Disco

«Il mio canto libero al femminile»

Ilaria Pilar Patassini parla del suo nuovo lavoro “Terra senza terra”: «Un album dove il mare e la maternità sono due elementi cardine». Canzoni scritte e ispirate da donne, che partono dall’autoanalisi per toccare temi di attualità. Un viaggio fra i generi musicali, dall’amato Paolo Conte al jazz, da Rossini al rock: «Essere versatili e non appartenere a una categoria precisa inevitabilmente – soprattutto in Italia – rende più difficile la comunicazione di sé»
La copertina dell’album

Il primo incontro con Ilaria Pilar Patassini avvenne nel 2011, in occasione della pubblicazione dell’album Sartoria Italiana Fuori Catalogo, e rimasi con il fiato sospeso. Non si trattava del “solito” disco, piuttosto della clamorosa scoperta di una grande nuova voce e di una straordinaria artista. Sono passati dodici anni, due album – L’amore è dove vivo (2015) e Luna in Ariete (2019) -, svariati featuring discografici ed esperienze in teatro e televisione, ma quello speciale brivido che mi attraversò ascoltandola per la prima volta lo avverto ancora oggi con Terra senza terra, l’album uscito agli inizi di maggio.

Se per Sartoria Italiana Fuori Catalogo andò a cercare l’ispirazione in Sicilia, con la complicità di Tony Canto, nel nuovo lavoro l’ha trovata in un’altra isola, la Sardegna. Nel mare di Alghero, davanti al quale adesso ha anche il suo buen retiro con una famiglia allargata. Non a caso, il disco si apre con una «ninna nanna che canto ogni tanto a mio figlio», ovvero Antefatto in do minore, e con l’emozione pura di Al mare che passa

«Sono due eventi che attengono a istinto e vocazione, naturalmente rivoluzionari», commenta l’artista romana. «Ho sempre desiderato di poter vedere il mare affacciata alla finestra di primo mattino, soprattutto il mare dell’inverno, la riprova che con il mare trattasi di amore e non di una cotta estiva. E ho sempre pensato anche che mi sarebbe piaciuto, qualora fossi diventata madre, poter far crescere un figlio nel quotidiano contatto con gli elementi, almeno nei suoi primi anni: bisogna stare attenti a quello che si desidera dunque, perché potrebbe avverarsi. Senza alcun dubbio sono due elementi cardine del nuovo lavoro».

Il mare riflette l’anima randagia di Ilaria Pilar Patassini. Padre etrusco, madre nativa della foresta costaricense, cantautrice, interprete, performer, autrice: il suo percorso si intreccia da sempre con il jazz, la world music, il folk, la canzone d’autore, la musica colta, il teatro, la parola. La sua voce meravigliosa, armonica, educata al Conservatorio, pervade l’album di una atmosfera vintage, malinconica, languida talvolta, altre sensuale. Una funambola delle note, che si muove sulla linea di confine fra i generi musicali, sui chiaroscuri, sui contrasti: gli archi classici giocano con un crescendo rossiniano fino a irrompere in uno sfrenato rock in Il passo indietro dell’amore, subito dopo il minimalismo pianistico e il recitativo di Terra senza terra

«I mondi che si muovono nella musica e che sento appartenermi in realtà sono molto più convergenti e stanziali di quanto non lo sia io in senso proprio ubicativo… non a caso uno dei miei fari formativi è Paolo Conte che contiene moltissimi di questi elementi», replica lei. «Essere versatili e non appartenere a una categoria precisa inevitabilmente – soprattutto in Italia – rende più difficile la comunicazione di sé. Negli ultimi anni invece – complice l’unità di scrittura degli album dei miei inediti, una maturità anagrafica e di visione e lo sdoganamento della commistione di generi – posso dire sia più semplice arrivare a una sintesi, a un radicamento di uno stile che non rinnega la possibilità di cambiare idea né una curiosità che non può e non deve né smettere di sperimentare né di conoscere». 

Ilaria Pilar Patassini in concerto (foto Paolo Soriani)

A Paolo Conte e, in particolare, alla canzone Architetture Lontane rimanda Chance, un quasi tango, carico di nostalgia. Di mandorlo in fiore, invece, si ispira al testo di Ci vuole un fiore, scritto da Gianni Rodari e musicato da Sergio Endrigo. C’è forse qualche eco di Ivano Fossati, ma prevale l’originalità e la personalità dell’autrice che estende il suo sguardo da una dimensione privata a un “universo sonoro” che diventa scrigno di bellezza. L’autoanalisi convive con lo spettacolo del quotidiano, trovando una continuità. 

