Nel romanzo della scrittrice di Belpasso, un impegnativo confronto tra coloro che si affacciano all’età dei “grandi”. La storia di tre ragazze in preda ai primi vagiti dell’età adulta
Un romanzo di formazione atipico. Che indaga la depressione, lo smarrimento, il senso di esclusione celati sotto la superficie, dietro il vincolo della leggerezza, che fanno da preambolo all’inesorabile. E poi il luogo prediletto dell’estate. Un borgo marinaro vicinissimo a Taormina. Da dove si intravede una luce che si schianta nel mare cristallino e freddo, tipico della Sicilia Nord-Orientale. E poi le amicizie e le sfuriate delle rispettive madri, il primo bacio e anche le serate in spiaggia a base di convivialità. C’è questo e molto altro in Piccole cose connesse al peccato, ultimo romanzo della scrittrice Lorena Spampinato, classe 1990, originaria di Belpasso (Catania), uscito nelle scorse settimane per i tipi di Feltrinelli.
Una storia impeccabilmente scritta da una penna interessante che, nel 2020, aveva firmato un altro titolo, Il silenzio dell’acciuga, edito da Nutrimenti, con il quale era stata candidata al Premio Strega. Un libro che si legge tutto d’un fiato, ambientato in un piccolo borgo marinaro della Sicilia jonica nell’estate del 1996. Annina, la giovane protagonista, lascia Catania per passare le vacanze nei pressi di Taormina con sua cugina Enza nella casa della nonna, dove Angela, sua zia, ricorda gli anni della sua formazione sentimentale, i contrasti con sua sorella, le attese e le disillusioni, il peso della vergogna e l’onta del pregiudizio, amplificato dalla dimensione chiusa del paese.
Sin dalle prime pagine emerge il dissidio irrisolto tra le due cugine, mosse dal desiderio di emancipazione dalla noiosa realtà piccolo borghese, alla ricerca di avventure e di nuovi incontri. Enza, con la sua caparbietà e la sua bellezza insolente, rappresenta motivo di irrequietezza e desiderio, anzitutto per Annina, che sviluppa la necessità di non apparire, di annullarsi, nella spasmodica attesa dei momenti di intimità con Enza. A inserirsi tra le due minando un equilibrio instabile è Bruna, un’irregolare dalla bellezza “molesta”, un’outsider, un modello di emancipazione e di autonomia di pensiero che guiderà Enza e Annina nell’intuire il significato sino ad allora sconosciuto di libertà.
Con Piccole cose connesse al peccato, Lorena Spampinato compone un’opera che ricerca l’istante che anticipa la frattura, scorgendo nel modo in cui il passato si frappone al presente il marchio di un tormento inestinguibile, la presa d’atto dell’impossibilità del ritorno a un luogo, a un tempo e a un’innocenza corrotti in modo irrimediabile. Sarà che tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo vissuto quei momenti, ma nel corso degli anni, ci si ritrova inevitabilmente in tanti stati d’animo descritti dalla protagonista. Sarà che è scritto meravigliosamente bene, questo romanzo l’ho trovato bellissimo. L’autrice voleva scrivere un libro in cui ci fosse dentro la vita delle ragazze in preda ai primi vagiti dell’età adulta, quella adolescenziale. E c’è riuscita magnificamente. Voleva raccontare la leggerezza che ogni tanto sprofonda nel buio e raccontare lo stesso buio. Voleva narrare una storia che partisse da queste domande: cosa vuol dire vivere l’infanzia e l’adultità? C’è in questo passaggio un territorio femminile a cui si viene ammessi o al quale si deve necessariamente dimostrare di appartenere? Su questi quesiti si fonda la scrittura e la narrazione di Piccole cose connesse al peccato. Un impegnativo confronto tra coloro che si affacciano all’età dei “grandi” e che inevitabilmente vi scorgono delle imperfezioni, delle fatiche ad adattarvisi e, in qualche modo, a vivere in un nuovo corpo, in una nuova voce, in un nuovo modo di essere. Un universo fatto di angustie, questo sì, ma anche di meraviglia. Quella meraviglia che è questo scrigno di parole, destinato a diventare un romanzo importante e che consacra Lorena Spampinato come scrittrice attenta alle dinamiche dei ragazzi e delle ragazze della sua età e abile narratrice.