– Il cantautore salentino in “La spada e l’incanto” riscrive in forma canzone il “Cantico delle Creature”, affrontando temi come l’ambiente, il lavoro, la guerra. L’album esce venerdì 16 maggio, quando l’artista sarà in concerto al Meeting Francescano del Mediterraneo di Palermo
– «È un’opera che mi ha sempre affascinato, per quello che racconta, per il rapporto con e tra gli elementi e tra gli esseri umani. Lo sprone è stato successivamente associato alla figura del poverello d’Assisi. Raccontando la sua vita, i suoi viaggi, parlo della nostra epoca». «Nessun legame con le commemorazioni per l’ottavo centenario»
– Più che un disco solista, è un lavoro corale, con la partecipazione del gotha della musica salentina. «Sono persone in grado di tradurre musicalmente il messaggio che ho cercato di trasmettere con queste canzoni, Mi piace l’idea di poter coinvolgere musicisti che stimo, che penso abbiano la capacità di creare un valore aggiunto»
Tre volte ottocento anni: dalle stimmate nel 2024, dal Cantico delle Creature quest’anno, dalla morte nel 2026. Se aggiungiamo lo shock per la scomparsa di Papa Bergoglio, è comprensibile il prepotente ritorno della figura di Francesco, il “poverello” di Assisi.
«C’è un effetto legato alle commemorazioni, ma penso che, nella fase storica che stiamo attraversando, ci sia il bisogno di riscoprire una figura rivoluzionaria come quella di Francesco», commenta Massimo Donno. «Bergoglio, ad esempio, ottocento anni dopo, è stato in grado di farci vedere anche un altro tipo di approccio alla chiesa. Papa Francesco ha parlato nell’enciclica Laudato si’ di alcuni aspetti molto concreti, molto terreni».
Il cantautore salentino il prossimo 16 maggio pubblica l’album La spada e l’incanto, una rilettura del Cantico delle Creature, o meglio riscrittura in forma canzone. Lo stesso giorno lo presenterà in concerto a Palermo al Meeting Francescano del Mediterraneo. Un progetto che si aggiunge ad altre iniziative dedicate al “poverello” di Assisi, dallo spettacolo teatrale Franciscus di Simone Cristicchi al ritorno “live” di Angelo Branduardi con la sua versione del Cantico.

«Ho cominciato a lavorare a questo progetto nel 2022, tre anni fa, e solamente l’anno successivo, quando eravamo in piena lavorazione, ho fatto caso a queste coincidenze», tiene a precisare Donno. «È un’opera, quella del Cantico, alla quale sono stato sempre legato, pur essendo laico, non vicino al mondo cattolico, religioso. È un’opera che mi ha sempre affascinato, per quello che racconta, per il rapporto con e tra gli elementi e tra gli esseri umani. Lo sprone è stato successivamente associato alla figura di San Francesco, nel senso che interpreto il Cantico come una sua espressione. In questo disco, parlando degli elementi, racconto la vita di Francesco, i viaggi nel Mediterraneo, il rapporto con i suoi compagni, con il clima e l’ambiente e, attraverso questi, racconto anche la nostra epoca. Si parla di acqua, si parla di mare e quindi di quello che viviamo quotidianamente nel Mediterraneo, ad esempio».
Massimo Donno mette in rilievo nelle dieci tracce dell’album l’attualità di un testo vecchio di ottocento anni. Il Cantico diventa spunto per affrontare temi come l’ambiente, il lavoro, la guerra che sono di stringente urgenza. Descrive la sconfinata bellezza di un universo sempre sul punto di rovesciarsi nel suo opposto, precipitando nell’inferno degli uomini che “prima lanciano le bombe e poi fan parchi alla memoria” e che “beatificano il santo dopo averlo messo in croce”, come canta in Terra, la canzone che apre l’album e che ha vinto il Premio Lunezia lo scorso anno.
«Voglio indicare l’atteggiamento ipocrita del politico che commemora e poi non fa nulla quando potrebbe fare qualcosa per non arrivare a dover commemorare, per fare qualcosa per l’ambiente o per la pace», s’infervora il cantautore salentino, più volte entrato nelle cinquine delle Targhe Tenco. «Viviamo in Italia, dove spesso si soffia sul fuoco, piuttosto che cercare di spegnerlo. Non solo per l’ambiente, ma anche per questioni legate al lavoro, alla parità dei diritti o di genere. Non si cerca di creare un ponte, un dialogo, per capire che temi come l’ambiente e la pace sono concetti che dovrebbero appartenerci al di là di questioni di bandiera o di religione. È talmente banale che non è ancora entrato sottopelle a molti. Nel mio piccolo cerco di dare maggiori consapevolezze».

