L’artista italoamericana pubblica un album di canti natalizi della tradizione del Meridione d’Italia ricco di sorprendenti intrecci. Sotto la produzione di Mario Monterosso, il rocker catanese di Memphis, fa duettare tammurriata e rockabilly, e un pianoforte alla Jerry Lee Lewis infiamma “Diu vi manna l’ambasciata” dal repertorio di Rosa Balistreri. «La musica popolare è un codice in continuo cambiamento. Arriva a noi già contaminata da altre culture e va via via mutando ad ogni incontro con una nuova cultura»
«Sabbinirica! Welcome! Sono così felice che tu sia passato. Ricordi quando eri bambino e raccoglievi conchiglie mentre vagavi lungo la spiaggia? Lo faccio ancora… e faccio lo stesso con le canzoni… le canzoni siciliane… Allora, andiamo, gironzola con me…». Così Michela Musolino invita chi entra nel suo sito a lasciarsi coinvolgere dalla sua musica, dalla sua solarità, dal suo entusiasmo.
Michela, il cui cognome riporta a un celebre bandito calabrese, è nata nel New Jersey, ma, come sottolinea al telefono parlando da Memphis, «sono cresciuta nelle tradizioni, nipote di migranti calabresi (il nonno) e siciliani (la nonna)». E, secondo le antiche tradizioni, come donna del Sud, ha anteposto sempre la famiglia alle sue ambizioni e alle sue passioni. Per la musica, in particolare. «Anche perché l’artista fra i meridionali non viene visto come una professione, un lavoro», commenta. «Ricordo un mio cugino che faceva l’attore. “Poveretto, non è un mestiere per gente brava, è circondato da deficienti”, dicevano».
Dopo gli studi, tante volte Michela si era sentita attratta dal mondo della musica. «È stata il nastro rosso nella mia vita, mi chiamava sempre, ma io non arrivavo». La musica ha però atteso con pazienza che la ragazza calabrese, diventata nel frattempo moglie e poi mamma, crescesse sua figlia, salvasse il suo matrimonio e accudisse ai suoi anziani genitori fino ai loro ultimi giorni, tra un caffè e un gelato serviti nei bar gestiti a New York dal marito. La musica l’ha aspettata, perché, come tutti gli artisti con cui Michela era entrata in contatto, aveva fiutato che in quella donna meridionale, caparbia e coraggiosa, dai capelli corvini e dal dolce sorriso, albergava un grande talento.
«Ero attratta dalla Sicilia, dal suo dialetto, dalla sua musica. Il dialetto è il primo suono che ho sentito, era il codice fra i miei per non farmi comprendere cosa dicevano quand’ero piccola», racconta Michela Musolino. «Quel suono intenso, misterioso, mi ha sempre affascinato. Volevo fare teatro, poi ho studiato lingue. Mi sono laureata in lingue, e una è stata l’italiano. Sapevo però che il palcoscenico sarebbe stato il mio destino. Quand’ero chiusa a casa a causa di mia figlia, appena lei si addormentava, passavo ore ad ascoltare musica siciliana. Così quando ho dovuto accudire mio padre prima e mia madre poi».
La musica siciliana scorreva nelle vene della donna italoamericana. «Mio nonno suonava il concertino, mia nonna il tamburello: fu l’unica cosa che si portò in America quando emigrò». E un tamburello fu la prima cosa che Michela si comprò quando cominciò a immergersi nella tradizione: «Mio padre si complimentò: “Figlia questa è la tradizione, è una cosa da donna. Nonna e bisnonna suonavano il tamburello”».
In ritardo, grande ritardo, Michela rispose alla chiamata della musica. Ma è riuscita a recuperare in fretta «perché capivo subito tutti i balli» quando s’iscrisse a un corso di danze folk, «perché potevo cantare» e perché si è applicata con grande dedizione e passione. Ha studiato Commedia dell’Arte con Enzo Aronica e Lydia Biondi, movimento e mimo con Yass Hakoshima, canto con Louisa Nadir. Ma, soprattutto, ha cominciato a viaggiare da studiosa fra l’America e la Sicilia. «Da bambina andavo spesso in vacanza con i miei, poi ci sono tornata da adulta da sola per cercare la musica». E, in Italia, registra il suo primo album, Songs of Trinacria, con Alfio Antico come guida nel mondo ancestrale siciliano. «Sono andata in giro per trovare materiali, ho incontrato tante persone, amici a Messina, una comunità a Selinunte che mi hanno aiutato».
Con un bagaglio carico di canzoni e conchiglie, Michela tornava negli States, mettendo in collegamento quel materiale con la cultura americana. «Le contaminazioni rientrano nel percorso di vita di una italoamericana, fanno parte della musica. La musica popolare è un codice in continuo cambiamento. Arriva a noi già contaminata da altre culture e va via via mutando ad ogni incontro con una nuova cultura. Perché la musica è condivisione».
