– La cantautrice palermitana in concerto da giovedì 17 in Sicilia per presentare il nuovo album, “Io della musica non ci ho capito niente”, contenente l’hit “Bandiera”, diventato un canto rivoluzionario per le donne. L’eliminazione da “X Factor” ha fatto da trampolino di lancio
– «Se il pubblico mi identifica con un messaggio importante come questo sono felice, ma deve tenere conto del fatto che sono anche tante altre cose». Una musicista che spazia dall’acustico all’elettronica, dalla classica all’house music, dal pop-rock all’avanguardia, con una ninna nanna in palermitano
«Libera, voglio essere libera», canta Giulia Mei nell’incipit di Bandiera. Come Giorgio Gaber in La libertà: «Voglio essere libero, libero come un uomo». E la canzone della cantautrice palermitana è diventata un inno per la libertà di tutte le donne, un canto rivoluzionario per spogliarle dalle consuetudini, dai paternalismi, dalle paure, dalle colpe che si portano addosso — «sottopelle», dice — da quando nascono; è una “bandiera” da innalzare e sventolare per poter essere se stesse.
«Non mi aspettavo che potesse sconvolgere così tanto». commenta. «Da “X Factor” ho iniziato a capire che avrebbe potuto avere questa forza. L’ho scritta per raccontare un disagio, è una canzone corale, che parla di tante donne che non sono io. Se il pubblico mi identifica con un messaggio importante come questo sono felice, ma deve tenere conto del fatto che sono anche tante altre cose. Per me Bandiera è una canzone importante perché tratta temi di cui si parla poco e male e sono contenta che stia diventando molto popolare».
Eppure, non era cominciata bene per Giulia Mei. Achille Lauro l’aveva eliminata ai Bootcamp dell’ultima edizione di “X Factor”. Un grave errore di valutazione che avrebbe fatto da trampolino di lancio per la ragazza siciliana, tant’è che oggi pochi ricordano il vincitore dell’edizione (Mimì Caruso), mentre molti conoscono la canzone Bandiera che ha portato Giulia Mei dappertutto: tv, social network, radio, classifiche. Molto probabilmente, sulla scia di un ritornello-mantra diventato uno slogan da urlare, da stampare su borse e magliette, ma soprattutto da vivere: «Della mia fica farò una bandiera che brillerà nella notte nera».
Su Bandiera, GiuliaMei, classe 1993, siciliana di Palermo, ha costruito un album, intitolato Io della musica non ci ho capito niente, che sta presentando in giro per l’Italia e giovedì 17 aprile lo farà sul palco de I Candelai di Palermo (h. 22:00), mentre l’indomani, venerdì 18, sarà al BAM di Ragusa (h. 21:30), per poi far ritorno il 4 maggio al BaRock Festival di Piazza Armerina. «La Sicilia fa parte di me e influisce su tutto quello che faccio, tanto che certe emozioni le riesco a esprimere solo in quella lingua», dice. «Sono grata a Milano che mi ha accolto con affetto e generosità, ma appena posso scappo a Palermo. Mi sono accorta che, appena esco dall’aeroporto, cammino già più lentamente».
E che Giulia Mei non si “scurda” della Sicilia lo s’intuisce dalla ninna nanna in palermitano Ȃ picciridda mia e in Un tu scuiddari, brano che vede la presenza di Anna Castiglia, un’altra delle cantautrici italiane più talentuose della nuova “ondata”, che ha vissuto a “X Factor” una esperienza simile a quella della cantautrice palermitana.
«A volte spendiamo più energie a dividerci che a unirci, ad allontanarci che a stringerci in un abbraccio. Ringrazio di cuore Anna Castiglia per aver partecipato al video e tutte le altre persone fantastiche che hanno lavorato alla sua realizzazione», dice Giulia. «Io, Anna Castiglia e tanti altri talenti in Italia non siamo arrivati alla fase finale di un talent show. Non ho rammarichi. Mi chiedo a volte come sarebbe potuta andare se le cose fossero state diverse, ma sono felice di come è andata».
Oltre alla cantautrice catanese, nell’album appaiono come ospiti anche Rodrigo D’Erasmo e Mille, altra emergente nella scena musicale nazionale. La musica passa dall’acustico all’elettronica, dallo strumentale A casa mi veniva suonata al piano all’house music, dal pop-rock alla classica, dal folk all’avanguardia. Si parla di genitori, di mancanze (struggente la canzone dedicata al padre), di amori («Riesco a scrivere soltanto di rapporti tormentati»), di tristezza e allegria, di se stessa come di una piccola creatura di cui prendersi cura. E poi tante citazioni, da Giorgio Gaber a Exupery. «Sono realtà parallele che raccogli, elabori e fai tue. Oggi so quello che non voglio nella mia vita e anche quello che non voglio essere. Ci sono autori per me fondamentali e penso a George Sand, per la sua forza di donna e per l’ironia. In Umberto Saba mi ci ritrovo, mi piacciono le sue metafore tra città e amore e penso a Palermo e al mio amore impossibile».
- Perché il titolo Io della musica non ci ho capito niente?
«Volevo solo fare un disco pieno di vita ordinaria, il diario di una bambina che parla di tutto senza preoccuparsi della forma, senza sovrastrutture, volevo colorare fuori dai bordi, giocare. Non capirci niente della musica mi ha permesso di rimescolare le carte e trovare una strada mia, alternativa. Ho studiato vent’anni al Conservatorio e posso concedermi di recuperare un po’ la curiosità che avevo perso. Questo disco per me è una dichiarazione d’amore al disordine che non mi sono mai concessa per paura, a quella curiosità infantile che non mi ha mai abbandonata, a quel divergere che mi ha fatto sbagliare strada tutte le volte che ho avuto bisogno di liberarmi dalle pressioni esterne della “musica che funziona”. Ma questo disco è dedicato a chi non sa funzionare, se non coi propri unici ingranaggi, e a chi ascolta tutto come se non avesse mai ascoltato niente. Mi sono resa conto che decostruire, liberarsi da sovrastrutture e condizionamenti sia l’unico modo per creare qualcosa di vero, di autentico».
Non le interessa assecondare il mercato e rifiuta espressioni come «funziona, non funziona» considerandoli «meccanismi che tendono a ingabbiarti, a omologarti, impedendoti di scrivere canzoni che ti rappresentino fino in fondo. Sono fiera di seguire la mia strada, ma non vorrei, dicendo questo, apparire spocchiosa o eroica. Il fatto è che io devo essere la prima a emozionarmi, perché solo così posso arrivare agli altri».