– Esce l’album “Giorni felici”, ma anche giorni di «rabbia, delusione, orgoglio, lucidità, depressione, disperazione, dolore, riscatto»
– «Vogliamo comunicare la voglia di disobbedire e dire no a questo assopimento del mondo». «L’industria musicale sforna merda»
«Giorni felici», ma anche di «rabbia, delusione, orgoglio, lucidità, depressione, disperazione, dolore, riscatto», sono quelli raccontati nel loro nuovo album dal duo La Rappresentante di Lista, ovvero Veronica Lucchesi (toscana ma trapiantata in Sicilia) e Dario Mangiaracina (palermitano). Giorni Felici è il titolo del quinto album in studio del duo ed è un richiamo a Happy Days, dramma di Samuel Beckett del 1961, nel quale lo scrittore irlandese manda in scena la misera condizione umana, estrema e disperata.
«Vogliamo comunicare la voglia di disobbedire e dire no a questi finti giorni felici, a questo assopimento del mondo», commenta Diego Mangiaracina. «L’opera di Beckett parla di quanto a volte gli esseri umani pensano di stare vivendo giorni felici e in realtà sono intrappolati dentro una realtà sempre uguale a sé stessa. Willie e Winnie, i protagonisti della pièce, nella loro quotidianità sono in trappola ma non lo sanno».
Il lavoro è stato anticipato dai singoli Paradiso e La città addosso. Sulla copertina è raffigurata una casa colorata in stile acquerello: «Appare rassicurante di primo impatto ma poi il palloncino in primo piano ha questo sorriso che rivela del disagio», spiega Veronica. «Invece di guardare al mondo esterno, alle volte i luoghi che consideriamo sicuri sono quelli che possono inghiottirci, che possono scatenare le brutalità più potenti e la violenza più grande. È quello che raccontiamo, ad esempio, ne La città addosso, dove la tv dice che è tutto a posto ma poi ci si rende conto che non si è scelto per sé qualcosa di giusto e che si deve sottostare a regole imposte da qualcun altro».
Dritti al punto, come sempre. Con contenuto, stile, sperimentazione e influenze musicali alternative, che vanno dai Liquido ai Cardigan, dai Radiohead ai Talking Heads, fino a Verdena e Pj Harvey. «Le canzoni nascono sempre in momenti insospettabili, quasi da sole, ed emergono dalla vita, permettendo di raccontare quello che stai vivendo in maniera poetica, sublimando il dolore. Sono due anni che scriviamo canzoni e alcuni passaggi sono coetanei di Ciao ciao (la hit portata a Sanremo nel 2023, ndr)», racconta Dario.
Veronica e Dario si sono conosciuti a teatro, durante le proteste di un gruppo di artisti che avevano riaperto il Teatro Garibaldi e oggi hanno all’attivo quattro album in studio, due album live, e nei loro tredici anni assieme hanno calcato i palchi di tutta Italia e non solo.
Impossibile nascondere un certo disappunto sullo stato attuale della cultura in Italia. «Sicuramente non sta andando come ci piacerebbe in alcuni ambiti… Con un ministro della Cultura così…», dicono in coro. «Ci sono persone che fanno un bellissimo lavoro di comunicazione, però se parliamo della musica italiana non solo c’è assopimento ma si spegne il cervello e via di cassa dritta. C’è un’industria musicale che sforna merda come fossero pagnotte di pane. Non è quello che pensiamo debba fare la musica. La musica è sempre arte. E anche quando è struggente e parla di sentimenti è sana, ma quando porta a spegnere il cervello è come un “apri la bocca e mangia sta minestra. La trap ha dato dei bellissimi colpi alla scena musicale italiana ma anche nel pop ci sono canzoni che non dicono niente».
In Giorni felici, la band torna a esplorare sonorità vicine ai propri ricordi di formazione, il tema è quello caro al progetto: l’emotività in rapporto con l’altro e col mondo. È un disco che prima di vedere la luce ha percorso un lungo viaggio, con tante tappe: dall’incontro con il chitarrista Kit Conway a New York allo Studio 13 di Damon Albarn a Londra, passando da Palermo, Arezzo e Milano, dove tutto è iniziato alla Casa degli Artisti in una residenza nel 2023.