– Esce l’album “Le sognatrici” della cantautrice siciliana, storie di donne che hanno lottato o sono morte per affermare il loro valore, la loro dignità e i loro principi
– È un excursus storico lungo la Via Crucis che la donna ha dovuto affrontare per raggiungere conquiste che ancora oggi appaiono non scontate e sempre messe in discussione
– «Quando leggo le parole del ministro Valditara, penso che ci sia gente che ha un ruolo sbagliato. Il patriarcato esiste e rimarrà per sempre». Una “Bella Ciao” per unire i dialetti d’Italia
C’è Camille, Camille Claudel, la scultrice francese dell’Ottocento per trent’anni rinchiusa fra le sbarre di un manicomio a Montdevergues, vicino ad Avignone, per aver messo in ombra il talento del marito e mentore Auguste Rodin. C’è Mariannina, Mariannina Coffa, poetessa maledetta di Noto nella Sicilia pre e post-unitaria, che sembra uscita dalle pagine di un romanzo di Verga: colpevole di essere nata donna, di saper leggere e scrivere e di voler imprimere sulla carta i propri sentimenti. C’è Franca Viola, la prima donna a rifiutare pubblicamente il matrimonio riparatore dopo uno stupro nell’Italia del Dopoguerra quando ancora era legale il delitto d’onore (fu abrogato nel 1981). C’è Claudia, una donna di oggi, vittima di un amore tormentato, violento, tossico, che ha il coraggio di ribellarsi. E poi ci sono Clarissa, Rosa Balistreri, Graziosa Casella: volti, storie di donne, femmine “câ nnocca”.
Sono le “Sognatrici” del nuovo album di Gabriella Lucia Grasso, in uscita oggi, venerdì 22 novembre, per Musica Lavica Records. Un disco struggente e divertente, acustico e raffinato, sintesi di un fortunato spettacolo realizzato in collaborazione con la scrittrice Valeria Benatti che per quasi tre anni ha girato l’Italia e che riprenderà il suo cammino dal 24 novembre in Svizzera in occasione della Giornata internazionale per combattere la violenza contro le donne.
E l’album della cantautrice catanese è una sorta di excursus storico lungo la Via Crucis che la donna ha dovuto affrontare per raggiungere conquiste che ancora oggi appaiono non scontate e sempre minacciate. Una storia che comincia con La strega do demoniu, in una atmosfera fra medioevo e horror evocata dal theremin di Lina Gervasi che «riporta alla paura che c’era in quel periodo», sottolinea l’autrice.
Saltiamo all’Ottocento di Camille Claudel, che può essere il Novecento di Alda Merini, la poetessa dei Navigli, con Tempu passa tempu, una delicata ballata con una splendida melodia che si regge sul dialogo tra la chitarra acustica di Gabriella Grasso e il flauto di Lina Gervasi. Ancora più affascinante la melodia di Mariannina, dedicata a Mariannina Coffa (1841-1878), «che è stata la canzone con la quale è nato il progetto di Sognatrici», spiega la cantautrice etnea.
L’epoca alla quale fa riferimento ciascuna eroina delle canzoni è relativamente importante. Perché, ascoltando l’album di Gabriella Grasso, si scopre che il «racconto del passato è la descrizione del presente». ‘A Storia di Rosa è la storia di Rosa Balistreri, ma potrebbe essere quella di qualsiasi altra donna. Sono state cancellate leggi vergognose, come quella sul delitto d’onore, rappresentata nella drammatica Spara ora, il cui ritornello richiama Spaccacuore di Samuele Bersani. «È vero che sono cambiate tante cose, ma in alcune situazioni non è mutato nulla. Non ci bruciano più, più o meno, perché ci sono tante donne che vengono inondate di gasolio e date a fuoco. Oggi non c’è più il delitto d’onore, ma ci uccidono lo stesso. Non è cambiato nulla».
Eppure, proprio in questi giorni, parlando dell’omicidio di Giulia Cecchettin ad opera del suo fidanzato bianco caucasico italiano, il ministro della (d)istruzione Valditara ha detto. «Il patriarcato non esiste, l’aumento degli abusi è causa dei migranti». «Penso che ci sia gente che ha un ruolo sbagliato. Chi fa questa dichiarazione fuori dalla realtà è una persona che lì non dovrebbe starci. Il patriarcato c’è e non finirà mai di esistere, secondo me. Così come non esiste l’uguaglianza fra uomo e donna. È inutile, noi lavoriamo ben 18 ore, dentro e fuori casa, di quale parità si parla. Rimango scioccata da queste parole».
È un album politico Le sognatrici. Che invita all’unità nell’incontro fra i dialetti nella versione quasi valzer di Bella Ciao, alla cui interpretazione partecipano il lumbard Ermanno “Giò” Giovanardi dei La Crus, la romana Tosca, il salentino Giancarlo Paglialunga, la sarda Elena Ledda e la napoletana Pietra Montecorvino. «Una versione nata nel 2022, quando la canzone dei partigiani fu cantata in Iran nelle manifestazioni di protesta per Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni arrestata qualche giorno fa dalla polizia morale iraniana perché non indossava correttamente il velo e poi uccisa», ricorda Gabriella Grasso. «Era diventata un inno di libertà in tutto il mondo e io volevo fare una versione con artisti di diverse nazionalità è stata mia moglie a suggerirmi invece di usare i dialetti».
All’Iraq e all’Iran, ma non solo, pensiamo all’India e alla Sicilia del passato, si ricollega anche Clarissa. Racconta la storia di una sposa bambina, costretta a un matrimonio combinato con un uomo molto più grande di lei, “n’omu vecchiu ca varva e lu cappeddu”. Un tema doloroso e attuale, che trova eco nella recente proposta di legge in Iraq che abbasserebbe l’età del consenso sessuale da 18 a 9 anni e nel film Leggere Lolita a Teheran, nelle sale italiane in questi giorni, nel quale Lolita è la storia di una ragazza tenuta in scacco da uomini vecchi.
«Nessuna intenzionalità, mi fa piacere questa concomitanza. Noi collaboriamo con un’associazione che si occupa di questo tema a livello internazionale. Succedeva anche in Sicilia tanti anni fa: “la donna 18 e l’uomo 28“, si diceva. Per carità, può capitare, ma in quei casi forzati, imposti dalle famiglie, non può essere amore».
L’album si chiude con Ma le femmine, il cui ritornello sembra fare il verso a quello di “Donne, siamo donne, oltre le gambe c’è di più” di Sabrina Salerno, che qui diventa. “femmine, siamo femmine e che femmine, / semu fimmini câ nnocca”.
«Câ nnocca, col fiocco, e guai a cu li tocca», chiude il verso Gabriella Grasso. «È un complimento alla donna, “su’ beddi comu u suli / e s’arripigghiunu su comu li catini, / nun si spezzunu e lu fanu / senza farisi capiri. Nella sofferenza una donna non la capisci perché è brava a nascondere questo aspetto».
Le conclusioni, che potrebbero fungere anche da introduzione, sono affidate alle parole di Valeria Benatti, autrice del libro Gocce di Veleno e complice di Gabriella Lucia Grasso in questo lavoro che rende giustizia a donne, e non solo quelle citate nell’album e nello spettacolo, che cambiando la loro storia hanno cambiato anche quelle di tante altre.