Storia

GHEMON fra jazz, rap e stand-up comedy

– La svolta dopo la delusione di Sanremo 2021 porta il cantautore  avellinese sulla strada tracciata da Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci, maestri indiscussi di questo format ibrido. Lo spettacolo teatrale “Una cosetta così” diventa così un disco in uscita venerdì 10 gennaio
– Sul palco come nelle tracce dell’album l’approccio comico si intreccia con racconti profondi e brani che spaziano tra hip hop, jazz, nu soul. «Il mio gusto e la mia sensibilità rimangono, questa è solo un’arma in più. La “trasversalità” e l’assenza di etichette sono un valore»

C’è un territorio musicale che sta all’esatto centro tra rap e cantautorato. In quel punto, prima di tanti altri, c’era Ghemon. «All’inizio, quando facevo rap in strada, è stato faticoso far capire che si poteva cantare e rappare senza bisogno di mettere in piedi un duetto», dice. «Poi, dopo tanti anni, hanno capito che la “trasversalità” e l’assenza di etichette sono un valore».

La “trasversalità” di Giovanni Luca Picariello, quarantenne avellinese, si è allargata, uscendo fuori dai confini dei territori musicali. In un video pubblicato sui social, si vede Ghemon entrare in enoteca e chiedere un vino. L’oste gli propone alcune etichette: un Ghemon metodo classico del 2010 che respinge come «datato». Un Rosé viola sanremese del 2019 (quando partecipò con Rose viola, classificandosi dodicesimo), che neanche considera. E infine un Gianluca Picariello naturale fatto da un viticultore che dopo una delusione decide di mollare la carriera di cantante per scrivere battute e fare stand-up comedy. “Ecco, questo va bene”, e Ghemon lo prende.

Musica e stand-up comedy caratterizzano Una cosetta così, il nuovo album di Ghemon in uscita venerdì 10 gennaio. Il disco prende il nome dallo show che il cantautore rap avellinese ha portato lo scorso anno nei teatri italiani. Una commedia di successo, sarcastica e piena di autoironia, che ha visto oltre settanta repliche e scritta dallo stesso Ghemon insieme a Carmine Del Grosso. 

La delusione che ha spinto Gianluca Picariello aka Ghemon a rimettersi in gioco è stato il Festival di Sanremo del 2021, come confessa lui stesso. «Ero convinto di certe cose e invece è andato tutto al contrario: dal posizionamento (si piazzò ventunesimo con Momento perfetto, ndr) a ciò che ne è seguito: tanti attestati di stima fioriti in niente. Quindi, più che una delusione, è stata la presa di coscienza di aver fatto valutazioni sbagliate. O ancora peggio, di non potermi più fidare delle mie sensazioni. E così è morta la mia illusione: riuscire a tenere insieme i numeri e il percorso qualitativo».

Il nuovo percorso è cominciato nei teatrini di quartiere, in incognito, durante serate open. «Il teatro mi ha sempre affascinato anche quando ci sono stato per qualche concerto. La comicità, poi, è una cosa che mi porto dietro fin da bambino», racconta. «Mi presentavo sotto falso nome: Salvatore Grottaminarda o Andrea Mercogliano, che poi sono paesi della provincia di Avellino. In quei momenti la gente ti giudica per quel che fai nei sei minuti di esibizione. Ho dovuto farlo. Per non essere il figlio d’arte di me stesso». 

Nello spettacolo racconta le sfighe e le cose ridicole «che mi mette davanti la vita, come quando vado a correre al parco e la gente mi confonde con un altro artista urlandomi: “Vai Ernia, sei un grande!”. Ecco il segreto della stand-up comedy: non c’è alcun punto di vista superiore. Io rido di me, tu ridi di me, e quindi alla fine di te stesso. Si poteva fare anche scrivendo canzoni demenziali». Una cosetta così è anche un viaggio personale attraverso le tante storie portate in scena da Ghemon durante il tour teatrale, conclusosi con il gran finale dell’8 novembre 2024 al Teatro Arcimboldi di Milano. Un caleidoscopio di umori che va dalle dinamiche del lavoro ai piccoli imprevisti della vita, le sfide quotidiane e infine le passioni dell’artista irpino, come quella per le maratone.

Gianluca Picariello aka Ghemon

Il nuovo disco unisce la tradizione dei “comedy album” americani alla canzone italiana, richiamando l’eredità di artisti come Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci, maestri indiscussi di questo format ibrido. Al netto dei paralleli con i giganti del passato, Ghemon porta in scena una versione tutta sua, nella quale l’approccio comico si intreccia con racconti profondi e brani che spaziano tra hip hop, jazz, nu soul, dunque in piena sintonia con il suo stile musicale. 

Anche per questo motivo Ghemon non teme che il pubblico sia spiazzato dal suo trasformismo: «Almeno non si annoiano. E poi sono abbastanza sicuro che il fil rouge in quel che faccio si possa trovare. Muoversi su più territori è la cosa che mi fa sentire più realizzato. Il mio gusto e la mia sensibilità rimangono, questa è solo un’arma in più e poi chi mi segue decide se è interessato o no». Lui ammira proprio gli artisti in grado di muoversi fra più mondi: «Massimo Ranieri ha sempre avuto una versatilità gigantesca e continua ad averla, così come Virginia Raffaele o Paola Cortellesi, persone che si esprimono con forme diverse in maniera spontanea».

Come canta nella Sindrome di Stoccolma, “questo lato di me / Che si nutre di dubbi e si ciba di oscurità / Oh, però mi appartiene / È la cosa di me che mi spinge in avanti / Ma poi mi trattiene”.  Il lato oscuro e dubitativo della propria personalità che, nonostante tutto, spinge il protagonista a crescere e a confrontarsi con sé stesso.

Tra i brani inediti, scritti da Ghemon, e composti insieme a un team creativo formato da Macro Marco, gheesa, Fabio De Angelis, Claudio La Rocca, Filippo Cattaneo Ponzoni, Giuseppe Seccia, Fabio Brignone e Andrea Moro, troviamo i singoli che hanno anticipato l’album: PovSindrome di StoccolmaPatto con il diavoloLungo il tunnel e La fine.

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