Interviste

MURUBUTU, un rapper nelle città del mondo

– Il docente che quando scende dalla cattedra si trasforma nell’alfiere della Letteraturap va alla ricerca della vita segreta delle città nel suo nuovo album. «Racconto le vite che non sono visibili o che non vogliamo vedere». Da Palermo il 27 marzo partirà il tour
– Migranti, senzatetto, disperati e ladruncoli sono i protagonisti di quindici storie hip hop dai richiami letterari, filosofici e cinematografici con spruzzate jazz. Tra i “Vicoli” del capoluogo siciliano è ambientato il racconto di Dario, piccolo delinquente di periferia

Pastori, pupari, sposini e prostitute ritratti nel mentre di una peregrinazione senza fine (e almeno in parte senza senso) per le città della Sicilia, che sono “Le città de mondo” di Elio Vittorini: perché in questa sua Sicilia archetipica lo scrittore siracusano vorrebbe mettere tutto, descrivere tutto, comprendere tutto.

Migranti, senzatetto, disperati e ladruncoli sono invece fra i protagonisti delle vite segrete delle città del mondo di Murubutu, che interpreta la città come «un libro di pietra su cui scivola la storia, ma mi piace immaginarla anche come un organismo vivente e senziente, capace di concertare il destino degli uomini».

Alessio Mariani, 49 anni, in arte Murubutu, “stregone della parola”, docente di storia e filosofia a Reggio Emilia (foto Francesca Burrani)

Murubutu, ovvero lo “stregone della parola” è il nome d’arte dietro al quale si nasconde un serio professore di storia e filosofia, registrato come Alessio Mariani 49 anni fa all’anagrafe di Reggio Emilia. Quando scende dalla cattedra si trasforma in un rapper, ma nelle sue rime non troverete mai parole del gergo dei narcos, né riferimenti misogini o a soldi, armi e droghe. Semmai rimandi letterari a Walter Benjamin, Virginia Woolf, Honoré de Balzac, James Joyce, Italo Calvino, Federico Pace, Ray Bradbury, citazioni di filosofi, connessioni con il cinema. «C’è la volontà di veicolare contenuti di ordine culturale», sottolinea. «Non è un caso che il mio rap venga identificato come rap di ispirazione letteraria o Letteraturap».

Nei suoi album, come nel talk e negli show che porta in giro per l’Italia, Murubutu esplora l’intreccio tra le opere più importanti della narrativa europea e l’hip hop, mescolando il rap con una forte componente cantautorale e poetica, come nel disco Infernvm (2020) dedicato alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Nelle quindici tracce che compongono La vita segreta delle città, il suo settimo lavoro in uscita venerdì 7 marzo, il docente-rapper sposta il suo obiettivo sulle città. 

«Ho voluto raccontarle dalla prospettiva di un flâneur, un osservatore che si perde tra le sue strade per coglierne l’essenza e indagare le dimensioni più nascoste», spiega. «Lo sguardo che innerva il disco va a caccia dei dettagli e delle sfumature, interrogandosi sulle dinamiche degli spazi in cui l’umanità fiorisce e appassisce, e cercando di coglierne gli aspetti inosservati, i percorsi ignorati: la vita segreta delle città».

  • C’è un nesso con le città evocate: New York, Los Angeles, Dublino, Parigi, Palermo, Rio de Janeiro, Lisbona? Sono state tappe di tuoi viaggi? Perché Palermo e non Napoli?

«Non tutte le città, nel momento che cominci a scrivere, riescono a essere sintetizzate all’interno di una canzone. Questo non vuol dire che Palermo non sia strabordante, però io ho trovato un libro di Alli Traina in cui parla di diverse storie dedicate a Palermo: una di queste mi ha colpito particolarmente e sono riuscito a sintetizzarla in un pezzo. Mi sarebbe piaciuto molto farlo anche con Napoli, non è escluso che lo faccia in futuro».

  • Citi Megalopoli di Coppola, il Cronenberg di Fuga da Los Angeles, e c’è anche l’antica Costantinopoli. Passato, presente e futuro.