E l’artista porge l’esempio di O Sanctissima, uno dei brani inseriti nel disco La notti triunfanti appena uscito, raccolta di canti natalizi meridionali. Comincia come un gospel per poi confondersi con We Shall Overcome. «Molti la ritengono una canzone da chiesa, invece è siciliana», sostiene Michela Musolino. «L’avevo ascoltata nelle chiese, cantata in latino, ma mia madre mi chiedeva di cantarla, ripetendo: “Tua nonna la cantava ed era siciliana”. Anche alcuni libri confermano le radici siciliane: sarebbe legata alle tradizioni dei marinai per la festa di San Nicola del 6 dicembre, anzi era considerata l’inno dei marinai siciliani. La canzone cominciò a circolare in Europa e in Germania entrò nelle chiese. Dalla Germania in America, prima come canto religioso, poi nel repertorio delle bande degli eserciti durante la Guerra Civile e suonata quando uno schiavo negro veniva liberato. Da lì è derivata We Shall Overcome. Hanno la stessa melodia».
«La musica mi ha salvata… Non ho avuto una carriera di successo, ma non cambierei nulla. Guardando indietro, mi meraviglio ancora di questa mia esperienza»
Michela Musolino
A contribuire a questo incrocio di musiche e culture è la chitarra di Mario Monterosso, il rocker catanese di Memphis, produttore dell’album La notti triunfanti. Il rockabilly solletica la tammurriata del Settecento Ninna Nanna di S. Anna; un piano alla Jerry Lee Lewis infiamma Diu vi manna l’ambasciata, uno dei tre brani attinti dal repertorio di Rosa Balistreri (gli altri due sono Sutta un pedi e Nni la notte triunfanti); violini, chitarre country e organi Hammond s’intrufolano tra antiche arie natalizie del Molise (L’uocchie belle di Santa Lucia) o filastrocche di anziane donne di Bagheria (Tiritera); mentre in Quanno nascette Ninno, canto napoletano del 1754, Michela si confronta con Mina, anche lei interprete dell’antenato del più popolare Tu scendi dalle stelle.
Canzoni siciliane, calabresi, campane e molisane che Michela Musolino porta sui palchi di tutta l’America, in festival world come in luoghi storici di New York, dalla Rainbow Room al Rockefeller Center sino alla Cattedrale di San Giovanni il Divino. «Ci sono diversi tipi di persone che vengono ai miei concerti», spiega. «C’è l’italoamericano che vuole connettersi con una parte della sua identità o ricordare qualcosa che non c’è più. Ma ci sono anche gli appassionati di world music, di musica etnica, alla scoperta di altre tradizioni. E quella siciliana è bellissima. Mescolandola con la cultura americana, la si rende più inclusiva. Non c’è un problema linguistico. Durante i concerti, io cerco di spiegare la storia che c’è dietro a queste canzoni. Alla fine, ci sono persone che vengono nel mio camerino e mi dicono. “Non ho capito una parola, però mi sono divertita”. E questa è la magia della musica».
Una magia, come quella del Natale che Michela Musolino canta in La notti triunfanti. Una magia che può cancellare tutte le amarezze e i drammi della vita. «La musica mi ha salvata… Non ho avuto una carriera di successo, ma non cambierei nulla. Guardando indietro, mi meraviglio ancora di questa mia esperienza». Che, presto, continuerà con un nuovo capitolo.
Michela Musolino: “We Shall Overcome”? She is sicilian
The Italian-American artist publishes an album of Christmas carols from the tradition of Southern Italy full of surprising intertwining. Under the production of the Catania rocker Mario Monterosso, she makes tammurriata and rockabilly dance together, and a piano a la Jerry Lee Lewis ignites “Diu vi manna l’ambasciata” from Rosa Balistreri’s repertoire. «Popular music is an ever-changing code. It comes to us already contaminated by other cultures and is gradually changing with each encounter with a new culture»
«Sabbinirica! Welcome! I’m so glad you passed. Remember when you were a child and collected shells while wandering along the beach? I still do it … and I do the same with the songs … the Sicilian songs … So, let’s go, wander around with me … ». So Michela Musolino invites those who enter her site to get involved in her music, her radiance, her enthusiasm.
Michela, whose surname refers to a famous Calabrian bandit, was born in New Jersey, but, as she points out on the phone speaking from Memphis, «I grew up in traditions, grandson of Calabrian (grandfather) and Sicilian (grandmother) migrants». And, according to ancient traditions, as a woman from the South, she has always put the family before her ambitions and her passions. For music, in particular. «Also because the artist among the southerners is not seen as a profession, a job», she comments. «I remember a cousin of mine who was an actor. “Poor fellow, it’s not a job for good people, he’s surrounded by morons”, they said ».