Come recita il titolo del lavoro che fa riferimento a «un aneddoto che il santo racconta a frate Leone quando sono alle prese con un temporale e cercano di ripararsi in convento», Massimo Donno impugna la chitarra come una spada non per librarla in modo minaccioso, ma per lanciare messaggi coraggiosi, costruendo strutture apparentemente semplici, bagnate nella memoria di musiche popolari del sud, la cui eco risuona anche quando da quelle forme si allontana. Da questo approccio nasce un album sussurrato, intimo, che ha bisogno di pazienza e ascolti ripetuti, per essere assaporato nel suo incanto.
«La spada indica il coraggio che dobbiamo avere e che aveva Francesco nel mettersi contro l’istituzione religiosa, cercando di rivoluzionarla dall’interno. L’incanto è la spiritualità, la filosofia di Francesco, il suo essere sognatore. Era un uomo che aveva anche una visione artistica della vita», spiega l’autore. «La parte che mi ha affascinato di più è la sua vita solitaria, il fatto di essersi allontanato via via anche dall’Ordine che aveva lui stesso creato. Era diventato scomodo perfino all’interno del suo gruppo. È stato marginalizzato. Tant’è che, dopo la sua morte, Bonaventura da Bagnoreggio, che era a capo dell’Ordine, rispetto ad alcune posizioni di Francesco, diceva. “Sì, veneratelo, amatelo, ma non imitatelo”. Se l’avessero imitato davvero, il potere della Chiesa non avrebbe avuto quel decorso che conosciamo».
In questo nuovo lavoro, Massimo Donno ritrova un compagno d’avventure e un amico: il maestro dell’organetto Riccardo Tesi. «Con Riccardo abbiamo lavorato insieme dieci anni fa al mio secondo disco Partenze», ricorda il cantautore. «Poi ho fatto altri due album, ma abbiamo sempre mantenuto un rapporto molto forte, continuando a collaborare. Io ho scritto un brano del suo ultimo disco, abbiamo fatto concerti insieme. Per questo disco ho reputato di lavorare con lui per la veste sonora, per l’arrangiamento che immaginavo su questi brani. Il risultato è soddisfacente. Avevo in mente quel suono e Riccardo è stato in grado di tradurre appieno quello che immaginavo».

La spada e l’incanto, più che opera di un solista, è un lavoro corale. Per quest’ode al “fratello sole, sorella luna”, Massimo Donno ha richiamato attorno a sé la crema del folk salentino: Rachele Andrioli e il Coro a Coro (Vento aria cielo), Maria Mazzotta (Lode all’Onnipotente) e ancora Talla Ndiaye, Moris Pellizzari, Redi Hasa, Cesare Dell’Anna e tanti altri, «perché sono persone in grado di tradurre musicalmente il messaggio che ho cercato di trasmettere con queste canzoni», sottolinea. «È una cosa che mi è sempre piaciuta sin dal primo disco. Mi piace l’idea di poter coinvolgere musicisti che stimo, che penso abbiano la capacità di creare un valore aggiunto alla canzone. Anche nel disco precedente ho lavorato con Mariella Nava, Ferruccio Spinetti e Petra Magoni, con Nabil Salameh dei Radiodervish. È una tipologia di approccio alla canzone che m’interessa: individuare all’interno di un discorso la persona che ti può supportare. È come se loro aggiungessero con la propria lingua un ulteriore codice in grado di far arrivare in maniera più idonea il messaggio che si vuole veicolare».
Nel tour appena partito dal suo Salento, non potrà portarsi tutti i musicisti che hanno contribuito alla registrazione dell’album: «Sarò spesso in trio, però ci sono anche date in quartetto, in quintetto, alcune da solo o in duo, è tutto molto modulare. A Palermo saremo in trio con Eleonora Pascarelli alla voce e al sinth ed Emanuele Coluccia, con il quale lavoro da tantissimi anni, ai fiati».
Dopo il concerto di venerdì 16 a Palermo, Massimo Donno sarà l’indomani, sabato 17 al Cartoline Club di Reggio Calabria per poi andare oltr’Alpe per due concerti parigini: il 23 maggio a Les Trois Baudets, il 25 al Cafè de la danse.