– Magico concerto dell’australiano al Forum di Assago con i Bad Seeds che tornano a suonare a briglia più sciolta, respingendo i fantasmi del passato
– L’autore di “Wild God” appare come un incrocio tra predicatore demoniaco e un fragile supplicante, in un rapporto quasi “carnale” con il pubblico
– Il 2, 3 e 4 dicembre arriva nelle sale “Mutiny in Heaven | The Birthday Party. Nick Cave – La prima fila non è per i fragili”, docu-film sugli inizi di uno dei viaggi più strani della musica moderna
Nick Cave si presenta sul palco del Mediolanum Forum di Assago come un incrocio tra predicatore demoniaco e un fragile supplicante. Irrequieto, percorre in lungo e largo il palco, sembra alzarsi da un mare di braccia tese, mentre tocca e stringe mani. L’effetto è una sorta di danza moderna spontanea di braccia e mani, un balletto di fiducia reciproca, in cui il ballerino principale usa giocosamente una mano tesa come supporto per microfono, o ne afferra un’altra per sporgersi così pericolosamente in avanti che sembra che la folla stessa lo stia tenendo in alto.
E per certi, è stato davvero così. Il viaggio di Nick Cave da artista di culto stravagante a celebrità da palasport è stato tra i più strani della musica moderna. Leader maledetto e autolesionista dei selvaggi Birthday Party prima, e dei Bad Seeds poi, per imporsi come qualcosa di diverso: un narratore per il nuovo millennio, capace di tenere insieme la mitologia del rock’n’roll riletta attraverso le lenti del post-punk con la grande letteratura inglese e americana, un simbolismo intriso di suggestioni gotiche con un sarcasmo beffardo formato sulla cultura pop.

Ormai disintossicatosi dagli eccessi che lo avevano accompagnato per buona parte degli anni Ottanta, dall’Australia a Londra fino agli squat di Berlino Ovest, Cave ha anche ammorbidito lo stile dei suoi dischi, indulgendo in struggenti piano ballads. Le tragedie della sua vita personale (la morte di due figli, nel 2015 e nel 2022) hanno cambiato sia il suo approccio alla sua arte che la risposta del pubblico ad essa. La sua saggezza stoica di fronte al dolore gli ha dato un profondo status filosofico e quasi spirituale, ma i suoi fan sembrano anche identificare una nuova fragilità nell’ex incendiario, rendendoli protettivi nel loro sostegno. Tutto ciò si è svolto tangibilmente nel dare e prendere tra cantante e pubblico in una notte di spirito rock fragoroso e furioso e ballate intime scolpite dal dolore.
Nick Cave e la sua band costantemente ricostituita The Bad Seeds stanno girando il loro ultimo album, Wild God. Dopo diversi album belli ma segnati dalla sofferenza, questo lavoro ha rappresentato un ritorno a qualcosa di più purosangue per i Bad Seeds ed è diventato ancora più tale nella performance dal vivo. Wild God, uscito a fine agosto, restituisce l’impressione di un Cave più maturo che cerca di tirare le somme di qualcosa. I Bad Seeds suonano a briglia più sciolta e, addirittura, si permettono alcune cavalcate epiche come non succedeva da tempo. C’è il blues e il rock’n’roll, c’è la religione nei suoi aspetti più pagani (Wild God) e una certa ironia, che mescola riferimenti alti e bassi con la consueta disinvoltura.
Quando la title track è iniziata nel suo “Bring your spirit down!” con una coda che occupa dieci minuti del set, sembrava che il gruppo fosse pronto a sollevare il palasport in una tempesta di rock gospel. Quattro cori hanno aggiunto una dimensione sacra per addensare il muro di suono furioso dei Bad Seeds, con il braccio destro Warren Ellis che danza come un folle vagabondo, disegnando forme contorte con il corpo ed evocando fiamme infernali con il rumore di violini, chitarre elettriche e tastiere.

