Il 25 marzo del 2021 un articolo sull’influenza del Sommo Poeta sulla musica pop divenne spunto per una ricerca più approfondita che ha portato alla pubblicazione di un libro entrato nella Top Ten di Amazon
Galeotto fu il Dantedì del 2021. Quell’anno il 25 marzo, data alla quale gli studiosi fanno risalire l’inizio del viaggio nell’Aldilà della Divina Commedia, coincideva con il settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta, e seguendo le tracce della sua poesia trovai impronte di quei versi nei generi musicali più disparati, dal folk al grunge, dal progressive al metal, dalla canzone d’autore al rock. Ne uscì fuori un articolo guida a una playlist di brani direttamente o no ispirati dalla trilogia dantesca. Il gradimento fu tale che l’editore Contamina mi chiese di ampliare la ricerca per scrivere un libro. Nacque così Dante rockstar. L’influenza del Sommo Poeta nella storia della musica pop ( https://www.amazon.it/Dante-Rockstar-Linfluenza-storia-musica/dp/8868630184/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr= ), libro che per alcuni giorni entrò nella Top ten di Amazon. Poco meno di 180 pagine nelle quali dimostro che nel Novecento l’autore della Divina Commedia è stato il “Top of the Pop”, il più citato dai parolieri fra i classici della letteratura italiana, perché in realtà è l’autore che ha codificato la struttura stessa della poesia-canzone d’amore, che nasce dalla sofferenza e dalle lacrime e si nutre di malinconia e nostalgia.
La mia grande sorpresa nel condurre questo studio è stata quella di rintracciare l’impronta di Dante oltre i confini nazionali. Prove e indizi mi condussero a brani di artisti come Bob Dylan, Leonard Cohen, David Bowie, Kurt Cobain, Thom Yorke, Tangerine Dream, Coldplay. L’album Blood on the Tracks di Bob Dylan è stato proprio il punto di partenza dell’indagine. Il “sangue sulle tracce” sembra affiorare da eterne lacerazioni, dall’ombra in cui si trovano anime dannate, luoghi desolati, avarizia, gola, invidia, lussuria. In un verso della quinta strofa del brano d’apertura, Tangled up in Blue, si parla di due personaggi che leggono un libro di poesie di un poeta italiano del XIII secolo. “Ogni singola parola letta ha il sapore della verità” per lui e risplende “come carbone ardente / riversandosi da ciascuna delle pagine / come fosse scritta nella mia anima”, canta Dylan. Per quanto nessuno sia mai riuscito a svelare in maniera incontrovertibile l’identità del misterioso poeta, la maggior parte degli studiosi tende a scommettere sul nome di Dante e sui versi dedicati a Beatrice. Tesi confermata da Bono, frontman degli U2, ammiratore del bardo di Duluth: «Ogni parola scritta da Dante era indirizzata alla sua musa, a Beatrice, e c’è una Beatrice nella maggior parte delle canzoni di Dylan».
L’immaginario dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso è stato declinato in tutte le lingue e in tutti i generi musicali: pop, rock, metal, progressive, jazz, elettronica, indie, rap. La Scuola Siciliana, lo Stil Novo, e soprattutto Dante dalla Vita Nova alla Commedia, sono “luoghi” metafisici nei quali cantautori come Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Franco Califano, Luigi Tenco, Lucio Battisti e Mogol hanno scavato in quell’onirico misterioso che è il linguaggio delle assonanze.
Molto diffusa l’influenza di Dante nel canzoniere patrio, spesso però conseguenza di reminiscenze scolastiche. “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”, uno dei versi che raccontano della passione di Paolo e Francesca nel V canto dell’Inferno della Divina Commedia, è piaciuto così tanto da essere stato saccheggiato da diversi cantautori nostrani: Jovanotti in Serenata rap lo conclude con un “porco cane”, mentre Antonello Venditti l’ha inserito in Ci vorrebbe un amico. Paolo e Francesca, i due amanti romagnoli vengono ripresi da Venditti in Compagno di scuola, nella quale il cantautore romano si chiede se Dante fu un uomo libero, un fallito o un servo di partito. Venditti fa poi riferimento alla figura del poeta fiorentino anche in Notte prima degli esami: “Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto”.