«L’esercizio del canto e quello della scrittura di testi e versi in me sono sempre andati di pari passo. E non è né un caso né una battuta dirmi spesso che scrivere canzoni mi faccia risparmiare sull’analista, fermo restando che deve esistere poi un lavoro di filtro e cernita che renda quello che scrivo universale e non solo autoreferenziale. Gli autori, anche se scrivono di altro, in fondo scrivono sempre di sé».  

È un canto libero. Al femminile. Canzoni scritte e ispirate da donne. Come Maria Spelterini, la funambola italiana prima e unica donna ad aver attraversato le cascate del Niagara nel 1876, che omaggia in Niagara. Una canzone che, insieme con La tosse del sabato sera, sembra seguire un tema identico: gli impegni che quotidianamente la donna deve affrontare per avere un ruolo in questa società.

Finché la società non si farà carico della genitorialità e della solitudine delle donne (madri e non) queste ultime continueranno ad essere le spalle d’Atlante del mondo. Molte cose stanno cambiando – sono felice e grata di poter vivere questo tempo – ma è una rivoluzione che, come tutte le rivoluzioni, non si fa senza sangue: la difficoltà nelle relazioni e gli infiniti femminicidi ne sono una – devastante – testimonianza

Ilaria Pilar Patassini

«Certamente è così, anche se i due brani suggeriscono il contrario – ed è un suggerimento rivolto per lo più alla compagine femminile, per mere questioni statistiche – di lasciarli andare, invece, questi impegni, di buttare alle ortiche, se non tutti, almeno molti dei pezzi che ci ostiniamo a tenere incollati insieme», spiega Ilaria. «Quando diventi madre e ti chiedi come riuscirai a non smettere di essere te stessa ti si dice che “basta organizzarsi”, come fosse quella la soluzione, “organizzarsi”, Invece è la soluzione più comoda per gli altri, non per te, regina indiscussa del 75% del lavoro di cura non retribuito. Finché la società non si farà carico della genitorialità e della solitudine delle donne (madri e non) queste ultime continueranno ad essere le spalle d’Atlante del mondo. Molte cose stanno cambiando – sono felice e grata di poter vivere questo tempo – ma è una rivoluzione che, come tutte le rivoluzioni, non si fa senza sangue: la difficoltà nelle relazioni e gli infiniti femminicidi ne sono una – devastante – testimonianza, le donne che vogliono mettersi al centro della propria vita e non a servizio dei bisogni e del controllo degli altri risultano spesso ancora anomale, colpevoli di lesa maestà». 

Da un’altra donna prende spunto In tempo di pace. È Tzia Gavina Puggioni, una donna sarda all’epoca già novantenne, e che non si era mai spostata dal suo borgo di nascita, Lollove, vicino a Nuoro. In una intervista alla televisione sarda Videolina, diventata virale per via delle lucide e taglienti risposte date sulla società dei consumi, tra le altre cose, Tzia Gavina dice che se esiste crisi economica è anche perché «si cerca pane migliore di quello fatto col grano». La canzone sembra un invito alla riscoperta della semplicità e dell’umanità.

Ilaria Pilar Patassini (foto Riccardo Musacchio)

«Non la leggerei così perché si rischia di cadere nella retorica o nel “mito del buon selvaggio”», tiene però a precisare l’artista romana. «Volevo contrapporre in modo provocatorio e caustico l’opulenza anche ridicola della quale neanche più ci accorgiamo – che certamente può dirsi “pace” ma lo è solo per noi ed è anche una finta pace – con quello che dovremmo tenere in mente per restare umani, e cioè che desideriamo tutti le stesse cose: salute, educazione, cibo, tetto, condivisione… il resto è un di più. È un tempo questo in cui può sembrare tutto perduto, ma non lo è fin quando nel traffico più nero un attimo prima bestemmiamo il vicino e quello dopo tutti insieme ci muoviamo per far passare un’ambulanza». 

Ilaria Pilar Patassini presenterà l’album Terra senza terra il 20 maggio a Salerno presso la Mostra “Sguardi” a Palazzo Fruscione, a Roma il 23 maggio all’Uno a Uno – Officina Pasolini presso il Teatro Eduardo de Filippo, e ad Alghero il 26 maggio sull’imbarcazione Andrea Jensen.

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