– Il duo formato dai fratelli Brian e Michael D’Addario ha appena pubblicato il quinto album “A dream is all we know” «nel segno dell’ottimismo»
– I Beatles sono fra i loro eroi musicali e nel disco c’è un brano registrato con Sean Ono Lennon: «Avevamo timore nel parlare di un qualunque Beatle davanti a lui»
In un mondo popolato da cover band di ogni tipo, The Lemon Twigs, la band dei fratelli americani Brian e Michael D’Addario, propone un viaggio negli anni Sessanta, vicino al cosiddetto “sunshine pop”, attraverso un repertorio totalmente originale. Hanno appena pubblicato il loro quinto album – in soli otto anni! -, A dream is all we know, lo stanno presentando “live” in giro per l’Europa.
Michael spiega che lui e suo fratello Brian pubblicano spesso dischi perché pensano costantemente alla musica, «scriviamo ovunque, anche in hotel, e ci sono molte canzoni, e se vogliamo far uscire tutte quelle che ci piacciono dobbiamo registrare almeno un disco all’anno. Sarebbe anche bello farne due all’anno. Dopo tutto, abbiamo imparato a registrare i nostri album, e in ogni incontro con l’etichetta abbiamo insistito che avremmo fatto quello che volevamo, e loro hanno accettato. Ci hanno anche chiesto di lavorare con un produttore, ma abbiamo detto di no. Forse non è la migliore politica, forse i primi album potevano suonare meglio, erano caotici o addirittura sbagliati, ma ci hanno portato dove siamo ora. Non solo: stiamo scoprendo che alla gente piace, che abbiamo guadagnato la loro fiducia».
Né sono preoccupati che il loro pubblico avverta che sono rimasti ancorati agli anni Sessanta: «È semplicemente la musica che mi piace, proprio come ad alcuni piace il folk o ad altri l’elettronica, forse alcune musiche non sono così legate a un’epoca, come il rock britannico o un rock più barocco, che è legato a un tempo, ma nessuno ha fatto meglio da allora».
D’altra parte, tengono sempre conto dell’originalità delle melodie, che potrebbero essere ispirate a tutti i tipi di musica, che si tratti di «una vecchia canzone degli anni Venti o di una più nuova, e poi la vesti a modo tuo ed è quello che suona agli anni Sessanta o Settanta, anche se alcuni elementi melodici si riferiscono già a quegli anni. Brian ed io siamo determinati a fare nuove melodie interessanti che non sono state ascoltate prima e che sono davvero attraenti».
I Beatles sono uno dei loro eroi musicali – insieme ai Beach Boys, The Byrds e The Zombies, tra i tanti – e si percepiscono nei brani dell’album, che vanno dagli stupori adolescenziali di Church Bells al nostalgico doo wop di In the Eyes of the Girl, da un outtake di A Hard Day’s Night come se fosse suonata dai Kinks in trip psichedelico (Peppermint Roses) al Chuck Berry virato Marc Bolan di Rock On, passando da una caleidoscopica Sweet Vibration, che declina le buone vibrazioni dei ragazzi da spiaggia in un tripudio di armonie, sino alla psichedelia morbida e trasognata di marca Paisley Underground di If You And I Are Not Wise. Nel brano The Eyes Of The Girl c’è anche un cameo di Sean Lennon al basso.
«Sean è un ragazzo molto simpatico», commenta Brian D’Addario. «È molto intelligente e talentuoso. Non sai mai cosa aspettarti quando entri con qualcuno nello studio, ed è stato molto facile lavorare con lui: aveva buone idee. È semplicemente un tipo musicale, non ci sono più molte persone del genere nel rock, o almeno di questo tipo. Lui conosceva davvero i Beatles, e quando stavo per dire qualcosa su un Beatle, uno qualsiasi dei quattro, dovevo pensarci due volte prima di dirlo perché ovviamente, per lui sono persone che ha incontrato, anche se sono i miei supereroi».
Brian D’Addario è orgoglioso che la musica del suo ultimo album sia luminosa e speranzosa, perché «avevamo fatto un album malinconico, e volevamo che questo fosse più ottimista, con canzoni che il pubblico potesse cantare e divertirsi. Sembra che funzioni così dal vivo».