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MORRISSEY “apre” alla reunion degli Smiths

– Messo all’angolo dall’industria discografica e dai mass media, il cantante di Manchester si mostra disposto a stare sullo stesso palco con l’ex amico John Marr
– In una rara intervista, l’icona degli anni Ottanta parla della persecuzione che ha subito e della “cultura della cancellazione” della quale è vittima
– «Nessuno vuole pubblicare il mio album “Bonfire of Teenagers”. È un’indicazione di quanto infantile e spaventata sia l’industria musicale»
Morrissey

C’erano una volta The Smiths, i “signor Rossi” della new wave inglese, fantastico gruppo di Manchester formato da figli della “working class”, che fece leva sulla voce ascetica e malinconica di Morrissey, il “giovane Werther” del pop, e le trame chitarristiche di Johnny Marr per rinfrescare il pop inglese.  Il loro fu un passaggio veloce sulle scene musicali internazionali degli anni Ottanta: appena cinque anni, ma abbastanza per lasciare una traccia indelebile, affossando il punk, dando origine alla corrente brit-pop degli anni Novanta e influenzando band come Suede e Coldplay passando per Blur e Belle & Sebastian. La rivincita dell’uomo qualunque: Morrissey e Marr spazzarono via tutto nell’arco di pochi mesi, riazzerando il contatore e sprigionando energie ed entusiasmi di massa ai quali non eravamo più abituati, unendo un’altissima qualità sonora alla sommità delle classifiche. Il tutto consolidato da una semplicità perfetta.

I fan hanno sempre sperato in una reunion, ma gli schiaffi volati fra gli ex amici Morrissey e Marr hanno sempre spento il sogno. Che oggi, clamorosamente, sembra riaccendersi. Forse perché messo all’angolo dall’industria discografica che non gli pubblica gli album, «ce ne sono due già pronti», e dai mass media che lo hanno «cancellato» per le sue discutibili prese di posizione in difesa di Weinstein e Spacey (accusati di molestie sessuali), contro il multiculturalismo e per il suo ostracismo nei confronti di chi mangia carne, Morrissey comincia a dare segnali di cedimento. 

Lo dimostra già il fatto che sia uscito dalle barricate dei social, dietro le quali si nascondeva per lanciare i suoi strali, per farsi intervistare da Fiona Dodwell sulla sua pagina di Medium. E, davanti all’idea di condividere il palco con Marr, ecco come risponde il cantante:

Ho accettato perché sembrava che una cosa del genere sarebbe stata possibile. Abbiamo tutti iniziato a invecchiare. Ho pensato che il tour che è stato offerto sarebbe stato un buon modo per dire grazie a coloro che ci hanno sempre seguito. Non è perché ho un legame emotivo con Marr. Non ne ho completamente… Lui mi sembra insicuro e timoroso tanto quanto lo era negli anni Ottanta. Ma ottiene più adorazione dalla stampa fingendo di essere l’unico guardiano e custode degli Smiths, e finché se ne sta seduto in un angolo a lamentarsi di me ha un piedistallo che scomparirebbe in caso di una reunion. Afferma di trovarmi completamente indigesto, ma ogni volta che sale su un palco canta i miei testi, le mie melodie e le mie canzoni. È ipocrisia o autoinganno? Ha costretto le persone a scegliere tra Morrissey e Marr, e ne ho abbastanza dei suoi commenti da schiaffi. Li ho sopportati in silenzio per oltre trent’anni… La musica è davvero l’ultima cosa che unisce le persone, e se ti piace la musica allora ti piace la vita

morrissey

La grande musica, la grande arte, vanno ben oltre le relazioni umane e il dramma, e sembra che Morrissey conosca profondamente questa verità. Il fatto che si mostri disposto ad abbandonare qualsiasi tensione per portare gioia ai fan degli Smiths la dice lunga. 

È stanco Morrissey. Di sopportare accuse, insulti, calunnie, ingiurie. Di essere isolato, dimenticato, respinto, deriso. Bonfire of Teenagers (ovvero, “Il falò degli adolescenti”), il suo ultimo lavoro, il cui titolo fa riferimento all’attentato del 22 maggio 2017 al termine del concerto di Ariana Grande alla Manchester Arena, nel quale persero la vita 22 persone (più Salman Abedi, l’attentatore affiliato all’ISIS) non lo ha voluto pubblicare nessuna etichetta discografica. «Essere cancellati è la versione moderna del linciaggio», accusa Morrissey.

Il tuo sostentamento, la tua capacità di sopravvivere, i tuoi rapporti con chiunque tu lavori, vengono tutti attaccati silenziosamente in modo che tu non possa più funzionare. Non è mai stato fatto uno studio adeguato sulla portata della cultura della cancellazione e su quanto sia profonda e feroce. Non è un’esagerazione drammatica dire che le persone che vengono cancellate sono spinte fino al punto del suicidio. E per cosa? Nella speranza che l’intero Paese ami la stessa musica, gli stessi libri, la stessa commedia, la stessa politica, gli stessi film? Questo non potrà mai accadere! “Bonfire Of Teenagers” è la versione moderna di “The Queen Is Dead“, ma il fatto che nessuna etichetta lo pubblicherà è un’indicazione di quanto infantile e spaventata sia diventata l’industria musicale

Morrissey

A farlo andare avanti in questi anni, durante i quali ha dovuto anche combattere la battaglia contro il tumore, è stato il lavoro. «Non credo di aver mai lasciato il mio posto. Il che è un pensiero paralizzante! Amo le canzoni e trabocco di orgoglio quando le ascolto. Le registrazioni da solista sono il mio orgoglio e la mia gioia più grandi. Non potrei chiedere niente di più dalla vita di quelle canzoni. I pezzi degli Smith sono potenti, ma sono radicati nella giovinezza, mentre le canzoni da solista si rivolgono a un mondo che va oltre Manchester. Doveva essere così, in qualche modo. Molte persone, lo so, volevano che rimanessi un ragazzino con le gambe a fuso che volteggiava per Manchester… ma sarebbe ridicolo alla mia età».

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