– La carismatica e talentuosa sassofonista newyorkese in concerto a Catania e Palermo per presentare l’album “Phoenix”
– «Rendo omaggio alle vecchie generazioni jazz e alle donne che hanno lasciato un segno nella storia»
– Un disco di rinascita dopo un grave incidente, nato tra la pandemia e la rivolta americana per i diritti civili
«Chiunque non riesce a ballare con John Coltrane non può ballare». È una citazione attribuita a Jean-Michel Basquiat. E, forse non a caso, due tracce di Phoenix, l’ultimo album di Lakecia Benjamin, sono intitolate Basquiat e Trane. D’altronde, la carismatica e talentuosa sassofonista contralto non ha mai nascosto la sua connessione con Alice e John Coltrane, che ha ispirato il disco precedente, Pursuance: The Coltranes del 2020, nonché un tributo al Jazz al Lincoln Center nel 2018. «Ho passato così tanto tempo con i Coltranes e a fare la loro musica: non solo per proteggere la loro eredità, ma per onorarla», commenta l’artista newyorkese che mercoledì 27 marzo al Teatro Metropolitan di Catania ed il giorno seguente, giovedì 28, al Golden di Palermo presenterà l’album Phoenix.
Considerata fra le nuove stelle internazionali del funk/r&b/jazz, Lakecia Benjamin, già poco più che bimba sostituisce alla fascinazione per l’hip hop quella per il jazz e i suoi mostri sacri come Miles Davis. Passione – tanta – e studio l’hanno portata a misurarsi con solisti del calibro di Clark Terry, Reggie Workman, Rashied Ali. Focosa e disinvolta, ha affascinato le platee di quattro continenti. Stile originale e forte determinazione, tanto da essere chiamata come arrangiatrice e leader della sezione fiati per Stevie Wonder, Macy Gray, Alicia Keys, Anita Baker e i The Roots. E ora Lakecia alza l’asticella con la sua opera più ambiziosa.
Phoenix è costituita da materiale in gran parte originale, ad eccezione di Peace Is A Haiku Song, costruita attorno al recitativo dell’omonimo poema di Sonia Sanchez, e una cover di Jubilation di Patrice Rushen. L’album rappresenta per Lakecia la rinascita dopo un grave incidente automobilistico nel quale «mi sono fratturata la clavicola, la mascella e la scapola», racconta. «Ho dovuto riconquistare il movimento del braccio destro e della mascella».
Come per me…un intero Paese…un intero mondo può risorgere dalle ceneri e cercare di ricreare qualcosa. Questa è la cosa più bella di sempre: bruciare nelle fiamme e tornare. Ho davvero pensato alle lotte che ho avuto nella mia vita per avere un riconoscimento. Questo album significava tanto per me… Sento che siamo così disconnessi. Ci stiamo davvero concentrando sui diversi aspetti di noi stessi e sul genere, sulla razza e sulla religione, e non ci concentriamo sulle cose che ci uniscono e ci rendono uguali
Lakecia Benjamin
Questa esperienza, superata anche attraverso la meditazione, ha influenzato Phoenix, sin dal titolo, riferito all’uccello mitologico capace di risorgere a vita nuova dalle proprie ceneri, simbolo del ciclo di vita, morte e resurrezione. «Come per me…un intero Paese…un intero mondo può risorgere dalle ceneri e cercare di ricreare qualcosa», dice. «Questa è la cosa più bella di sempre: bruciare nelle fiamme e tornare. Ho davvero pensato alle lotte che ho avuto nella mia vita per avere un riconoscimento. Questo album significava tanto per me».
Un’esperienza vissuta nel bel mezzo di una pandemia globale e di una successiva rivolta americana per i diritti civili. La traccia di apertura, Amerikkan Skin, colpisce con i suoni agghiaccianti, i rumori di spari e sirene che interagiscono con la registrazione del discorso di Angela Davis del 2019 “Revolution Today”. «Volevo che l’ascoltatore entrasse nella mentalità con cui ho iniziato», spiega l’artista americana. «La scrittura di questo album ha avuto luogo durante il lockdown. E il mese in cui ho iniziato a comporre per Phoenix, è quello in cui sentivo le sirene fuori casa mia. Guardavo al telegiornale la gente che veniva contagiata. Stavo vivendo un virus violento in un mondo violento».
I suoni, quindi, sono intenzionalmente coinvolgenti: «Volevo che l’album sembrasse una specie di audiolibro e ricreasse dal punto di vista sonoro ciò che ascoltavo ogni mese e ciò che stava accadendo». Ad esempio, su Mercy, una traccia con una linea di batteria che ricorda l’interpretazione classica di Poinciana di Ahmad Jamal del 1958 e con la voce di Dianne Reeves, i testi supplicano delicatamente che «è ora di voltare pagina e ricominciare da capo con la mente e l’anima». L’obiettivo di Lakecia Benjamin con Miserezza era «di dare più consapevolezza che siamo tutti umani. Sento che siamo così disconnessi. Ci stiamo davvero concentrando sui diversi aspetti di noi stessi e sul genere, sulla razza e sulla religione, e non ci concentriamo sulle cose che ci uniscono e ci rendono uguali».
E mentre Coltrane e Basquiat sono omaggi agli artisti che sono saliti in cielo, altre tracce sono state create con l’intenzione di elevare i creatori viventi che ammira, dall’amica intima Georgia Anne Muldrow ai più anziani come Davis e Reeves. Come il suo lavoro con i Coltranes, l’inclusione di questi artisti ha anche offerto a Lakecia Benjamin l’opportunità di connettersi con l’eredità di artisti che rispetta, tra cui Wayne Shorter, scomparso due mesi dopo la registrazione, che contribuisce con alcuni saggi consigli in Supernova. «Tutti questi artisti hanno un posto profondo nel mio cuore», sottolinea. «Sto cercando di lavorare con le vecchie generazioni, con chi può darmi consigli e la benedizione su come procedere. Quando ho iniziato, ero giovane che entravo di nascosto nel club, cercando di salire su un palco. Con il senno di poi, oggi non lo farei: è meglio cercare di avere qualcuno di quella grandezza che possa indicarti la strada».
Per Benjamin, un obiettivo cruciale di Phoenix era quello di usare la sua piattaforma per ricordare l’eredità non solo dei suoi “anziani”, ma anche di quelle donne creatrici in generale. «Volevo dare rilievo alla presenza delle donne nel progetto: la maggior parte dei miei ospiti sono donne», spiega. «È un equilibrio interessante: puoi onorare il passato e riconoscere la sua presenza nella tua arte e nella tua vita mentre stai cercando di spingere i confini e andare avanti».
Nel passaggio parlato di Amerikkan Skin, Angela Davis proclama: «La speranza rivoluzionaria risiede proprio tra quelle donne che sono state abbandonate dalla storia e ora si stanno alzando e facendo sentire le loro richieste».
È un messaggio che Lakecia Benjamin ha preso a cuore, spiegando che un altro obiettivo di Phoenix è quello di ispirare la prossima generazione di musicisti di jazz, in particolare le giovani donne. «Questo è quello che voglio fare», spiega. «Sto cercando di lasciare qualsiasi tipo di impronta possibile sulla società e lasciare il mio piccolo timbro in modo che forse qualcuno più giovane di me lo vede. Vorrei che le persone si rendessero conto che è giusto seguire i propri sogni».
E se la storia di Benjamin è un’indicazione, a volte seguire quel percorso significa trascendere le proverbiali ceneri.