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Marilyn Mazur, le magie di una percussionista

–  L’unica donna ad aver fatto parte di una band di Miles Davis in tour in Sicilia con il progetto al femminile Shamania, nel quale s’incontrano jazz, world music, elettronica: martedì 12 a Catania e l’indomani a Palermo
– «Il fatto di essere tutte musiciste donne regala a tutte noi nella band una sensazione speciale, quella di portare un po’ di energia fresca e peculiare in questa forma d’arte. È importante partecipare alla creazione del suono del jazz di oggi»

«Nel mondo del jazz sono stati soprattutto gli uomini a creare il linguaggio. Non penso che si possa davvero sentire una differenza di chi suona, se è donna o uomo, si possono semmai distinguere le qualità di ciascun musicista. Il fatto di essere tutte musiciste donne regala a tutte noi nella band una sensazione speciale, quella di portare un po’ di energia fresca e peculiare in questa forma d’arte. È importante poter partecipare alla creazione del suono del jazz di oggi». Così la percussionista Marilyn Mazur, unica donna ad aver fatto parte di una band di Miles Davis, presenta il collettivo Shamania con il quale sarà in concerto martedì 12 novembre alle 21:30 al Teatro Metropolitan di Catania e l’indomani, mercoledì 13 novembre alle 21:30, al Cineteatro Golden di Palermo.

Nel panorama della musica contemporanea, Marilyn Mazur è una delle artiste più innovative, un’autrice, percussionista e compositrice che ha attraversato diversi generi musicali con uno stile inconfondibile e una creatività straordinaria. La sua carriera, lunga e poliedrica, ha spaziato dal jazz alla musica classica, dalla world music all’elettronica, portando con sé un approccio sperimentale e una ricerca costante di nuove sonorità. La sua straordinaria abilità nel suonare strumenti percussivi, insieme alla sua visione unica della musica, l’hanno resa una delle figure più influenti e rispettate del panorama musicale internazionale.

In quasi quarant’anni di carriera, Mazur ha collaborato con numerosi artisti e gruppi leggendari, come Miles Davis, Jan Garbarek, Peter Gabriel, l’orchestra di Gil Evans, Wayne Shorter e molti altri. Ha contribuito a plasmare il suono di diverse band e progetti, ma la sua carriera è anche un viaggio solista ricco di successi e riconoscimenti. Con una capacità senza pari di mescolare diverse tradizioni musicali, Mazur è riuscita a costruire una carriera che ha ridefinito il ruolo del percussionista e ha ampliato le possibilità del linguaggio musicale stesso.

Un’infanzia ritmica

Marilyn Mazur nasce a New York il 18 gennaio 1955 da una famiglia con forti radici artistiche. Fin da giovane, Mazur sviluppa un amore per la musica e una connessione profonda con il ritmo, una passione che segnerà tutta la sua carriera. A differenza di molti musicisti che iniziano la loro formazione con uno strumento melodico, Mazur si avvicina alle percussioni con naturalezza, trovando una connessione immediata con i suoni e i ritmi che esplorerà nel corso della sua vita. La sua formazione musicale inizia al Conservatorio di Copenhagen, dove studia percussioni classiche, ma ben presto si rende conto che il suo cuore batte per la musica improvvisata, per quella ricerca sonora che non si limita ai canoni prestabiliti della musica accademica.

A partire dagli anni Settanta, Mazur inizia a esplorare la musica tradizionale africana, indiana e latinoamericana, ma anche il jazz e la musica contemporanea. La sua curiosità musicale la porta a scoprire e padroneggiare una vastissima gamma di percussioni provenienti da tutto il mondo, dai tamburi africani agli strumenti tradizionali asiatici, dai bonghi ai cymbals. Il suo approccio agli strumenti non è mai convenzionale, e la sua attitudine sperimentale le consente di sviluppare uno stile unico, che mescola elementi di diverse tradizioni culturali e stilistiche.

L’incontro con il jazz

Il vero punto di svolta nella carriera di Marilyn Mazur avviene negli anni Ottanta, quando entra in contatto con l’universo del jazz e della musica improvvisata. L’incontro con l’ambiente del jazz europeo e la sua connessione con alcuni dei suoi esponenti più prestigiosi, come il sassofonista Jan Garbarek, segnano una tappa fondamentale nella sua crescita artistica. La sua collaborazione con Garbarek è esemplificativa di un periodo in cui Mazur non solo affina la sua tecnica, ma sviluppa un linguaggio musicale sempre più originale, incentrato sulla libertà e sull’interazione improvvisata con gli altri musicisti.

Nel 1985, Mazur diventa parte integrante del gruppo di Jan Garbarek, con cui lavora su alcuni dei dischi più significativi della sua carriera, come Officium (1994). Questo album, che unisce la musica di Garbarek a un quartetto vocale polacco, ha avuto un enorme impatto sulla scena musicale internazionale e ha mostrato la maestria di Mazur nel creare atmosfere suggestive e coinvolgenti attraverso l’uso delle percussioni. Il suo approccio al ritmo, che unisce precisione tecnica e un’improvvisazione fluida, diventa uno degli aspetti distintivi di questo progetto.