Con il batterista Thomas Wydler e il bassista Marty P. Casey assenti per gravi problemi di salute, della formazione originale dei Seeds del 1985 è rimasto solo Cave, ma c’è un vero senso di coesione nell’ensemble, qualunque sia il membro coinvolto. Il batterista Larry Mullins ha tenuto il centro magnificamente, passando dalla delicatezza all’attacco potente, mentre la nuova recluta del tour Colin Greenwood dei Radiohead ha diligentemente suonato il basso. George Vjestica alla chitarra ritmica, Jim Sclavunos alle percussioni, Carly Paradis alle tastiere e Nick Cave che entra ed esce al pianoforte a coda creano un impasto sonoro assolutamente immenso.
Certo, ci sono i fantasmi degli anni recenti: O Children viene introdotta in modo commovente da Cave come «un brano molto spietato sull’impossibilità di proteggere i nostri figli», notando che «purtroppo questo tema continua a inseguirmi». Le perdite di Cave rimangono presenti nelle profondità e nella pienezza della sua performance, ma l’australiano sembra determinato a creare connessioni con lo spirito ardente degli anni precedenti, guidando attraverso selvaggi anti-sermoni dei primi album dei Seeds (tra cui una fiammeggiante Papa Won’t Leave You Henry e una frenetica From Her to Eternity) e persino un’esplosione dei vecchi Grinderman.
Il set di due ore e mezza è comunque fortemente strutturato attorno alle canzoni del nuovo album. «Questo potrebbe essere un disastro o una cosa molto bella» ha detto Cave, commentando la sfida di suonare nuove canzoni. Ma quando il potere incandescente dei Bad Seeds attraversa le ballate tormentate di Cave, l’atmosfera diventa di una intensità magica.
Apprezzando i cori del pubblico che canta come canzoni-inno Into My Arms, Cave commenta: «Non dirò che mi rende felice … ma qualcosa di vicino a felice». Dal ruggito alla fine di due gloriosi bis, si può dire senza ombra di smentita che invece le 11.000 persone del Forum sono rimaste davvero molto felici.
Un film sulla storia dei Birthday Party

Un’altra occasione per entrare nel mondo di Nick Cave capiterà il 2, 3 e 4 dicembre, quando arriverà nelle sale italiane Mutiny in Heaven | The Birthday Party. Nick Cave – La prima fila non è per i fragili, il documentario che porta per la prima volta sullo schermo il racconto sincero e senza sconti dell’ascesa e dell’implosione dei Birthday Party, la band guidata da Cave nata nel 1977 a Melbourne, dalle cui ceneri sarebbero poi sorti i Bad Seeds. Diretto da Ian White e prodotto da Wim Wenders, il film è stato presentato in anteprima al Seeyousound International Music Film Festival di Torino. L’elenco delle sale che parteciperanno all’evento si può trovare su nexostudios.it e le prevendite apriranno il 6 novembre.
Mutiny in Heaven | The Birthday Party. Nick Cave – La prima fila non è per i fragiliracconta la storia di uno dei gruppi post-punk più selvaggi di sempre, risucchiato nel caos vorticoso dei locali fumosi di Londra e Berlino. La determinazione e la volontà di non cedere mai a compromessi sono la partenza per affrontare con uno sguardo crudo l’intreccio tra ispirazione artistica e dipendenze, tra fama e conflitti interpersonali, il tutto sostenuto dall’umorismo cupo e ironico dei singoli membri della band.

Utilizzando interviste esclusive e incredibilmente schiette a Nick Cave e compagni, un ricco repertorio di immagini d’archivio rare e inedite, opere d’arte, brani musicali, filmati in studio, animazioni e contenuti multimediali, Ian White realizza un film visivamente ricco e narrativamente avvincente, attingendo anche a un’enorme collezione di oltre mille pezzi d’archivio recentemente ritrovati, tra lettere, diari, cartoline, fotografie, ritagli di giornale, manifesti, volantini, corrispondenza personale e scalette, che offrono al pubblico uno sguardo inedito sulla band, sulle sue incredibili performance e sulla sua spettacolare e caotica carriera.
Quella dei Birthday Party è la storia di un gruppo che si forma a Melbourne alla fine degli anni Settanta e diventa rapidamente una delle band post-punk più apprezzate del Paese. Motivati, ambiziosi e forti del loro successo, decidono di trasferirsi a Londra, dove li attende una realtà totalmente diversa. Non apprezzati dalla stampa musicale britannica e senza riuscire a ottenere più di una manciata di concerti, i componenti della band arrancano e faticano a trovare il loro spazio. Incanalano così il loro odio verso Londra in un nuovo lavoro che demolisce tutto ciò che li aveva preceduti e i loro spettacoli sul palco diventano più simili a performance artistiche autodistruttive che a concerti. Durante questi show, la band provoca deliberatamente il pubblico, assalendolo con un vortice sonoro apocalittico. Fuori dal palco le loro vite sono poco diverse. Un romanzo demenziale e assurdo, un racconto assolutamente avvincente e spesso esilarante che abbraccia tre continenti e cinque anni di carriera musicale.