Da venerdì 17 una serie Sky dedicata all’eroe western lanciato da Franco Nero nel film di Corbucci del 1966 e celebrato da Tarantino nel 2012 con “Django Unchained”. «Django come il genere western non muore mai. A me piacerebbe tornare a interpretarlo anche da anziano», commenta Franco Nero che appare in un cammeo. Fra gli attori anche Manuel Agnelli
Nel 1966 il film Django divenne una pietra miliare del western all’italiana, facendo decollare le carriere del regista Sergio Corbucci e dell’attore Franco Nero. Quasi cinquant’anni dopo, nel 2012, fu celebrato da Quentin Tarantino nel 2012 con Django Unchained. Ora l’ex soldato in disgrazia che girovaga in una terra desolata e fangosa con una bara vuota, in cerca di vendetta e portando giustizia torna n forma di serie tv su Sky e in streaming solo su Now da venerdì 17 febbraio. Dieci episodi con protagonista Matthias Schoenaerts.
«È una bella follia in cui ci siamo lanciati tutti insieme, con gran parte dello stesso gruppo di Gomorra: La serie», spiega Francesca Comencini direttrice artistica di Django e regista dei primi quattro episodi (i seguenti sono diretti da David Evans e Enrico Maria Artale). «Ci siamo voluti misurare con un genere leggendario seguendo le tracce nell’audacia e nella libertà, di raccontare attraverso il western, il qui e ora che abbiamo intorno a noi, con i conflitti, le contraddizioni, le speranze e le paure del nostro tempo». Si toccano così temi, pur nel rispetto della cornice storica, come le battaglie delle donne per scardinare un sistema millenario e l’inclusione.
Nella storia, ambientata nel 1872, sette anni dopo la Guerra di secessione, si torna costantemente anche al passato del colono / pistolero infallibile/ criminale/ reduce di guerra in una vicenda di famiglie, vendette, ossessioni, ricerca di salvezza. Julian Wright detto Django è un uomo tormentato e complesso, padre e vedovo pieno di rimorsi, tra scelte sbagliate e una virilità “fluida” portata in luce dai sentimenti provati per il cognato Elijah (Tom Austen), con cui si scambia anche un bacio. A dare il via al racconto è l’arrivo a New Babylon, città ideale che accoglie tutti, al di là dell’identità, dell’etnia e del passato, fondata dall’ex soldato afroamericano John Ellis (Pinnock) e la ragazza da lui salvata da bambina, di cui si è innamorato, Sarah (Vicari), che è in realtà la figlia di Django scampata al massacro della sua famiglia. Una donna forte che fa da contraltare all’altra presenza femminile dominante: la potente e spietata Signora di Elmdale, Elizabeth Thurman (Rapace), sorellastra di John Ellis, con cui ha un inquieto rapporto di odio-amore, ossessionata dalla sua fede e decisa a distruggere il “covo di peccatori” di New Babylon.
I protagonisti della serie tv in onda su Sky da venerdì 17 febbraio
«Credo che il western torni sempre perché consente di parlare, in una cornice fiabesca, nera delle nostre paure e ci consente di esorcizzarle, come hanno fatto anche i nostri grandi registi del genere», sottolinea Francesca Comencini. Tra le fonti per la storia c’è stato il diario della predicatrice, ex prostituta, Sarah Crosby, «e tanti diari coevi scritti dai vaqueros, i cowboy che facevano con il bestiame transumanze lunghe mesi, piene di situazioni borderline nelle quali riemergeva la natura umana a prescindere dal sesso», spiega Maddalena Ravagli, cocreatrice e cosceneggiatrice della serie con Leonardo Fasoli. «L’umanità è stata sempre composta da questa pluralità, metterla in una cornice in costume consente di raccontarla come un universale umano», aggiunge Francesca Comencini. Il Django originale, di cui resta nella serie il mood visivo «è un capolavoro, un western di rottura», sottolinea. «Già quel Django era un antieroe, un uomo ferito, storto, un cowboy che più che raccontare una conquista, racconta una crisi». È una serie «drammaticamente attuale», interviene Nils Hartmann, executive vice president di Sky Studios in Italia e Germania. «C’è il tema della follia di una guerra che non è mai finita, c’è quello dell’integrazione razziale su un impianto di rapporti psicologici incredibilmente contemporanei».
Django «come il genere western non muore mai. A me piacerebbe tornare a interpretarlo anche da anziano. C’è già pronta una bella sceneggiatura di John Sayles». Parola di Franco Nero, volto iconico del protagonista del film del 1966. E, dopo aver fatto un cameo nel remake di Quentin Tarantino del 2012 con Django Unchained, allo stesso modo torna nella serie Sky. «Interpreto il reverendo Jan, un uomo con un passato da medico che aiuta Django quando la sua bambina si ammala», racconta Nero. «Mi sono trovato molto bene con Francesca e con Matthias. Lui sul set era esagerato… si inginocchiava per baciarmi le mani», ricorda sorridendo l’attore. E pensare «che il film con Sergio l’abbiamo girato senza una lira. Avevamo anche dovuto interrompere le riprese perché non c’erano più soldi. Poi Sergio con il fratello Bruno hanno fatto una scaletta che ha convinto dei produttori spagnoli a finanziarci. La lavorazione è stata durissima, era inverno e faceva molto freddo… dopo la scena delle sabbie mobili sono persino finito in ospedale, mi hanno fatto i massaggi con lo spirito».
I precedenti: in alto, Franco Nero in “Django” di Sergio Corbucci nel 1966; sotto, Jamie Foxx protagonista di “Django Unchained” di Quentin Tarantino nel 2012
Il successo dello spaghetti western è stato clamoroso in tutto il mondo.
«In Giappone le star eravamo Clint Eastwood, io, Paul Newman e Steve McQueen, c’erano dei Paesi in cui invece di scrivere il mio nome scrivevano Django».
Tanti anche i fans del film a Hollywood.
«Quando sono andato a girare là il musical Camelot, venivano a chiedermi di Django divi come Jack Nicholson, Warren Beatty, Paul Newman, George C. Scott…».
Come spiega questo amore globale per Django?
«Difficile da dire, sicuramente è un film politico, e il personaggio è un difensore degli oppressi. Molti si sono immedesimati nella sua ribellione».
Nella serie su Sky ci sono richiami anche alla contemporaneità e Django in una scena bacia anche un uomo.
«Nel 1966 una scena come quella non sarebbe stata possibile. Questa è una nuova versione e spero abbia grande successo, così potrò ancora continuare a fare western…».
Manuel Agnelli
Amo da sempre i western, mi preparavo a questo ruolo da quando avevo 5 anni. Il western rappresenta tante cose, soprattutto divertimento, ma è anche una proiezione verso l’immaginario
Manuel Agnelli
Tra gli altri interpreti italiani della serie, ci sono Camille Dugay, nella parte di Margaret, moglie di Django; Vinicio Marchioni, nei panni del Capitano Parisi, Thomas Trabacchi nel ruolo di un criminale, Rosario e il rocker Manuel Agnelli, al debutto da attore nei panni di Oscar, proprietario di una compagnia di estrazione petrolifera. «Amo da sempre i western, mi preparavo a questo ruolo da quando avevo 5 anni», spiega sorridendo il musicista. «Il western rappresenta tante cose, soprattutto divertimento, ma è anche una proiezione verso l’immaginario».