Eugenia Canale, astro nascente della nuova scena, si presenta con l’album “Risvegli”, dedicando una canzone a Chiquinha Gonzaga, la musicista brasiliana che lottò contro i pregiudizi della società patriarcale. «Quando salivo sul palco, pensavano sempre che fossi la cantante». Nove brani che spaziano dalla classica all’afrobeat in cui i tasti bianchi e neri duettano con l’armonica, e la fisarmonica aggiunge colori esotici. «Il brano titolo scritto quando ho visto piovere dopo tanti mesi di siccità»
Mezzo secolo fa, il critico musicale George T. Simon aveva già detto tutto quello che è utile sapere sul sessismo nel jazz: «Solo Dio può fare un albero, e solo gli uomini possono suonare un buon jazz». Questo pregiudizio di genere ha radici profonde. Il jazz è sempre stato un club maschile, una forma d’arte riservata agli uomini con le dita veloci che vivono on the road, viaggiando da un concerto all’altro. E nonostante abbia recitato un ruolo pionieristico nell’integrazione e nel movimento per i diritti civili, il jazz ha spesso mantenuto un’ombra discriminante riguardo la parità tra i sessi.
Nel jazz, ad esempio, quando una donna sale sul palcoscenico, subito si immagina che sia la cantante. «È vero, mi succede da una vita», conferma Eugenia Canale, una delle pianiste seguite con più interesse nell’ambito della nuova scena jazz nazionale. «Anche se arrivo dalla classica, sin da ragazzina ho frequentato il mondo del jazz. Quando salivo sul palco per una jam session, automaticamente, senza chiederlo, mi davano un microfono. Pensavano che io fossi lì per cantare. Io chiedevo ironica: “Perché questo microfono? Non devo presentare”. “Allora cosa fai?”, mi rispondevano».
Succede, e non solo nel jazz; ma bisogna riconoscere che questa musica, tanto basata sulla libertà, possiede anch’essa i suoi stereotipi dei quali fatica a liberarsi, e quello della subordinazione femminile è uno dei più gravi. «Pian pianino qualcosa sta cambiando, soprattutto da un punto di vista morale. Certo, qui in Italia c’è molto da fare rispetto ad altri Paesi. E, spesso, l’approccio al problema è sbagliato, come quando alcuni Festival scelgono soltanto gruppi femminili, quando invece dovrebbe passare il concetto del progetto o del talento dell’artista».
Per questi motivi Eugenia Canale ha voluto dedicare un brano a Chiquinha Gonzaga, pianista, compositrice, direttrice d’orchestra di Rio de Janeiro. Ha affrontato pregiudizi e tabù della società schiava patriarcale brasiliana, è stata leader per la difesa del diritto d’autore ed ha tracciato un nuovo percorso alla storia della musica. Chiquinha è una delle nove tracce che compongono Risvegli, «il mio primo disco importante», sorride la pianista lombarda. Un album che segna il passaggio al quartetto dopo due dischi autoprodotti registrati in trio in omaggio al suo modello Bill Evans.
«Il trio è la dimensione perfetta che una prima esperienza d’insieme nel jazz. Il pianista trova terreno fertile», osserva l’artista di Boffalora sopra Ticino, paesino al confine tra Lombardia e Piemonte «Provenendo dalla classica, nella mia musica prevale la melodia. Allora mi sono chiesta. “Perché non aggiungere uno strumento melodico?”. E sono arrivate l’armonica di Max De Aloe e, a volte, la fisarmonica a dare un colore in più».
Max De Aloe non è l’unica “eccellenza” del jazz nazionale ad accompagnare Eugenia Canale nella sua prima grande impresa. Al contrabbasso spicca il nome di Riccardo Fioravanti ed alla batteria quello di Marco Castiglioni. L’armonica è co-protagonista in questo album per palati fini e sognatori. Aggiunge un velo malinconico alle calde sonorità del piano. Detta il tema in Giorni sospesi, Under the hazelnut tree, Gabbiani e Agua y limon. È l’elemento ritmico nella title-track. La fisarmonica inserisce colori esotici, indirizzando lungo il solco delle tradizioni musicali sudamericane Luis, fra tango e una spruzzata di parfums francesi, e Chiquinha, influenzata dal choro. Il groove della cultura afroamericana e l’afrobeat si mescolano in Sunday Step, una cascata di suoni festosa come può essere una domenica di sole.
È, invece, legato alla pioggia il brano che dà il titolo a tutto l’album. «L’ho scritto nell’aprile del 2022 quando non pioveva da diversi mesi. Erano i primi segnali della siccità che sta diventando una emergenza», racconta Eugenia Canale. «Quel giorno timidamente cominciò a piovere ed io casualmente mi trovavo seduta al piano. Mi sembrava un miraggio. La suggestione della pioggia che cadeva, prima piano poi copiosamente, è diventata la cellula ritmica del brano. Il titolo Risvegli calzava bene per tutto il lavoro. Esce il 24 marzo, pochi giorni dopo l’ingresso della Primavera, che segna il risveglio della natura. Ed ha risvegliato anche la mia musica: molti brani sono stati scritti negli anni passati. Ora li ho rivisti e rinnovati sotto una nuova luce. È musica nuova. Infine, si sta risvegliando la situazione artistica dopo la pandemia».