vita a un album jazz accessibile a tutti», sottolinea. «Almost blue, ovvero quasi blu, perché non si è mai certi di quello che si è veramente. Quasi integri, quasi sinceri, quasi seri, quasi generosi, quasi innamorati, quasi impegnati, quasi centrati, quasi uguali a ieri…».