Durante gli anni ‘80 e ‘90, Mazur continua a lavorare con altri importanti musicisti del panorama jazz, come il trombettista Miles Davis, con cui collabora in alcuni dei suoi ultimi lavori. Questo incontro con Davis, figura leggendaria del jazz, ha un impatto profondo su Mazur, che apprende da lui l’importanza dell’improvvisazione e del dialogo musicale. La sua esperienza con Davis le consente di espandere ulteriormente i suoi orizzonti, aprendola a un mondo sonoro dove la tecnica e la libertà espressiva coesistono in perfetta armonia.

Il percussionismo come arte

Un aspetto centrale della musica di Marilyn Mazur è il suo approccio al ruolo della percussione. Mentre la maggior parte dei percussionisti si limita a supportare la ritmica di una composizione, Mazur trasforma ogni strumento in un vero e proprio elemento solista. La sua maestria nell’uso dei tamburi, dei cymbals, delle campane e di una miriade di altri strumenti la rende capace di produrre una vasta gamma di sonorità: dai colpi fragorosi ai suoni più delicati, dalle vibrazioni profonde alle sonorità più eteree.

Questa sua abilità le consente di interagire con gli altri musicisti in modo completamente innovativo, sia nell’ambito del jazz che in quello della musica più sperimentale. La sua ricerca sonora va oltre la semplice funzione ritmica: Mazur esplora il timbro, il colore e la texture del suono, dando vita a un dialogo musicale che coinvolge tutti gli strumenti, non solo quelli percussivi. Ogni colpo di tamburo, ogni sfioramento di cymbal, ogni rullante diventa un gesto artistico che partecipa alla costruzione del linguaggio musicale complessivo.

Uno degli aspetti più interessanti della sua musica è la sua capacità di mescolare suoni tradizionali con quelli elettronici. Il suo uso delle percussioni non è mai limitato ai soli strumenti acustici, ma è costantemente arricchito dall’introduzione di effetti elettronici, loop e manipolazioni digitali, che creano un incontro tra suoni naturali e artificiali. In quest’ottica, la sua musica si inserisce perfettamente nella tradizione dell’arte sonora contemporanea, ma con una sensibilità che affonda le radici nel jazz e nella world music.

L’influenza della world music

Fin dagli esordi, Marilyn Mazur ha mostrato una spiccata attenzione per la musica etnica e le tradizioni musicali di diversi angoli del mondo. La sua passione per le percussioni africane e asiatiche la porta a integrare nella sua musica elementi ritmici e timbrici provenienti da culture lontane, ma senza mai cadere nella semplice riproduzione di stili esotici. La sua ricerca è sempre stata volta a assimilare queste tradizioni in maniera creativa, cercando un linguaggio universale che parli al cuore di chi ascolta.

La fusione della sua sensibilità jazzistica con l’esperienza delle musiche tradizionali le permette di dar vita a composizioni ricche di sfumature, in cui ogni sezione ritmica diventa un punto di partenza per un viaggio sonoro che va al di là dei confini geografici e culturali. Un esempio evidente di questa sintesi è il suo album Shamania (1996), che vede Mazur alle prese con sonorità etniche, jazzistiche ed elettroniche in una sorta di dialogo cosmico tra la natura, la spiritualità e l’arte.

Un altro esempio significativo è la sua collaborazione con il compositore e clarinettista polacco Zbigniew Namysłowski nel progetto Marilyn Mazur’s Shamania, che esplora la fusione della musica etnica con il jazz contemporaneo. Le sue performance dal vivo con Namysłowski e altri musicisti internazionali sono state acclamate per la loro intensità emotiva e la capacità di attraversare diversi linguaggi musicali, mantenendo sempre un senso di unione e fluidità.

Il progetto Shamania

Nel progetto Shamania, Mazur, coinvolgendo nove affermate musiciste dell’area del jazz nordico, si è ispirata direttamente alla “Primi Band”, ensemble di teatro musicale femminile operativo a fine anni Settanta con l’intento di canalizzare attraverso forme sperimentali ed innovative la forza primordiale dell’istinto.

È una superband nella quale, a fianco delle percussioni di Mazur, a tessere  questo affresco fatto di elementi apparentemente distanti come i richiami vocali della tradizione africana,  i ritmi del gamelan indonesiano, e le atmosfere raffinate ed eteree di certo jazz nord europeo, ci sono nove  musiciste appartenenti a diverse generazioni, fra le quali alcune compagne collaudate della Mazur come  la sassofonista danese Lotte Anker, componente originale della “Primi Band”, la vocalist svedese Josefine Cronholm , la percussionista danese Lisbeth Diers e  la tastierista nippo-danese Makiko Hirabayashi.  Completano l’organico la cantante e sassofonista norvegese Sissel Vera Pettersen, la trombettista Hildegunn Øiseth, la trombonista Lis Wessberg, la  bassista e cantante norvegese Ellen Andrea Wang,  e la batterista svedese Anna Lund .

2 Comments

  • Milo Zatopek Novembre 14, 2024

    Per essere stato scritto, il pezzo, appena 3 giorni prima del concerto, per me molto è grave scrivere che nel gruppo ci sono la bassista Ellen Andrea Wang e la batterista Anna Lund entrambe, invece, assenti. Per la cronaca, al posto di Wang ha suonato Ida Gormsen. E niente batterista.

    • Giuseppe Attardi Novembre 14, 2024

      Grazie per la precisazione. Poiché non sono preveggente, mi sono affidato al comunicato stampa

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