Al citazionismo disinvolto e scanzonato risponde la serietà e l’originalità con cui i musicisti di un certo heavy metal hanno affrontato monograficamente Dante: uno dei migliori esempi è quello dei Sepultura, un gruppo che, ironia della sorte, viene dal Brasile (e con loro una pletora di gruppi metal, con gli Angra in testa), il Paese di bossa nova e samba, atmosfere musicali agli antipodi del metallo duro. Dante XXI è un album dei Sepultura che ha ottenuto grande successo, grazie al concept che porta l’ascoltatore a ripercorrere tutte le fasi dei tre viaggi del poeta fiorentino. Il disco, pubblicato nel 2006, è suddiviso proprio come la Divina Commedia: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Basti citare alcune tracce: Lost,City of Dis, Limbo, Eunoè… Accanto al metal, c’è un altro genere musicale che ha scelto il mondo poetico di Dante come scenario per sperimentazioni e contaminazioni, ed è il progressive degli anni Settanta.
Intenso il rapporto anche tra l’Inferno di Dante e Kurt Cobain, leader dei Nirvana e portavoce principale della cosiddetta “Generation X” all’inizio degli anni Novanta. Gli indizi che conducono alla prima Cantica di Dante potrebbero essere sorprendentemente trovati in tutti i dischi pubblicati dai Nirvana, come dimostro nel libro. E tra i numerosi fan del poeta fiorentino troviamo Thom Yorke dei Radiohead: dal quadro concettuale di OK Computer(1997) allo sperimentalismo di Amnesiac (2001), tenendo conto dei motivi del Dolce Stil Novo nell’album In Rainbows (2007). Nel progetto Hail to the Thief, i Radiohead hanno scelto di inserire sottotitoli o titoli alternativi per ogni traccia. Quello di 2 + 2 = 5 è The Lukewarm, riferito agli ignavi protagonisti del Canto III dell’Inferno. Proprio 2+2=5 e Pyramid Song rivelano la profondità di questa operazione culturale che spazia dall’impegno sociale del Sommo Poeta a un sovrumano viaggio verso il cielo “in una piccola barca a remi” attraverso una guida speciale che conduce all’amore in sé.
A conferma della sua attualità, l’influenza di Alighieri prosegue anche nel XXI secolo, facendo capolino nell’indie rock dei Throwing Muses con Purgatory/Paradise pubblicato nel 2013 come nell’hip hop: in The Rap Translation (2013), ad esempio, il rapper australiano Hugo tritura le prime sei cantiche dell’Inferno. L’album fa il paio con The Inferno Rap (2005), firmato da Eternal Kool Project, approccio unico, mai fatto prima, all’Inferno di Dante Alighieri. I testi scritti nel XIV secolo, tradotti a metà del 1800 da H Cary, sono rappati da MicPwr, su un brano musicale composto da Mr Moe. È una potente rappresentazione di un inferno medievale, eseguita da artisti uban. C’è anche il rapper italiano Caparezza che in Argenti vive, nell’album Museica (2014), offre a Filippo Argenti, che Dante collocò tra gli iracondi del V cerchio dell’Inferno (Canto VIII), la possibilità di dire la sua, di rivalersi senza peli sulla lingua.
Dante continua a essere una costante nel pop nazionale. Basta pensare a Tra le granite e le granate (2017), tormentone estivo di Francesco Gabbani che ha per ritornello “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, oppure Ragazza Paradiso in cui Ermal Meta fa sfoggio di stilnovismo moderno: “Nel tuo sorriso / Beatrice non avrebbe niente da insegnarti / Ragazza paradiso”. Senza dimenticare il rap, perché come dice Clementino: «Dante già era un rapper… Perseguitato politico, scriveva in rime, quindi rapper a tutti gli effetti».
Ringrazio il sito rockol.it per aver ricordato la pubblicazione in occasione del Dantedì:
https://www.rockol.it/news-727898/dante-e-il-rock-infernale-raccontato-da-giuseppe-attardi