After her studies, Michela had often felt attracted to the world of music. «It was the red ribbon in my life, she always called me, but I didn’t come». The music, however, waited patiently for the Calabrian girl, who in the meantime became a wife and then a mother, to raise her daughter, save her marriage and look after her elderly parents until their last days, between a coffee and an ice cream served in the managed bars. in New York with her husband. Music waited for her, because she, like all the artists Michela had come into contact with, she had sensed that in that southern woman, stubborn and courageous, with raven hair and a sweet smile, she harbored a great talent.
«I was attracted to Sicily, by its dialect, by her music. The dialect is the first sound I heard, it was the code among mine to keep me from understanding what they said when I was little», says Michela Musolino. «That intense, mysterious sound has always fascinated me. I wanted to do theater, then I studied languages. I graduated in languages, and one was Italian. But I knew that the stage would be my destiny. When I was closed at home because of my daughter, as soon as she fell asleep, I spent hours listening to Sicilian music. So when I had to look after my father first and my mother later ».
Sicilian music flowed through the veins of the Italian American woman. «My grandfather played the concertino, my grandmother played the tambourine: it was the only thing he brought to America when he emigrated». And a tambourine was the first thing that Michela bought when she began to immerse herself in tradition: «My father complimented himself: “Daughter, this is tradition, she is a woman’s thing. Grandmother and great-grandmother played the tambourine”».
Late, very late, Michela answered the call of the music. But she managed to recover quickly «because I immediately understood all the dances» when she enrolled in a folk dance course, «because I could sing» and because she applied herself with great dedication and passion. You studied Commedia dell’Arte with Enzo Aronica and Lydia Biondi, movement and mime with Yass Hakoshima, singing with Louisa Nadir. But, above all, she began to travel as a scholar between America and Sicily. «As a child I often went on vacation with my parents, then I went back there as an adult alone to look for music». And, in Italy, she records her first album, Songs of Trinacria, with Alfio Antico as a guide in the Sicilian ancestral world. «I went around to find materials, I met many people, friends in Messina, a community in Selinunte who helped me».
With a baggage loaded with songs and shells, Michela was returning to the States, connecting that material with American culture. «Contaminations are part of the life path of an Italian American, they are part of the music. Popular music is an ever-changing code. It comes to us already contaminated by other cultures and is gradually changing with each encounter with a new culture. Because music is sharing ».
And the artist gives the example of O Sanctissima, one of the songs included in the recently released album La notti triunfanti, a collection of southern Christmas carols. It begins as a gospel and then merges with We Shall Overcome. «Many consider it a church song, but it is Sicilian», says Michela Musolino. «I had heard it in churches, sung in Latin, but my mother asked me to sing it, repeating: “Your grandmother sang it and she was Sicilian”. Even some books confirm the Sicilian roots: it would be linked to the traditions of the sailors for the feast of San Nicola on December 6, indeed it was considered the hymn of the Sicilian sailors. The song began to circulate in Europe and in Germany it entered churches. From Germany to America, first as a religious song, then in the repertoire of army bands during the Civil War and played when a black slave was released. From there We Shall Overcome is derived. They have the same melody ».
Contributing to this intersection of music and cultures is the guitar of Mario Monterosso, the sicilian rocker from Memphis, producer of the album La notti triunfanti. Rockabilly tickles the tammurriata of the eighteenth century Ninna Nanna di S. Anna; a piano a la Jerry Lee Lewis inflames Diu vi manna l’ambasciata, one of the three songs drawn from Rosa Balistreri’s repertoire (the other two are Sutta un pedi and Nni la notte triunfanti); violins, country guitars and Hammond organs sneak between ancient Christmas arias from Molise (L’uocchie belle di Santa Lucia) or nursery rhymes of elderly women from Bagheria (Tiritera); while in Quanno nascette Ninno, a Neapolitan song of 1754, Michela confronts Mina, also interpreter of the ancestor of the more popular Tu scendi dalle stelle.
Songs from Sicily, Calabria, Campania and Molise that Michela Musolino brings to stages across America, in festivals in the world as well as in historic places in New York, from the Rainbow Room to Rockefeller Center to the Cathedral of San Giovanni il Divino. «There are different types of people who come to my concerts», she explains. «There is the Italian American who wants to connect with a part of his identity or remember something that is no longer there. But there are also fans of world music, ethnic music, discovering other traditions. And the Sicilian one is beautiful. By mixing it with American culture, it makes it more inclusive. There is no linguistic problem. During the concerts, I try to explain the story behind these songs. Eventually, there are people who come to my dressing room and tell me. “I didn’t understand a word, but I enjoyed it”. And this is the magic of music ».
A magic, like that of Christmas that Michela Musolino sings in La notti triunfanti. A magic that can erase all the bitterness and tragedies of life. «Music saved me… I haven’t had a successful career, but I wouldn’t change anything. Looking back, I am still amazed by this experience of mine ». Which, soon, will continue with a new chapter.
2 Comments