«Come ogni mio album, le canzoni hanno tutte una curvatura diversa. Ogni traccia è una istantanea capace di custodire l’anima pulsante della realtà e di fonderla con l’intensità della narrazione, creando mondi paralleli che si intrecciano e si sovrappongono, in un gioco di emozioni e immagini, visioni e poesie. Mi piace spostarmi nello spazio come nel tempo. E, quindi, ho voluto inserire elementi che riguardano il presente, il futuro, la distopia, ma anche la storia e quanto ogni città porti dentro di sé tutto questo flusso di eventi e lo rappresenti attraverso non solo l’urbanistica, ma anche nel suo modo di esistere come essere vivente».

  • E poi c’è la variegata umanità che abita queste città. Tu punti l’obiettivo sugli ultimi, su chi vive ai margini, eccezion fatta per Dublino dove parli dei coniugi Nora Barnacle e James Joyce.

«In realtà la vita segreta delle città sono soprattutto quelle vite che non sono visibili o che non vogliamo vedere. Sono queste vite che caratterizzano la città, ne mettono in rilievo le contraddizioni, i paradossi, l’alienazione. Però la cultura ufficiale si rifiuta di vedere e quasi vuole tenerle segrete».

  •  È un album pieno di storie: Yaguin e Fodè in fuga dalla Guinea nascosti nel ventre di un jet in “Minuscola”; la migrante scappata dal Madagascar e finita fra i locali lungo il Tago, nel cui canto ritornava tutta l’Africa (“Saudade”); in “Vicoli”, fra Spasimo e Santuzza, la storia di Dario, che “campa di furti, coi grammi campa sui buchi, fra tanti scappa alle luci / passa e contratta, ripassa poi spaccia in piazza”: tu lasci aperta una speranza di riscatto, di redenzione.

«La storia era molto più drammatica, però è vero lascio la speranza. Questo Dario è portato alla malavita dalla città stessa, ma è poi la stessa città che lo redime e gli apre un futuro migliore».

  • Città come madre ma anche carnefice.

«Certo, come organismo senziente che in qualche modo è in grado di influenzare il nostro destino».

  • C’è una tromba che ogni tanto fa capolino, colorando le canzoni. Notturna e malinconica in “Grande città”, più vivace e dinamica altre volte, porta un’atmosfera jazz.

«La tromba e il flicorno di Daniele Polimeni sono un valore aggiunto. L’esperienza che ho fatto recentemente con la Moon Jazz band, con la quale abbiamo fatto concerti in tutti i teatri, mi ha aperto al mondo del jazz che a me non era tanto noto e mi ha dato la possibilità di aprire i miei orizzonti musicali. Mi sono portato un po’ di questa eredità nel nuovo disco».

  • Il 27 marzo partirai in tour dai Candelai di Palermo, dove ti aspetta il “tutto esaurito”. Che spettacolo presenterai, sarà legato al disco?

«Sono contentissimo di essere ai Candelai, perché sono stati pochi i concerti che ho fatto a Palermo. È una città alla quale sono molto legato. Vengo ogni anno in Sicilia, ho tanti amici a Palermo. Purtroppo, abbiamo dovuto lasciare fuori tante persone. Con lo spettacolo precedente ero stato a Catania, a Messina, la scorsa estate sono venuto quattro volte in Sicilia».

  • Che pubblico trovi ai tuoi concerti?

«C’è un pubblico molto eterogeneo rispetto a un concerto rap tradizionale. Ci sono molti giovani, qualche giovanissimo, ma ci sono anche ultrasessantenni e intere famiglie. Quindi è piuttosto trasversale come fascia di utenza».

  • Ritornando al “live”, sul palco sarai accompagnato da una band?

«Questo tour sarà completamente con la band. Ho un quintetto base, nel quale ci sarà Daniele Polimeni, più Dia che è la mia corista».

E chissà se sul palco dei Candelai giovedì 27 marzo lo raggiunga Davide Shorty, uno dei tanti amici incrociati da Murubutu girando nelle città del disco. Fra gli altri incontri, quelli con Erica Mou, Alborosie, Ivana LCX, Dj Craim, Dj Caster, Danno ed Elisa Aramonte.

Dopo la data di apertura a Palermo, La vita segreta tour proseguirà il 28 marzo all’Hiroshima Mon Amour di Torino; il 4 aprile al Largo Venue di Roma; l’11 aprile all’Estragon di Bologna; il 12 aprile al Viper di Firenze; il 9 maggio all’Eremo di Molfetta; il 10 maggio al Duel di Napoli; il 17 maggio al Fabrique di Milano.

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