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“Il Gladiatore II”, che delusione

 – La recensione. Un sequel realizzato senza capo né coda, realizzato in fretta e furia, pieno di flashback e di effetti speciali bizzarri (gli squali al Colosseo)

Qualcuno, per favore, dica che il regista sta lavorando come un uomo posseduto, con molti film in arrivo, tra cui un film biografico sui Bee Gees, un thriller post-apocalittico, un film sulla Battaglia d’Inghilterra e uno di spionaggio intitolato Queen & Country. Inoltre, nel tour stampa per Il Gladiatore II ha lasciato intendere che sta già sviluppando Il Gladiatore III. Quando gli è stato chiesto dei suoi metodi di ripresa, Scott ha risposto che gli piace lavorare velocemente. Davvero, davvero velocemente. «Uso da otto a undici telecamere», ha detto. «Il che significa che ci stiamo muovendo da otto a undici volte più velocemente».

Dopo aver visto Il Gladiatore II, questo ha perfettamente senso. È un film enormemente deludente, scritto male e con sequenze d’azione estenuanti che sembrano messe insieme senza accortezza e senza cuore. I personaggi sono definiti a metà (con un’eccezione) e le trame scheletriche esistono solo in rapporto con l’originale di Russell Crowe. Non ci sono idee trainanti nella sceneggiatura di David Scarpa (Napoleone). Sono solo cinque zuffe al Colosseo intervallate da richiami a Crowe e al suo nemico imperatore Commodo (Joaquin Phoenix). Gli sguardi all’indietro iniziano con i titoli di testa, un “best of” del Gladiatore sotto forma di dipinti a olio animati. 

Lucio Vero, il protagonista del film, è interpretato da Paul Mescal, attore versatile, fatta eccezione per alcuni primi piani abbaglianti (molto Richard Harris in Camelot), che fa fatica a ravvivare lo spettacolo. Lucio viene trascinato a Roma, diventa un gladiatore e si riunisce con sua madre, Lucilla (Connie Nielsen dall’originale), che progetta di rivelargli il segreto “scioccante” dell’identità di suo padre. Lucio, ahimè, si dimostra così noioso che il film lo abbandona di fatto e sposta l’attenzione sul gestore di schiavi, Macrino, interpretato da un esuberante Denzel Washington. È spiritoso, furbo, bisessuale, ambizioso: è un ex schiavo che ha trovato la sua fortuna gestendo una scuderia di gladiatori e che diventerà una figura di riferimento per Lucio, facendo scommesse e combattendo per cercare di rovesciare il potere degli imperatori. 

Il team Scott afferma che i Romani “potrebbero” averli portati nel Colosseo perché lo avevano allagato per ricreare delle schermaglie navali. Il risultato è come Deep Blue Sea o Sharknado, con tanto di squali (!). Anche i cattivi, gli effeminati fratelli imperatori Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger), sono una delusione. Pedro Pascal è sprecato nei panni del generale romano Acacio e il film è costellato di noiose conversazioni sulla democrazia, il potere e il sogno di Roma. No, non ci divertiamo.

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